Fermiamo la plastica per un mare pulito

Un problema che si combatte anche con gesti semplici, e di cui parliamo con Filippo Solibello, conduttore su Rai Radio2 di “Caterpillar AM” e autore del volume “SPAM. Stop Plastica A Mare”

Il conduttore radiofonico e scrittore Filippo Solibello: «Un cavalluccio marino mi ha telefonato e mi ha chiesto aiuto»
17 Maggio 2019 alle 10:20

L’estate si avvicina ma che spiagge saranno quelle in cui ci bagneremo quest’anno? Oggi solo tre quarti di ciò che sta dentro mari e oceani è costituito da pesci, tutto il resto è plastica: una percentuale d’inquinamento che nel giro di 30 anni rischia di raddoppiare. Un problema che si combatte anche con gesti semplici, e di cui parliamo con Filippo Solibello, conduttore su Rai Radio2 di “Caterpillar AM” e autore del volume “SPAM. Stop Plastica A Mare”.

Come ti è venuta l’idea del cavalluccio marino che ti telefona per chiederti aiuto?
«Tutto è partito dalla famosa foto di Justin Hofman, quella col cavalluccio marino avvinghiato a un cotton fioc. Alle presentazioni molti mi chiedono se si tratti di un fotomontaggio e invece è un’immagine autentica, che tra l’altro ha permesso a Hofman di essere tra i finalisti del “Wild Life Photographer of the Year” del 2017. Una foto che fa impressione perché innaturale, e che abbiamo messo in copertina. Quello che mi sono inventato è che il grido di allarme sulla plastica arrivasse proprio da quel cavalluccio marino, al quale provo così a dar voce».

Quanto ci hai messo a scriverlo?
«Quattro-cinque mesi. Più che altro si è trattato di andare in giro, in Italia ma anche in Usa, Inghilterra, Olanda e Turchia. Ho cercato di incontrare più gente possibile e di rendere la complessità del tema. Secondo me non è possibile ridurre tutto alla divisione fra buoni e cattivi, perché la plastica è un materiale importante e geniale, però da usare in maniera consapevole».

In Italia com’è la situazione?
«Ho scoperto cose che mi hanno stupito. L’Italia è fra i Paesi più all’avanguardia nella lotta all’inquinamento. Siamo il primo Paese che ha messo al bando i sacchetti “usa e getta” (dal 2013), i cotton fioc (da quest’anno) e dal 2020 le microplastiche dei cosmetici. Cosa quest’ultima importantissima visto che in Italia si produce il 65% dei cosmetici del mondo. Siamo un Paese virtuoso, con aziende, associazioni e legislatori illuminati. Se anche l’opinione pubblica chiede alle aziende di cambiare atteggiamento, allora si crea un meccanismo di reale cambiamento».

Il gesto antiecologico di cui ti vergogni di più?
«Più che un gesto è un atteggiamento, quello del consumo sfrenato, il comprare e consumare senza pensarci. L’istinto dell’usa e getta, uno dei simboli della modernità. L’ho avuto mille volte, e adesso mi rendo conto di quanto sia deleterio: non dobbiamo produrre cose economiche da gettare velocemente ma cose più preziose da usare più a lungo».

Come ti comporti nel concreto?
«Come tanti non avevo chiare le dimensioni del problema, e facevo fatica con la raccolta differenziata. Mi sono informato e ho capito che se il mio sacchetto di plastica va in mare, la tartaruga lo scambia per una medusa, lo mangia e muore. Da topo di città, immerso in un ambiente tecnologico e industrializzato, ho dovuto fare i conti con un atteggiamento diverso».

Cosa pensi di Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese che ha riportato all’attenzione del mondo la questione del riscaldamento globale?
«Che ha fatto qualcosa di straordinario, è riuscita a fare in pochi mesi quello che noi adulti, con tutta la consapevolezza e gli strumenti a nostra disposizione, tentavamo da 20 anni: far aprire gli occhi del mondo sulla terribile emergenza che investe la nostra povera Terra. Si è messa davanti al municipio del suo Comune e ha richiamato gli adulti alle loro responsabilità: un messaggio di una potenza infinita. I ragazzi che scendono in piazza sono la speranza in un futuro diverso, adesso spetta a noi dare loro degli strumenti».

Più ottimista o pessimista sul futuro?
«Assolutamente ottimista. Pur con le dovute cautele, ci sono tutte le condizioni perché Italia ed Europa giochino all’attacco, mettendo competenze e industrie al servizio del problema, aiutando i Paesi che sono rimasti indietro. Dei dieci fiumi che trascinano rifiuti negli oceani, otto sono asiatici e due africani. Dall’esportazione di buone pratiche possiamo solo
guadagnare».

5 piccoli gesti per un mondo migliore

• Intanto Fare bene la raccolta differenziata: basta un po’ di pazienza.
• Non gettare nulla nel wc: prima o poi il rifiuto finisce nelle acque del mare.
• Rifiutare i sacchetti illegali: se non sono biodegradabili è possibile che siano di provenienza illecita.
• Bandire le cannucce: sono tra i rifiuti più deleteri e diffusi sulle spiagge.
• E Non buttare nulla in mare, dove la plastica ci mette secoli prima di sparire.

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