Joe Bastianich: «Il successo? Lo devo alle strane regole di papà»

Il ristoratore spiega in un libro autobiografico i 21 consigli per farcela nel mondo degli affari (e nella vita): «Io ne sono la prova»

Joe Bastianich
8 Ottobre 2020 alle 09:36

Non è mai stato di tante parole. A “MasterChef Italia” le sue frasi taglienti e i modi di dire senza “peli sulla lingua” ne hanno decretato il successo come personaggio tv. Ma Joe Bastianich è prima di tutto un imprenditore, un aspirante musicista e anche uno scrittore divertente e sorprendente, che sulla carta riesce a raccontarsi molto meglio che “a voce”.

In questi giorni è infatti uscito “Le regole per il successo” (Mondadori Electa, 19,90 euro), a metà tra un’autobiografia e un manuale di business. Ne parliamo, un po’ a spizzichi e bocconi, mentre Joe si trova in treno sulla tratta Firenze-Roma (tradotto: la linea va e viene a causa delle gallerie e capirsi è un’impresa).

Joe, perché ha voluto scrivere questo libro?
«Per due motivi. Intanto avevo del tempo libero, e poi volevo scrivere il seguito di “Restaurant man”, raccontando la New York dove sono cresciuto, i miei ristoranti e le regole di mio padre per avere successo».

È quindi un omaggio a suo papà Felice?
«Sì, ed è un racconto divertente e pieno di aneddoti su un ragazzo che viveva a New York negli Anni 70 e 80. Scrivo del rapporto con mio padre e insegno a gestire il proprio ristorante spiegando come applicare oggi le regole assurde di mio papà, un uomo che si è fatto da solo e che a me appariva molto tirchio».

Perché assurde?
«Perché fanno ridere. I miei genitori erano emigranti italiani e quello era il loro modo semplice di fare le cose. A me sembravano regole assurde e ho cercato di renderle attuali».

Che rapporto aveva con suo padre?
«Non era ottimo, a dir la verità. Dopo la sua morte, quasi 10 anni fa, anche a livello psicologico non sono riuscito a riconciliarmi. Questo libro è un modo per fare pace con lui e potevo scriverlo solo adesso, a 52 anni, perché è soltanto con il tempo che riesci a capire certe cose».

Perché eravate così lontani?
«Lui era molto diverso da me, apparteneva al vecchio mondo, a volte mi imbarazzava, aveva abitudini strane. Avevamo un rapporto difficile e poco felice, come capita a tanti padri e figli».

Cosa ha preso da lui come padre?
«Io volevo essere differente, ma negli anni ho realizzato che invece per tanti aspetti gli somiglio. Ma alla fine va bene così perché ora lo capisco. Con tutti i suoi difetti mi ha insegnato tante cose».

Lei invece con i suoi tre figli com’è?
«Essere padre è super-difficile. Faccio del mio meglio, ma ho commesso degli sbagli anche io: nessuno è perfetto».

Nel libro usa un linguaggio esplicito e ci scappa pure qualche parolaccia. Suo padre cosa le avrebbe detto?
«Lui era una persona che lasciava liberi tutti di fare come credevano. L’ho scritto così per dare un tono di onestà, cerco di essere reale e autentico».

Nel libro ci sono 21 regole, alcune valgono anche per i clienti, tipo: «Se il menu è sporco, vattene».
«Esatto. È un libro molto utile anche per chi ama andare al ristorante, così si impara qual è la mentalità dei ristoratori, i trucchi e cosa succede dietro le quinte».

Sostiene che queste regole valgano anche nella vita. Tra le altre c’è pure: «Sappi che tutti ti vogliono fregare»…
«Il mondo è fatto così. Ma saperlo è già un modo per difendersi e reagire».

In un paragrafo dichiara di essere stufo degli chef che si credono delle divinità. Non si riferiva ai suoi colleghi di “MasterChef”, vero?
«Lo dicevo in generale, avendo tanti ristoranti e chef. Non era riferito a una persona, ma alla categoria».

Scrive che è molto importante amare se stessi e che il riposo e il divertimento rendono più belli.
«Esatto, io l’ho imparato nel tempo. Ho avuto la fortuna di fare tanti lavori e avere tanti hobby che si sono trasformati in un mestiere, come la musica. Per avere la mente lucida, deve esserci equilibrio tra il lavoro e la cura di sé. Non bisogna trascurarsi».

Il libro esce in un periodo difficile per i ristoratori. Vuole dar loro qualche consiglio?
«Io per primo non ho ancora riaperto i miei ristoranti negli Stati Uniti. Ma bisogna credere che il mondo andrà avanti, che la gente ricomincerà a uscire e che la ristorazione cambierà. Questo è un mondo pieno di opportunità dove l’intelligenza paga, e se si hanno passione e flessibilità si può avere successo anche oggi. Certo, bisogna evolversi. Anch’io alcuni locali non li aprirò più e altri li cambierò. Ma stiamo tornando a essere veri imprenditori che devono usare le loro risorse per trovare la via giusta. E anche se non l’ho scritto per un mondo post-Covid, questo libro può essere molto utile».

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