Il 9 ottobre esce il primo romanzo del cantante dei Modà: «È una storia sull’amore e sulla famiglia. Con la scusa del pugilato»

Kekko, anche tu scrittore? «Sì, per caso e per fortuna. È stata una grande opportunità nata da una sorta di delusione». Siamo a casa di Francesco Silvestre, che tutti chiamano Kekko, leader della band dei Modà. Una villetta monofamiliare a due piani nella stretta via di un paese a nord-est di Milano. Kekko sta guardando in tv un documentario sugli squali, il pianoforte nero in un angolo, un grande tavolo di cristallo e i giochi della figlia sparsi in salotto. Ricapitolando per chi si è perso le puntate precedenti: qualche tempo fa Kekko, cantante da centinaia di date in tour e milioni di dischi venduti, si mette in testa di girare un film e scrive una sceneggiatura ispirandosi alla storia di un amico d’infanzia. Siccome è uno determinato e sa cosa vuole, in breve trova pure gli attori, nomi come Francesco Scianna e Luca Zingaretti, tanto per gradire, e un direttore della fotografia, Daniele Ciprì, che potrebbe coadiuvarlo come regista. Ovviamente scrive pure la colonna sonora e il tema portante del film. Le riprese devono partire a giugno 2018. Tutto pronto. Poi tutto si ferma.
Perché il progetto del film è tramontato?
«Come ho scritto sui miei social avevo trovato tutto, i soldi, i finanziatori, gli attori. Ma non la distribuzione, che è la cosa più importante».
C’è qualcuno che non vuole distribuire un film di Kekko dei Modà, uno che riempie gli stadi?
«Me lo sono domandato anch’io e l’unica risposta possibile è che il progetto faceva schifo o che magari in questo momento il cinema vive una fase difficile e distribuire progetti di artisti come me sarebbe rischioso».
Nel frattempo la sceneggiatura del film finisce nelle mani di Alberto Rollo, che si occupa dei libri Mondadori di narrativa.
«Mentre mi sto chiedendo: “Che faccio? Mi rimetto a suonare?”, Rollo mi telefona e mi propone di farne un romanzo. “Non sono capace!” gli dico. E lui: “Provaci, sforzati. Io ti darò una mano”. E così mi metto a scrivere e capisco che posso raccontare questa storia con molto più spazio e più dettagli: non era come una canzone da tre minuti e mezzo o un film dove in due ore tante cose non le puoi far vedere».
Quante canzoni hai scritto nella tua carriera?
«Tra quelle con i Modà, quelle mie e quelle che ho dato agli altri, circa 150. Io sono uno che non ha mai cantato canzoni di altri, dalla musica ai testi ho sempre scritto tutto io».
Che differenza c’è tra scrivere centinaia di canzoni e una storia di 228 pagine?
«Per certi versi “Cash” è semplicemente una canzone più lunga. Gli ingredienti sono il coraggio, i sogni, la famiglia, la fede, l’amore, lo sport. Le cose di cui parlo nelle mie canzoni. È una storia che appartiene a tutti, tutti abbiamo bisogno di essere spronati. Anch’io inizialmente ero un po’ impaurito dalla scrittura, non capivo se ero in grado, non sono uno che legge tanto».
Il tuo libro di riferimento?
«“Manuale del guerriero della luce” di Paulo Coelho è il libro della mia vita. Leggo soprattutto biografie di sportivi, cantanti e attori. Mi piace curiosare e spaziare».
In fondo anche questo romanzo è una sorta di biografia.
«Ho un amico da tantissimi anni, siamo cresciuti insieme, ho sempre fatto il tifo per lui e lui per me. Ha un cuore grande, è un buono, si prende sempre cura di tutti e a volte si mette nei guai, usando la rabbia e i pugni. Ma io lo conosco e l’ho sempre visto difendere le persone».
Il nome Cash come salta fuori?
«È il suo vero soprannome».
Avevi già tutta la storia in mente o è venuta fuori scrivendo?
«Quando ho finito di scrivere mi sono detto: “Se il vero Cash si fosse trovato in certe situazioni cosa sarebbe successo?”. E la risposta è stata: “Sarebbe successo tutto quello che ho scritto”. La genuina ignoranza, la timidezza, la forza di Cash nel libro sono frutto di episodi realmente accaduti che man mano mi tornavano in mente. Ma non c’è solo Cash, è la storia di quattro disgraziati, Cash, il vecchio, il muto e Carmen, che hanno bisogno l’uno dell’altro».
Il vero Cash ha letto il libro?
«Sì, e gli è piaciuto moltissimo. Lo leggeva mentre lo scrivevo e mi diceva: “Quella volta non è andata così…”».
Perché il protagonista è un pugile e non un cantante, come ci si poteva aspettare?
«Volevo raccontare la storia più vera possibile, qualcuno che da buono a nulla poteva diventare una leggenda».
Nelle descrizioni del pugilato sei molto preciso.
«Sono un grande appassionato, l’ho anche praticato a livello amatoriale. Se c’è uno che è veramente bravo sia nel pugilato sia nella musica è Federico Zampaglione dei Tiromancino. Comunque non è un libro sul pugilato: su 228 pagine, tecnicamente se ne parla in quattro o cinque. È una storia sulla famiglia, sull’amore, sui sogni. Il pugilato è una scusa».
Quanto hai impiegato a passare dalla sceneggiatura al romanzo?
«Un mese e mezzo circa».
La parte più sofferta?
«Il finale. Forse perché ho dovuto metterci dentro qualcosa che fa sempre male raccontare».
Quando trovi il tempo di scrivere?
«Lavoro di notte, quando metto a letto mia figlia. Ho scritto fogli su fogli. Quando una cosa mi appassiona divento... pericolosissimo».
Hai paura delle critiche e dei giudizi dei lettori?
«Io ho una scrittura molto diretta, come con le canzoni. Ma con le canzoni ho più paura dei giudizi, perché è il mio mestiere. Questo non è il mio mestiere. Ci ho provato, mi dico».
La scrittura che cosa rappresenta per te: un riscatto, uno sfogo?
«L’unica cosa che non cerco nella scrittura è il riscatto. Scrivo per raccontarmi, non per dimenticare dei momenti della mia vita. A volte rileggo i testi delle vecchie canzoni e mi torna in mente perché e quando le ho scritte».
Se domani dovesse ripartire il progetto del film richiameresti gli stessi attori?
«Francesco Scianna e Luca Zingaretti erano già d’accordo. Li ho sentiti piangere al telefono, mi chiamavano e dicevano che era il film che avrebbero voluto fare. Sarebbero stati perfetti. Non è detto che non si faccia. Io non perdo le speranze, ridimensiono i sogni. Anche se questo non è un sogno ridimensionato. È un altro sogno».
**Racconto di sogni e di rivincite**
Esce martedì 9 ottobre il primo romanzo scritto da Kekko Silvestre, «Cash. Storia di un campione» (Mondadori, 17 euro, pagine 228). Cash, il protagonista, è «uno spirito libero». Lo è sin da bambino, quando con la famiglia si trasferisce nel nord Italia da un paesino del Sud. Ben presto comincia a usare i pugni per difendere i suoi amici e la sua ragazza. Gigante buono con fama di picchiatore, si ritrova in America in cerca di lavoro e fortuna. Qui un reality sul pugilato gli dà la possibilità di riscattarsi e diventare, in caso di vittoria, una leggenda della boxe.