Gianfelice Facchetti e la storia di quel mito chiamato… San Siro

Il figlio del leggendario Giacinto ha scritto un libro sulla Scala del calcio

Gianfelice Facchetti
29 Luglio 2021 alle 10:39

Gli Europei di calcio si sono da poco conclusi, con la vittoria degli Azzurri nel leggendario stadio londinese di Wembley. Ma anche in Italia, mentre la Serie A sta per tornare, abbiamo uno stadio invidiato dai tifosi di tutto il mondo.

Parliamo di San Siro: la Scala del calcio, la casa di Milan e Inter, ma non solo. A San Siro (intitolato a Giuseppe Meazza) hanno giocato tutti i calciatori più forti della storia, da Pelé a Maradona, passando ovviamente per i campioni della Grande Inter degli Anni 60 e quelli del Milan dell’era Berlusconi. Un impianto, inconfondibile per la sua architettura, dove è cresciuto un bambino chiamato Gianfelice Facchetti. È il figlio del grande Giacinto, mito nerazzurro, e ha scritto un libro intitolato “C’era una volta a San Siro”, con bellissime storie da leggere e foto memorabili: «Per me San Siro è una sorta di seconda casa. Ho fatto anche un calcolo delle ore che ho trascorso al suo interno: sono poco meno di 9 mila. In pratica un anno intero della mia vita. È un luogo che ho vissuto da quando ero piccolo grazie a mio padre. Ho visto tante partite e moltissimi concerti, perché San Siro è anche un tempio della musica».

Fu costruito a metà degli Anni 20. Allora era una specie di cattedrale nel deserto…
«Si trovava in una zona totalmente periferica: era nato come stadio del Milan, per il volere di Piero Pirelli che cercava una casa definitiva per il suo club. L’Inter, invece, giocava ancora all’Arena Civica. Quindi per gli interisti andare a San Siro a quei tempi era come fare una gita in campagna. Ma fino a tutti gli Anni 50 attorno all’impianto c’erano ancora dei grandi prati, dove i pastori ci portavano le pecore a pascolare».

Chissà quanti aneddoti ha scoperto...
«Tra tutti, amo quello di Silvio Smersy che è stato un buon calciatore di Serie B. Nell’unico anno in cui giocò in Serie A (1955/1956), con il Padova, arrivò a San Siro per affrontare il Milan. Prima della partita venne notato dal regista Renato Castellani che doveva girare “I sogni nel cassetto”: voleva un protagonista, così mandò la sua segretaria a chiamare Smersy. Silvio si mise a parlare con Castellani, ma si dimenticò della partita: per farlo scendere in campo furono costretti a richiamarlo con gli altoparlanti. E alla fine non fu nemmeno preso per il film».

Tra i tanti campioni che hanno giocato a San Siro, c’è anche Pelé.
«Sì, ma era uno stadio maledetto per lui. Perse un’amichevole contro l’Inter, in Coppa Intercontinentale con il Milan e anche un Italia-Brasile nel 1963 in cui vincemmo per 3 a 0».

Parlando invece della musica di San Siro, come non ricordare il concerto del 1980 di Bob Marley.
«A quello, ovviamente, non andai perché avevo 6 anni. Però fu un evento leggendario. Da grande invece ho visto i concerti di Jovanotti, degli U2, ma soprattutto quello di Ligabue che sulle note “Buonanotte all’Italia” a sorpresa mostrò le immagini di mio padre».

Ligabue, interista, ha anche firmato la prefazione al libro.
«Tra i cantanti più fedeli a San Siro c’è lui, perché unisce la musica e il pallone. Ci siamo conosciuti dopo la festa dei 100 anni dell’Inter. È stato molto disponibile».

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