Brani e plagi: è uscito “Ladri di canzoni”, un libro sulle controversie tra musicisti sfociate in tribunale

Da Giacomo Puccini a Claudio Baglioni, da Domenico Modugno a Laura Pausini, da Biagio Antonacci a Eros Ramazzotti, da Jovanotti ai Modà: l’autore Michele Bovi ci racconta le più curiose

I Beatles nel 1965. Accusarono di plagio Antoine per la canzone “Votez pour moi”
10 Ottobre 2019 alle 16:27

Da Giacomo Puccini a Claudio Baglioni, da Domenico Modugno a Laura Pausini, da Biagio Antonacci a Eros Ramazzotti, da Jovanotti ai Modà: non c’è celebre artista nella storia della musica italiana che non abbia avuto noie con la giustizia a causa del proprio lavoro e di presunte somiglianze con registrazioni preesistenti. Il mio libro “Ladri di canzoni” racconta 200 anni di liti musical-giudiziarie. Ve ne racconto alcune clamorose.

Origini napoletane
Capostipite dei capolavori del repertorio partenopeo, “Santa Lucia” fu scritta esattamente 170 anni fa e detiene il primato delle violazioni subite in materia di diritto d’autore. Oggetto originariamente di due vertenze a causa del cambio del testo da napoletano a italiano, è stata ripetutamente manipolata dal mercato statunitense con numerose attribuzioni autoriali. Nel 1961 fu trasformata in “Little lonely one”, successo internazionale per diversi interpreti, diventato poi paradossalmente una cover italiana per Adriano Celentano dal titolo “Non essere timida”, senza il minimo riferimento ai due veri creatori Teodoro Cottrau ed Enrico Cossovich. Furono dimenticati da tutti, persino da Elvis Presley, Luciano Pavarotti e Andrea Bocelli.

Antoine e i Beatles
Nonostante i quattro di Liverpool siano stati dei capiscuola imitati da tanti, persino John Lennon e George Harrison subirono condanne per plagio. Ma soltanto una volta furono loro a trascinare un artista in tribunale. Accadde nel 1966, quando il loro editore parigino denunciò il cantautore Antoine per il brano “Votez pour moi”, simile a “Yellow Submarine”. Antoine si difese affermando che entrambe le canzoni erano identiche a una sonata di Franz Shubert del 1820. La sentenza arrivò nel 1970: il cantante francese fu condannato a pagare mille franchi più il risarcimento di quattro anni di spese legali e al ritiro dal mercato di “Votez pour moi”.

Vendetta britannica
Giacomo Puccini era scomparso da sei anni quando il Tribunale di Londra commise un vero oltraggio nei suoi confronti. Gli autori inglesi Jack Walker e Joseph Tunbridge misero in scena nel 1930 la commedia musicale “Ali d’argento” con una romanza che era il plagio palese di “Un bel dì vedremo”, l’aria più famosa di “Madama Butterfly”. Alla denuncia dell’editore Ricordi, il giudice britannico Sir Arthur Luxmoore rispose con una sentenza che adottando per la prima volta la formula di “plagio inconsapevole” mandò assolti gli imputati. Trent’anni dopo, quando il Beat elevò l’Inghilterra a polo mondiale della musica e alcuni editori, autori e artisti italiani abusarono nel catturare brani oltremanica senza le dovute ricompense, non ci furono eccessive proteste. Forse per merito (o per colpa) del peccato originale di Luxmoore.

Faccetta nera
Passata alla storia come una sorta di inno del Ventennio, “Faccetta nera” fu in realtà energicamente osteggiata dai caporioni fascisti perché esortava una contaminazione razziale antitetica alle ideologie fasciste. A subire le grane peggiori fu però l’autore della musica, il maestro Mario Ruccione, denunciato per plagio da Vincenzo Raimondi, musicista dilettante, e dall’attore Gustavo Cacini: i due esibirono al giudice una relazione in cui il motivo musicale sul testo “Faccetta nera, bella abissina, aspetta e spera che già l’ora s’avvicina” risultava identico a quello di un lavoro composto da loro in precedenza, “La vita è comica”. Il testo originale era “La vita è comica, presa sul serio, perciò prendiamola davver poco sul serio! La vita è comica, ognun lo sa, perciò prendiamola davver come ci va”. Ruccione fu condannato e nei crediti del brano il suo nome fu sostituito da quelli dei querelanti.

Poker per “Strangers”
La canzone che, a metà degli Anni 60, riverniciò la fama planetaria di Frank Sinatra è anche quella che, nella storia della musica, è stata più volte bersagliata da accuse di plagio: “Strangers in the night”, firmata dal grande direttore d’orchestra Bert Kaempfert, finì in tribunale quattro volte per altrettante cause. La prima volta a denunciarla fu il jazzista Avo Uvezian, la seconda il croato Ivo Robic, la terza il compositore Ralph Chicorel, la quarta il francese Philippe-Gérard. Quest’ultima fece più scalpore, perché il brano che sembrava saldamente imparentato, “The magic tango”, aveva conosciuto una diffusione e una popolarità importanti. L’esposto fu considerato attendibile, tanto da convincere i magistrati a congelare i profitti del disco di Sinatra in attesa della sentenza. Che arrivò nel 1971 con l’assoluzione di Kaempfert.

Settant’anni dopo...
Nei prossimi giorni Piero e Roberto Minelli, entrambi generali dell’Aeronautica, citeranno in giudizio gli eredi del principe Antonio De Curtis, in arte Totò, per il plagio di “Malafemmena”, la popolare canzone scritta nel 1951 dall’artista napoletano. I due alti ufficiali onoreranno così la volontà espressa dalla loro madre, Maria Pia Donati Minelli, scomparsa di recente. Secondo la compositrice, Totò copiò “Malafemmena” dalla sua “Autunno d’amore”, depositata nel 1949 e incisa da Claudio Villa con il titolo “Notturno”. La signora Maria Pia di plagi se ne intendeva: partì proprio da lei la vertenza giudiziaria che ha decretato l’unica condanna definitiva per plagio nella storia del Festival di Sanremo, quella di “Taxi”, interpretata nel 1970 da Antoine e Anna Identici.

Giovanni Paolo II
In un’udienza pubblica del 1996, papa Karol Wojtyla aveva modulato una frase con una soavità tale da farla somigliare a un motivo musicale. Così al dj Joe T Vannelli venne l’idea di creare un brano strumentale con la voce del pontefice in sottofondo. La proposta sembrò inizialmente piacere alla direzione di Radio Vaticana tanto da indurre Vannelli a stampare 500 cd della canzone intitolata “Forgive us” (“Perdonaci”). La trattativa però non andò a buon fine. Per errore, tuttavia, la canzone finì a fare da tappeto musicale per una sfilata di moda trasmessa da Canale 5. Il Vaticano reagì con la richiesta al giudice di un provvedimento d’urgenza che costò a Vannelli un risarcimento di 20 milioni di lire e il macero dei cd rimasti.

Ladri di canzoni

Michele Bovi e la copertina del libro "Ladri di canzoni"

“Ladri di canzoni” (Hoepli, 352 pagine, euro 24,90) è un bellissimo libro che racconta due secoli di controversie tra musicisti sfociate in tribunale. Le racconta Michele Bovi, giornalista con una lunga carriera in Rai sia come dirigente che come autore televisivo: negli anni ha creato programmi come “Dadada”, “I ‘60 a colori”, “Techetechete’”. Bovi ha firmato per Sorrisi questo articolo esclusivo.

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