La conduttrice di "Storie italiane" ha scritto un libro per raccontare il rapporto con Luigi, che soffriva di autismo

Eleonora Daniele ci fa compagnia in tv tutte le mattine con “Storie italiane”. E ora arriva in libreria con “Quando ti guardo negli occhi”, il libro in cui racconta la storia dell’autismo di suo fratello Luigi, morto nel 2015. In apparenza non c’è nessun collegamento tra le due cose: un lavoro sotto i riflettori da una parte, una vicenda privata dall’altra. In realtà, dice Eleonora, «il rapporto con Luigi ha inciso profondamente sul mio modo di condurre “Storie italiane”. Per me la tv è un riflettore da puntare dove ci sono problemi da risolvere e ingiustizie da denunciare. Nei giorni scorsi, per esempio, abbiamo seguito l’orribile storia dell’istituto di Palermo dove i disabili venivano torturati. Vi rendete conto? Torturati. Anche mio fratello era in un istituto, dove per fortuna ha trovato persone di valore. Non posso pensare a cosa hanno passato quelle famiglie di Palermo...». Ma andiamo con ordine.
Eleonora, Luigi è morto nel 2015. Come mai il libro esce adesso?
«Grazie a mia figlia Carlotta. Per anni mi ero rinchiusa nel dolore. La sua nascita mi ha aiutato a scrollarmelo di dosso. E poi volevo che sapesse chi era suo zio. E che cosa è l’autismo».
Perché?
«Troppe volte ho visto l’ignoranza negli occhi di chi guardava Luigi. Dell’autismo si sa poco, anche perché ogni autistico è diverso dagli altri. Ci sono i cosiddetti “autistici verbali” che riescono a parlare e comunicare. Luigi no. Luigi era un caso più grave. In questi casi l’ignoranza è il primo muro da scalare ma ce ne sono molti altri, come la burocrazia esasperante e la cronica mancanza di fondi per gli operatori».
E lei si è trovata a scalare questi muri insieme a Luigi.
«Da ragazzina mi chiedevo: “Perché lui e non io?”. Ma sono domande a cui non si può trovare risposta. Luigi era diverso da come ci aspettavamo. Come ho scritto nel libro, non riceveva come noi pensavamo i segnali che mandavamo. Poteva comprendere in maniera scoordinata e caotica messaggi e gesti. Era come una radiolina che non riesce a sintonizzarsi sulla frequenza degli altri. Ma chi si è sintonizzato sulla sua, ha trovato il modo di comunicare: con i soli occhi e pochi gesti, sapeva fare mille discorsi...».
I ricordi più belli che ha di lui?
«Siamo cresciuti nella campagna veneta. Ricordo quando passeggiavamo insieme da bambini e ci fermavamo sotto una grande quercia ad ascoltare la musica. La musica era un ottimo modo per comunicare con lui».
Allora pensava già che sarebbe diventata una giornalista? Voleva lavorare in tv?
«Ma figuriamoci. Ero troppo timida. Mi sentivo un brutto anatroccolo. Ho cominciato a sentirmi bella a 18 anni, ma prima no. Amavo il commercio: pensavo che sarei diventata un consulente finanziario. Però ho sempre avuto una passione per il comunicare. Ricordo ancora un giorno che dovevo leggere in chiesa: volevo assolutamente che il messaggio arrivasse a tutti. Gli altri bambini si arrangiavano, io ho studiato e ristudiato quel brano così tanto, che alla fine lo sapevo a memoria. Poi dopo il “Grande Fratello” mi sono iscritta a Scienze della comunicazione. Ma del resto anche adesso sono una “secchiona”... Per preparare “Storie italiane” non stacco mai: tutti i giorni dal lunedì al venerdì in onda, e poi magari facciamo le riunioni nel weekend».
Sempre a caccia di ingiustizie da stanare.
«Credo in quello che scriveva il sociologo Bauman sull’“effetto torcia”: di solito la tv scopre un fatto, lo illumina e poi se ne va. E magari, dopo un momento di clamore, resta tutto come prima. Ma se vogliamo fare davvero servizio pubblico, dobbiamo tenere la torcia accesa finché il problema non è risolto, o almeno si sono fatti progressi. In questi giorni abbiamo parlato spesso di una brutta storia di bullismo ad Ancona, dove ci sono ragazzi che hanno preso di mira un coetaneo per tre anni. Ho intervistato la madre. E continuerò a parlarne finché non si risolve la cosa».
Però ha fatto anche una tv più “leggera”. A parte il “GF”, la ricordiamo allo “Zecchino d’Oro”...
«È stato come realizzare un piccolo sogno. La cosa più emozionante? Incontrare Topo Gigio! Era un mio idolo da bambina. Avevo ritagliato una copertina di Sorrisi con Maria Giovanna Elmi e Topo Gigio e la tenevo appesa in camera mia...».
È stata anche a “Domenica in” e lì per l’unica volta in tv ha parlato a lungo di suo fratello Luigi con Mara Venier. Era evidente che c’è un rapporto speciale tra voi. Come mai?
«Intanto perché siamo entrambe venete, ma ovviamente è molto più di questo. Ho lavorato con Mara quando ero ancora molto giovane, facevo le telepromozioni, e lei mi ha preso sotto la sua ala protettiva. È una persona che sa amare veramente. È la madrina di mia figlia Carlotta. E mi ha incoraggiato a scrivere il libro quando temevo di non farcela. In realtà, ho scritto il libro anche perché trovavo troppo difficile parlare di Luigi davanti a una telecamera... ma per Mara ho fatto un’eccezione. Di lei ti puoi fidare».