Memo Remigi racconta la sua vita nel libro “Sapessi com’è strano”

I successi, le sconfitte, le rinascite. Insieme a Sorrisi ricorda e… progetta

Memo Remigi
30 Marzo 2023 alle 08:20

Quello di “Innamorati a Milano”… «Sì,. forse non sono mai stato capace di portare 50 mila persone in uno stadio, e non posso certo essere ricordato per aver scoperto la penicillina. Però so che anche quando non ci sarò più, ci sarà qualcuno che canterà “Innamorati a Milano”».

Quello che lo scorso ottobre è stato allontanato dal cast di “Oggi è un altro giorno” per una mano troppo invadente nei confronti della collega Jessica Morlacchi… «Sì, è stata una cosa riprovevole. Ho chiesto scusa, ma rimane una cosa riprovevole anche se fatta in modo ingenuo. Purtroppo finora le mie scuse non sono state accettate, visto che nessuno mi ha più chiamato».

La vita ha fatto uno strano scherzo a Memo Remigi. Lo ha incastonato tra due “eventi” così nitidi e forti da apparire definitivi. Da poter inghiottire 60 anni di carriera e i precedenti 24 di giovinezza, anche “avventurosa”. Lui, invece, ha voluto ripercorrere tutto in “Sapessi com’è strano”, un’autobiografia senza omissione di argomenti.

Remigi, lasciamo per il momento l’attualità, giochiamo coi ricordi. 1962, primo 45 giri: “Ti amo / Le tue lacrime”, inciso per la Karim, l’etichetta che stava lanciando anche Fabrizio De André…
«Con Fabrizio c’eravamo conosciuti prima, però. Al mare. Io andavo a Santa Margherita Ligure, ma il ritrovo di tutti i ragazzi era Portofino, e Fabrizio lo vedevo lì: un po’ strano, con quei capelli sull’occhio, la sigaretta fissa… Come aspetto ricordava una sorta di esistenzialista, diciamo. Penso che avesse già cominciato a scrivere canzoni. Abbiamo riparlato della Liguria e della Karim un’estate di tanti anni dopo, quando sono andato a trovarlo in Sardegna».

Quando ha conosciuto, invece, la musica?
«Mio padre suonava a orecchio (come me!) pianoforte e fisarmonica. La domenica facevamo dei concertini, con mamma che canticchiava le canzoni dell’epoca. I cavalli di battaglia erano “Cavallino corri e va” e “Rosamunda”, un pezzo “di prestigio” per i fisarmonicisti. La mia passione, comunque, era il calcio. Giocavo nelle giovanili del Como, quando il Como era in Serie A. Le partite mi logoravano così tanto, però, che il medico consigliò a mio padre di farmi fare uno sport più leggero».

E così diventò un giovane campione di golf. Nel 1957, a 19 anni, al Golf club Villa d’Este, nel comasco, sconfisse Bing Crosby, un mito assoluto della musica e del cinema.
«Lui giocava molto bene. Io meglio. Crosby era in Francia per incidere un disco ed era venuto in Italia per fare una “passeggiata”. Lo ricordo molto concentrato, sempre con la pipa in bocca. Un uomo di classe. Ammiravo ogni colpo: avrebbe anche potuto mancare la pallina, ma per me era comunque un dio. Cercai di fargli capire che amavo la musica, che stavo iniziando a scrivere canzoni… Alla fine della partita mi volle regalare un “acetato” (era la stampa “di prova” di un disco appena registrato, ndr) del suo ultimo album».

Nel 1964 arriva “Innamorati a Milano”…
«Nasce nell’ufficio del mio mentore, il Maestro Giovanni D’Anzi. Era stato lui che mi aveva spinto a dedicarmi alla musica. Insomma, sto suonando al pianoforte questa melodia e scherzo con le parole: “Sapessi com’è bello sentirsi innamorati a Mondello… Sapessi come stona sentirsi innamorati a Verona…”, quando entra Alberto Testa, il paroliere con cui avrei scritto tantissime canzoni, un amico straordinario. D’Anzi gli dice che ho un gran talento, ma che sono un fesso perché suono a orecchio e poi mi dimentico tutto: “E adesso fa anche lo scemo con le rime” aggiunge. Testa lo ferma: “Si potrebbe fare «Sapessi com’è strano sentirsi innamorati a Milano»?”. Io la suono e D’Anzi, l’uomo che aveva scritto “O mia bela Madunina”, dice: “Eh, ma questa chi l’è bèla!”».

Nel 1979, nel programma per ragazzi “L’inquilino del piano di sotto”, duettò per 12 settimane con Topo Gigio. Che ci dice di lui?
«Ma sa che bello è quando dei genitori mi chiedono di fare la voce di Topo Gigio per i loro bambini? Io attacco subito con uno: “Strapazzami di coccole!”. I bimbi mi guardano come se fossi un cretino, ma i genitori impazziscono di gioia. Topo Gigio… Le giuro che interloquivo con lui come se fosse stato un essere vivente e non un pupazzo».

Che cosa mi dice, invece, se le canticchio “Salvatore, Salvatore…”?
«“...sospendiamo di fare l’amore”! Una delle mie poche canzoni allegre, scritta nel 1972 con Vito Pallavicini per Ombretta Colli. Alcuni amici mi dissero: “Perché non te la tieni? È la volta che vendi qualche disco!”. Ma come facevo a cantare per Salvatore? Senza dir nulla a Pallavicini, avevo pensato a un testo dedicato a una Filomena, perché i nomi hanno le stesse sillabe: “Filomena, Filomena, far l’amore non vale la pena”. L’ho abbandonato subito».

Sua moglie è mancata due anni fa…
«In casa ci sono tutte le sue cose, ogni giorno apro la finestra della sua camera. Mio figlio Stefano dice che dovrei traslocare, ma per me è come se fosse ancora qui. È come se fosse andata a fare un giro: prima o poi torna».

Che cosa le avrebbe detto la sua Lucia del “caso Morlacchi”?
«Mi avrebbe bastonato di brutto, mi avrebbe torchiato: “Ma che cosa t’è saltato in mente, con i tuoi scherzi, con la tua goliardia del cavolo!?”. Nella vita di cavolate ne ho fatte tante e lei non mi ha mai giustificato. E ci sono cose che non si possono giustificare…».

Ma lei in tv ci torna?
«Sicuramente!».

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