Evviva le follie del calciomercato

Gianluca Di Marzio racconta in un libro i segreti dei colpi che fanno impazzire i tifosi. E intanto è tornato in onda dal 4 gennaio con “Calciomercato L’originale” assieme ad Alessandro Bonan

Gianluca Di Marzio
7 Gennaio 2021 alle 08:47

Calciomercato, ovvero la panacea di tutti i mali calcistici. A gennaio ci si trova a 20 punti dalla prima in classifica? La rimonta è possibile: se solo si riuscisse a mettere le mani su quel centravanti svedese che fa gol a grappoli... La squadra sembra condannata alla Serie B? Tranquilli, con quattro o cinque innesti di qualità la disastrosa compagine potrebbe cambiare volto. Ci sarebbe quel centrocampista che sta facendo faville nel campionato moldavo. Sogni, illusioni, bugie, inganni e pagamenti posticipati, di questo vive il calciomercato, la fiera milionaria del pallone.

Sky, grazie ai giornalisti Gianluca Di Marzio e Alessandro Bonan (tornati in onda dal 4 gennaio con “Calciomercato L’originale”), ne ha fatto un genere, perché alla fine immaginare di vincere in futuro è più piacevole che assistere alle sconfitte del presente. Di Marzio si è spinto ancora più in là trasformandolo in romanzo. Il suo libro “Grand Hotel Calciomercato” è alla quarta ristampa, sta per debuttare con un’edizione in giapponese e una casa di produzione internazionale ha acquistato un’opzione per farci una serie televisiva. E allora proviamo a raccontarlo, questo mercato, avvalendoci proprio dei gustosi aneddoti svelati da Di Marzio.

Ci metto la firma
Lo dice qualcuno, a garanzia delle proprie parole. C’è chi, però, di firme ne mette due, su due contratti e con due squadre diverse. Un caso famoso è quello del bosniaco Safet Sušic: nel 1982 firmò col Torino di Luciano Moggi, ma strinse la mano anche a Sandro Mazzola, dirigente dell’Inter. «È mio». «No, l’ho preso prima io». Poiché anche nel calciomercato tra i due litiganti il terzo gode, fu il Paris Saint-Germain che prese Sušic. E lui divenne il calciatore del secolo del club parigino. C’est la vie.

Scomparso!
Addirittura in volo, come accadde al bulgaro Dimitar Berbatov nell’estate del 2012: era diretto a Firenze, dove doveva fare le visite mediche con la Fiorentina, ma allo scalo di Monaco di Baviera, sembrava avesse cambiato idea e dovesse finire alla Juventus. Alla fine ebbe un nuovo ripensamento e scelse di tornare in Inghilterra per giocare al Fulham.

Un rifiuto sbagliato
Prendete il caso del fortissimo attaccante polacco Robert Lewandowski. Nel 2010 stava per passare al Genoa. Venne in città per assistere al derby, alloggiò nello stesso albergo della squadra e fece il ritiro prepartita con i futuri compagni. Mancava solo l’ok del presidente Enrico Preziosi, ma questi, dopo aver guardato con sufficienza il giocatore, disse: «Mi pareva più alto. Lasciamo stare». E così fu. Dopodiché Robert andò in Germania dove divenne il calciatore straniero più prolifico nella storia della Bundesliga (e, per ora, terzo di sempre nella classifica dei marcatori del campionato tedesco).

Quando è Dio a dire di no, c’è poco da fare
Il sudcoreano del Tottenham Lee Young-pyo nel 2006 stava per trasferirsi alla Roma. Mancava solo la firma, ma nella mattina concordata il giocatore non si presentò. Il procuratore Chin Sun Won, disperato, spiegò: «Il ragazzo ha fatto un sogno in cui Dio gli ha consigliato di non venire a Roma».

Anche la grafia conta
Almeno così pensava l’ex presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini, numero uno nerazzurro dal 1984 al 1995. Al momento di chiudere le trattative, invitava i giocatori a pranzo a casa sua. Alla fine dell’incontro faceva firmare loro un biglietto d’auguri per la figlia: quella firma sarebbe stata sottoposta a una prova grafologica, studiata e analizzata dalla moglie del presidente. E se non veniva ritenuta idonea l’affare saltava.

