L’inviato del tg satirico di Antonio Ricci presenta a Sorrisi il suo nuovo, divertente libro: «Fin da piccolo sono sempre stato affascinato da striscioni, murales e cartelli. Dopo ogni puntata della mia rubrica ricevo centinaia di foto»
Cristiano Militello, popolare inviato di “Striscia la notizia”, i cartelli (e prima ancora gli striscioni) non si limita a leggerli. Lui li studia, li interpreta, li cataloga, li codifica. Se contengono una gaffe, una stranezza, un errore ortografico, finiranno inevitabilmente su “Striscia il cartellone”, rubrica di “Striscia la notizia” approdata anche in radio sulle frequenze di R101, dove tutte le mattine dalle 7 alle 9 Militello ne fa rivivere a voce l’effetto comico.
Il suo irresistibile catalogo di strafalcioni e stramberie è diventato un vero e proprio genere comico, fotografato (nel senso letterale del termine) nell’esilarante galleria di “Cartelli d’Italia 2”, prossimamente in libreria edito da Baldini+Castoldi. Mille folgoranti scritte sui muri, avvisi assurdi, cognomi strampalati, insegne “creative” e locandine bizzarre, che si aggiungono al precedente capitolo “Cartelli d’Italia”.
Ecco una selezione dei cartelli
Militello, non può proprio lamentarsi: ha un esercito di autori sconosciuti che lavorano per lei.
«In un certo senso sì. Un giorno allo stadio hanno messo addirittura lo striscione “Militello, noi si vole i diritti”. Ho devoluto i proventi del primo libro in beneficenza anche perché volevo restituire alla comunità quello che avevo ricevuto. Però dietro c’è un grande lavoro di catalogazione e di accostamenti che crea o rafforza l’effetto comico».
Quante segnalazioni riceve ogni giorno?
«Centinaia. Soprattutto l’indomani della messa in onda della rubrica di “Striscia”. Tutti, in qualche modo, vogliono farne parte».
Alcuni cartelli sono così pazzi che il dubbio viene: non è che hanno usato Photoshop?
«Dubbio lecito. Qualcuno ha provato a mandarci cose taroccate. Facciamo un controllo scrupoloso, ma qualche volta (poche) anche noi ci siamo cascati».
Da dove nasce questa passione?
«Non so, è una passione che ho fin da piccolissimo, è una cosa innata. È partito tutto dagli striscioni da stadio, oggi ne ho una collezione di svariate migliaia, poi man mano che le norme sull’esposizione degli striscioni diventavano sempre più severe, ho scoperto i cartelli, che in qualche modo sono i figlioli degli striscioni».
Chi sono i “cartellisti” più bravi?
«Difficile dirlo, ma se si tratta di calcio nessuno batte i romani che hanno nella rivalità calcistica cittadina una fonte inesauribile. Poi c’è l’ironia dei napoletani, ineguagliabile, ma anche noi toscani ci difendiamo bene».
Ha mai rubato da un cartello una battuta per un suo spettacolo?
«Faccio di più. Porto striscioni e cartelli in scena con me, fanno parte del mio spettacolo. La gente se li aspetta».
Qual è il suo cartello preferito di sempre?
«Il primo e il secondo sono irriferibili, la farei licenziare. Vado col terzo: “Sei così brutto che pure tu’ madre te chiama bello de’ zia”».
Che cartello esporrebbe in redazione a “Striscia”?
«Non so, ma ho trovato le “Onoranze funebri Antonio Ricci” e l’“Impresa funebre Greggio”. Le ho mandate in onda chiedendo: “È lui o non è lui?”».
Chiudo con un classico: ci saluta Greggio e Iacchetti?
«Eh no, io i nomi non li sbaglio! Dopo tutto questo tempo posso fare lo spelling e so pure scrivere Hunziker correttamente. Detto questo li saluto con grande piacere, anche per l’entusiasmo con cui annunciano la mia rubrica. E visto che ci sono, posso salutare anche Ficarra e Picone?».