Luca Argentero: da “Doc 3” al libro “Disdici tutti i miei impegni”

L'attore ha pubblicato il suo primo libro... che potrebbe diventare una trilogia!

Luca Argentero  Credit: © Virginia Bettoja
25 Maggio 2023 alle 07:49

Luca Argentero arriva alla presentazione del suo libro, in un grande centro commerciale nella zona sud di Roma, con un'ora di anticipo rispetto all'inizio previsto alle 18.30. L'idea è quella di cominciare il “firmacopie” un po' prima così da evitare di finire troppo tardi stasera. Tanto le sue fan, circa 250 schierate diligentemente in fila con il libro in una mano e il telefonino nell'altra, sono qui già dalle 12. Molte di loro hanno preso il treno stamattina e sono arrivate da Orte, Tivoli, Velletri, Latina… Nella grande libreria “Nuova Europa” conto solo sei uomini: «Siete degli eroi!» scherza Argentero.

Alle 18.30, quando cominciamo la nostra chiacchierata sul palco per raccontare il suo romanzo “Disdici tutti i miei impegni” (Mondadori), Luca si è “portato avanti”. Ha già firmato decine di copie e scattato tonnellate di selfie, disciplina in cui è ufficialmente campione mondiale («Luca ti do il mio telefono, scatti tu che io non sono capace?» e si mettono in posa abbracciandolo…). Presentare un libro di Luca Argentero è sinceramente facile: il pubblico lo adora, lui è spiritoso e ogni tanto scatta un applauso di approvazione. Il primo quando Luca si toglie la giacca…

Luca arrivi direttamente dal set di “Doc 3”: avevi il camice praticamente fino a un'ora fa. È sempre lo stesso o lo cambi a ogni stagione?
«In pratica è nuovo perché il dottor Fanti lo indossa per la prima volta alla fine della scorsa stagione, ma lo “scrub”, che è la divisa che ha sotto il camice, è lo stesso fin dall'inizio. È diventato una specie di mantello da supereroe».

È la terza stagione di una serie amatissima: com'è stato riprendere?
«In realtà è come non essermene mai andato perché è una lavorazione talmente lunga che sembra quasi senza stacco. Le riprese di “Doc3” termineranno a dicembre e a gennaio la vedrete già in onda». (Applauso di gioia).

Cosa direbbe il dottor Andrea Fanti di “Doc” a Fabio Resti, il protagonista del tuo romanzo che ha uno stile di vita a dir poco… disinvolto?
«Fabio Resti fa uso di alcol e stupefacenti, non ha regole né orari e finisce agli arresti domiciliari a casa dei genitori. Probabilmente Doc gli chiederebbe della sua vita per capire qual è il problema e perché si è ridotto a 40 anni a drogarsi e ad essere “il più vecchio del locale”».

Come mai questo libro?
«A un amico è successa una cosa analoga e magicamente mi si è materializzata la storia in testa. Ho buttato giù uno schema. Avevo ben chiaro l'inizio e anche la fine. Ho tremendamente sottovalutato che in mezzo bisognava scrivere un libro…». (Risate).

Un dettaglio!
«Già (sorride). Però ci ho provato e dopo momenti di scoramento sono riuscito ad arrivare alla fine. Ci ho messo un sacco di tempo».

Quanto?
«È un calcolo che non riesco più a fare perché ho iniziato tanto tempo fa e in mezzo ci sono state la nascita di due figli, la pandemia, il lavoro: mentre giro “Doc” non riesco a fare niente altro. Se dovessi ridurre all'osso l'arco temporale secondo me ci ho messo un annetto».

Ma quando scrivi sei disciplinato con orari da rispettare oppure improvvisi?
«Ho iniziato prima di avere avuto dei figli e ho continuato dopo avere avuto dei figli. (Applauso non mi chiedete perché…). Sono due routine giornaliere diverse. Prima avevo libertà di scrivere quando mi andava, mentre dopo la nascita di Nina (la sua prima figlia che ha tre anni, poi è arrivato Noè Roberto tre mesi fa, ndr) riuscivo a scrivere esclusivamente dalle due alle cinque durante il suo pisolino pomeridiano».

Hai sempre amato scrivere?
«Sì. Riflessioni, pensieri, lettere d'amore a mia moglie…». (Applauso e sospiri di approvazione. Questi li capisco)

Carta e penna o computer?
«Carta e penna. Senza dubbio».

Il libro è sorprendente. A casa come l'hanno preso?
«Mia madre e mia suocera non erano particolarmente contente del personaggio perché sono cadute nell'equivoco banale che Fabio Resti potessi essere io e sono rimaste spiazzate. Leggendo questa storia hanno appiccicato la mia faccia al protagonista, ma non c'entro assolutamente niente».

Cosa ti hanno detto?
«Mia suocera scuoteva solo la testa di qua e di là (mima la suocera)». (Risate).