La scaramanzia non si discute
Fatevelo spiegare da Massimo Cellino, il presidente del Brescia. Si dice che non acquisti giocatori nati il giorno 17 del mese o che indossano qualcosa di viola.

«Gheddafi? Io non lo prenderei»
Questa frase fu attribuita all’ex presidente del Perugia Luciano Gaucci, che l’avrebbe detta a un giornale tedesco. Saadi Gheddafi era il terzo figlio del dittatore libico, nonché il capocannoniere del campionato del suo Paese. Tuttavia l’entità del suo talento era stata ben sintetizzata dall’allora allenatore della nazionale libica, l’italiano Franco Scoglio: «Non vale niente». I giudizi di Gaucci, però, urtarono il colonnello Mu’ammar Gheddafi e l’ambasciatore libico in Italia chiese spiegazioni. Gaucci smentì: «Mai pronunciate quelle parole» e per scusarsi acquistò il giovane Gheddafi. Col Perugia giocò solo una partita, contro la Juventus, di cui era tifoso, socio e sponsor con la sua società, la Tamoil.

Un Blitz improvviso
I calciatori possono essere acquistati in tanti modi, ma quello scelto dall’ex amministratore delegato del Milan Adriano Galliani, nel 2015, per convincere l’attaccante della Roma Mattia Destro a passare in rossonero, li batte tutti: il citofono. Galliani andò direttamente a suonare il campanello di casa del calciatore. Naturalmente fu avvistato, filmato e la scena divenne virale su Internet con milioni di parodie.

Un dietrofront clamoroso
Come quello compiuto dai dirigenti del Milan nel 2009 di fronte all’esoso cartellino del senegalese Aly Cissokho. Per far saltare l’affare i medici rossoneri diagnosticarono una malformazione ai denti che avrebbe potuto avere conseguenze muscolari. L’affare saltò, ma anni dopo, in privato, il medico del Milan chiese scusa al protagonista della vicenda.

Quell’errore di persona
Ma Mingyu, acquistato dal Perugia nel 2000 è passato alla storia come il primo cinese del calcio italiano. Peccato che fosse il cinese sbagliato. L’acquisto avrebbe dovuto essere Li Tie, più giovane di sette anni e più bravo (in seguito andrà all’Everton), ma per uno scambio di persona le cose andarono diversamente. Forse lui qualche partita l’avrebbe giocata, Ma Mingyu, invece, con la maglia del Perugia in Serie A non scese mai in campo: zero minuti giocati e un biglietto di ritorno per la Cina l’anno dopo. Il Perugia si ributtò subito sul mercato per riparare all’errore, perché si sa, col calciomercato tutto è possibile.

«L’affare perfetto? Pogba alla Juventus»

“Grand Hotel Calciomercato”

Di Marzio, che genere di romanzo è il calciomercato?
«Uno di quei thriller dove ti fai anche delle belle risate. Una storia moderna dove c’è la passione, la corsa all’acquisto, la tensione, ma poi ci sono anche tante situazioni comiche».

L’affare perfetto?
«Pogba alla Juventus. Preso a zero dal Manchester United, ha vinto tanto con la Juve ed è poi stato rivenduto a 100 milioni di euro alla stessa squadra che l’aveva lasciato andare. E poi c’è l’astuzia del procuratore che aveva mantenuto il diritto a una grossa percentuale sulle successive rivendite superiori ai 50 milioni. Già allora aveva previsto che Pogba avrebbe raggiunto quotazioni altissime».

Dopo il Covid il mercato cambierà?
«Questo è certo. Già adesso si sono viste delle avvisaglie: poca liquidità e formule fantasiose».

Raccontaci il tuo acquisto da parte di Sky.
«Diciamo che ho fatto le categorie inferiori, occupandomi di Serie B e C, con una tv di Padova. Sono stato lì dieci anni, ero la “stella” della squadra di provincia. A Sky mi hanno chiamato nel 2004 senza alcuna garanzia, ma dopo pochi mesi avevo già un contratto definitivo».

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