Arnaldo Greco e la sua guida alle cose sopravvalutate
Il giornalista e autore tv ha chiesto a 16 scrittori cosa considerano sopravvalutato e ha raccolto tutto nel libro “Aragoste, champagne, picnic e altre cose sopravvalutate”.
L’autore televisivo Arnaldo Greco ha chiesto a 16 scrittori cosa considerano sopravvalutato. E noi l’abbiamo chiesto a lui... «La cosa che mi ha colpito di più? L’entusiasmo di quasi tutti gli scrittori che ho interpellato. Era come se dicessero: “Oh, adesso mi sfogo. Finalmente lo posso dire!”». Il giornalista e autore tv ha avuto un’idea geniale: chiedere a 16 scrittori italiani di indicare quale cosa, secondo loro, è la più sopravvalutata. E ha raccolto tutto nel libro “Aragoste, champagne, picnic e altre cose sopravvalutate”.
Come è nato questo “gioco”? «Da una frase di Christopher Hitchens (scrittore americano, ndr), che ha ispirato il titolo. Mi sono chiesto: perché non chiedere anche l’opinione di altri?».
E se poi qualcuno si offende? «Ricordiamolo: è un gioco! Cercavo autori che offrissero risvolti divertenti e insoliti. E li ho trovati».
Lei ha indicato il meteo. Altre cose che considera sopravvalutate? «Mi sono riconosciuto molto nel contributo di Francesco Piccolo, che ha risposto “il viaggio”. Viaggiare è diventato un dovere. Chi paga il prezzo più alto sono i bambini, che di solito odiano farlo. Io stesso sono andato in Giappone con i miei tre figli e ho passato il tempo a cercare qualcosa che ricordasse loro l’Italia. Un altro fatto che non sopporto è dover usare le bacchette al ristorante. Perché devo usarle se siamo in Italia? Ma ho imparato a maneggiarle, perché non ho mai avuto il coraggio di lamentarmi col cameriere. Così adesso mi sfogo anch’io!».
Lei è un autore televisivo. Cosa sopravvaluta la tv? «Secondo me, la cronaca nera. Ce n’è troppa. Sono convinti che alle persone piaccia e anche che faccia bene, perché “sensibilizza al dolore umano”. Mah...».
E la tv stessa è sopravvalutata? «Al contrario, direi che è sottovalutata. Si tende a criticarla troppo e pure a minimizzare la sua efficacia (“È solo un passatempo” dicono). Invece costruisce il nostro immaginario. A “Che tempo che fa” me ne sono reso conto. Oppure pensate all’impatto che ha avuto “Mare fuori”».
Cosa viene sottovalutato, invece? «Il tempo vuoto. Cioè libero. Abbiamo l’ossessione di riempirlo. Io penso alle mie estati da bambino, a quei giorni vuoti in cui la fantasia volava perché non c’era nulla da fare... Ne parla anche Francesco Pacifico nel libro».
A proposito, ci sarà un secondo volume con le cose sottovalutate? «Potrebbe essere divertente. Soprattutto perché ho il sospetto che le stesse cose che alcuni considerano sopravvalutate, per altri siano decisamente sottovalutate!».
5 esempi di passioni “esagerate”, dai ricordi alla cucina
Le app del meteo - di Arnaldo Greco
Per fare il più semplice e immediato degli esempi, sono molto sopravvalutate le previsioni meteorologiche. Non tanto per il solito discorso sulla loro accuratezza, non tanto perché sono sempre più spettacolarizzate tra anticicloni con nomi di divinità dell’Olimpo e diffusione di termini di cui non sentivamo il bisogno fino all’altro ieri (racconta la leggenda che gli eschimesi abbiano decine di nomi per dire “neve”, noi stiamo imparando a differenziare “bomba d’acqua”, “temporale autorigenerante” e “supercella”), quanto piuttosto per il fatto che l’investimento emotivo che viene speso nell’ossessivo controllo delle app del meteo ha un’influenza sull’umore ormai più importante del meteo stesso. Si è sempre detto, pur con qualche dubbio, che esistessero i meteoropatici, ma le app del meteo hanno trasformato in meteoropatico persino chi non lo era. Perché hanno reso le previsioni più importanti delle sensazioni. Al punto che, ormai, non solo ci sono le temperature reali e quelle percepite, ma esistono pure le temperature percepite in base a quanto previsto. Senza che mai qualcuno si prenda la briga di controllare che corrispondano realmente.