E tua mamma?
«Ha detto: “Sono molto preoccupata”». (Risate).

Come mai il tuo protagonista l'hai chiamato Fabio Resti?
«Penso sia stata la cosa più facile del libro: mi è venuto subito senza pensarci. Le iniziali dovevano essere F.R. per un motivo personale. E invece ai personaggi secondari ho dato i cognomi di miei amici. Mi sono divertito molto».

A Fabio qualcosa di tuo gliel'hai regalato? L'amore per il mare ad esempio…
«Preferisco la montagna».

La simpatia per le tartarughe?
«Non direi».

L'essere un disastro in cucina?
«Sono piuttosto bravo a cucinare in realtà… (sospiri di approvazione). Lo so: non ne fanno più di uomini così! (Ride)».

Va bene, abbiamo capito che tu con il tuo protagonista non c'entri nulla.
«È vero, non sono Fabio Resti. Eppure in lui c'è il frutto dell'esperienza che ho fatto o delle cose che ho visto. Mi ritengo uomo di mondo, ho viaggiato tanto, ho raccolto le suggestioni di tutti questi anni e le ho messe in lui, facendogli fare quello che volevo. Pensa che nella mia prima versione il libro era più sfacciato di così».

È davvero una versione edulcorata?
«Un po' sì, ho ascoltato il consiglio di alcune persone che avevano ritenuto alcune cose fastidiose».

Il tuo protagonista torna a vivere nella casa dei suoi genitori e nella cameretta da ragazzo. Come era la tua?
«C'erano al muro due poster, uno di Bob Marley e uno di Kurt Cobain, un letto a soppalco, un divano, una televisione: era essenziale direi. Non troppo incasinata, perché non sono disordinato, e tanti libri, la mia passione. Io viaggio tanto e nella mia borsa c'è sempre un libro, tranne in questo periodo perché ho le sceneggiature di “Doc” con me. Fin da quando ero piccolo vedevo i miei genitori con un libro in mano, ed è diventata anche una mia abitudine. È l'esempio che spero di dare ai miei figli».

Un tema del libro è il tempo che passa e l'esigenza di non sprecarlo. Tu riesci a dire di no, a prenderti il tempo per le cose che ti fanno stare bene?
«No, ma sto imparando. Per anni non sono riuscito a farlo perché consapevole della mia fortuna e del mio privilegio: i miei no avrebbero potuto negare delle opportunità ad altre persone e mi sarei sentito in colpa. Ora c'è una questione anagrafica e familiare: è importante imparare a dire di no, a gestire il tempo dando una priorità diversa, che in questo momento è la famiglia».

Nel libro si dice: “Se fai un figlio, se scrivi un libro, se pianti un albero hai dato un senso alla tua vita”: tu dovresti essere a posto allora. Il libro l'hai scritto, di figli ne hai fatti due…
«In extremis».

Perché?
«Ho 45 anni».

E allora?
«Mio padre a 45 anni aveva già un figlio di 20».

E l'albero l'hai piantato?
«Eccome! Ne ho piantati tanti perché vivo in campagna. Insomma, ho dato: per me va bene anche così».

Sei un attore molto amato e apprezzato. Hai scritto un libro originale, spiazzante e mai banale. Ti riconosci questi talenti?
«Conosco attori molto più bravi di me che hanno avuto minore fortuna. C'è un detto nel nostro settore che dice: “Preferisco avere fortuna che talento”. La giusta combinazione tra fortuna e talento è la chiave per riuscire e nel mio caso ho avuto un po' più fortuna che talento (ride). Poi sono riuscito a sfruttare le occasioni che ho avuto fortuna di avere, e a dare il massimo quando mi è stato chiesto. E penso anche di avere fatto delle cose buone».

Come questo libro ad esempio. Stai pensando al secondo?
«È molto peggio di così…».

È una minaccia?
«In realtà la storia che si è materializzata nel mio cervello è divisa già in tre parti, è una trilogia perché sono un appassionato di cofanetti. Quindi a Natale…. tenetevi pronti! (ride) Scherzo eh?».

Sempre con Fabio Resti protagonista?
«Sì. E alla fine diventa presidente della Repubblica! (ride)».

Altro che trilogia allora… potrebbe diventare una serie tv?
«Sì, potrebbe essere interessante».

E pensi di dirigerla?
«Non penso di esserne in grado ma perché no? Sicuramente potrei contribuire alla sceneggiatura».

E interpretarlo?
«Non so se mi piacerebbe interpretarlo. («Ma no, Fabio è grasso!» protesta una signora). Ecco, la signora dice no e io mi fido molto della signora, che ha letto il libro fino a pagina 40… ». (Risate)

Bene, la presentazione è finita. Ora si ricomincia con il “firmacopie”. La fila delle signore è ancora lunga. L'ultimo selfie della giornata Luca l'ha scattato quasi alle nove di sera.

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