Le cose perdute - di Alessandro Baricco
E invece gli umani tendono ad aggrapparsi a ciò che se ne sta andando, nella folle convinzione che quanto stanno perdendo sia indispensabile alla loro sopravvivenza. Alle volte, seppur per un lasso di tempo misurato, perfino una borsetta, rubata, o un quarto d’ora, perso ad aspettare in coda, possono assumere mitologicamente la statura di una perdita mortale. Tanto è istintivo il terrore di vederci sottratto qualcosa. Lo complica, e lo estremizza, un culto della proprietà che è fenomeno storico, portato culturale, tara ideologica, ma non per questo meno ostico da fronteggiare. L’idea, di per sé folle, di possedere qualcosa o addirittura qualcuno ci accompagna, condannandoci a un lavoro di polizia costante e di sorveglianza maniacale. Viviamo esistenze fatte di casseforti, contraeree, allarmi e ponti levatoi. Giacché, invece di abitare accanto alle cose e alle persone, ne facciamo nostre proprietà, quindi punto di non ritorno, status acquisito: capite che esistenza piena di ansie siamo destinati a colmare coi nostri giorni. Chi possiede, sarà derubato.
I regali - di Arianna Giorgia Bonazzi
In seguito, tutti i regali dei miei fidanzatini (bruciaincensi, mezzi cuori, mug, pupazzi di Mordillo) avrebbero causato nel mio cuore lo stesso mortificato scricchiolio. Ho amato più di tutti i pudichi che dicevano: “Dai, aprilo dopo. A mezzanotte. Aprilo sotto l’albero!” Dio, sì! Lo aprirò nel segreto delle coltri, dove potrò fare una smorfia disgustata. Anni dopo, una scena di “Parenti serpenti” ha finalmente trasformato in risata beffarda il rosario di vergognosi momenti che la mia condizione di essere sociale mi aveva condannata a ripetere, da mandante o da vittima. La sera di Natale, il personaggio interpretato da Marina Confalone estrae da un pacchetto un cavatappi a forma di delfino e commenta con il caustico: “Hai esaudito un sogno!”. Hai esaudito un sogno è diventata la frase mantra per affrontare la lenta discesa nell’inferno della riffa natalizia.
La montagna - di Cristiano de Majo
Il punto qui è una forma di arroganza che riscontro in chi ama la montagna. Un’arroganza che agisce su due livelli. In chi pratica lo sci nei confronti di chi non lo pratica (o di chi tenta di praticarlo con risultati fallimentari; le risate che si sarà fatto dentro di lui il tizio che mi vedeva sullo slittino al contrario) e in un secondo gruppo sociale ancora più alpha: i Veri Amanti della Montagna, per cui lo sfruttamento di questa entità sacra ai soli fini dell’intrattenimento (leggi: sci, impianti di risalita, etc), con tutto quello che ne consegue in termini di azione della macchina capitalistica, è un’offesa irreparabile all’entità sacra stessa, che va invece considerata come una maestra da cui ricevere fondamentali insegnamenti di vita, nonché unico luogo del creato dove instaurare legami indissolubili tra esseri umani (...). Probabilmente sono di parte, ma non mi pare esista un atteggiamento simile da parte di chi ama il mare e nemmeno una forma di disprezzo da parte, che ne so, dei nuotatori nei confronti di chi prende il sole.
Gli spaghetti cacio e pepe - di Guia Soncini
Adesso che i miei anni sono cento, ho capito qual è la cosa più sopravvalutata del mondo: la cucina italiana. La cucina italiana è come le rovine romane: sì, non c’è parcheggio, per una sentenza in tribunale aspetti 15 anni, per una Tac otto mesi, rischi la vita a ogni buca per strada e lasciare tuo figlio all’asilo ti costa uno stipendio e mezzo, ma abbiamo duemila anni di storia e in qualunque momento ti venga fame la trattoria all’angolo ti fa due spaghi perfettamente al dente. L’Italia è una repubblica fondata su “al dente”. Il mio amico, quello che non si sposta, vive a Roma. Capitale del come-si-mangia-qui-da-nessuna-parte percepito, e luogo reale di ristorazione media assai mediocre. Fino a una quindicina d’anni fa, a Roma praticamente non esisteva cucina d’altre nazioni. C’erano un paio di giapponesi, dei cinesi a basso costo (che erano anche gli unici che consegnassero a domicilio), e per il resto era tutto un “ma vuoi mettere la cacio e pepe”.
Un problema che si combatte anche con gesti semplici, e di cui parliamo con Filippo Solibello, conduttore su Rai Radio2 di “Caterpillar AM” e autore del volume “SPAM. Stop Plastica A Mare”