Il cantante pubblica il suo primo romanzo dopo l’annuncio del divorzio
Tenero, commovente, duro, struggente, a tratti ironico, comunque autentico. Abbiamo letto in anteprima il nuovo romanzo di Tiziano Ferro: “La felicità al principio” (Mondadori), in libreria dal 3 ottobre, che segna il debutto nella narrativa dell’artista (26 anni di carriera, 9 album, oltre 20 milioni di dischi venduti, membro della giuria dei Grammy Awards).
L’autore avrebbe dovuto presentarlo in varie città, ma qualche giorno fa ha annunciato sui social che annullerà tutti i suoi prossimi impegni e le presentazioni del libro perché ha avviato le pratiche di divorzio dal marito Victor Allen: «È un momento delicato, in cui tutta la mia attenzione è concentrata sulla tutela dei miei due meravigliosi figli, che attualmente trascorrono la maggior parte del tempo a casa con me. In questo momento non posso lasciarli, e non posso portarli con me in Italia» ha scritto su Instagram. Ed è finito nella bufera. La tentazione sarebbe stata quella di annullare anche le interviste, ma Tiziano si fida di Sorrisi e, collegato da casa sua in California, ci apre il suo cuore.
Dopo due libri autobiografici, Tiziano Ferro firma il suo primo romanzo, “La felicità al principio” (Mondadori, 19 euro): è la storia di un cantante, Angelo Galassi, con problemi di dipendenze da alcol e cibo che per 10 anni si finge morto e si nasconde a New York. Ma la sua vita cambia quando scopre di avere una figlia, Sophia.
Tiziano, si aspettava un tale clamore mediatico attorno al suo divorzio?
«Non ho avuto modo di crearmi aspettative rispetto al mio divorzio. So solo che è una cosa dolorosa e che ora devo dedicare tutte le energie ai miei figli. Per la prima volta nella vita sono “invidioso” di qualcuno, ovvero di chi si lascia e sta vivendo un’esperienza positiva, perché per me non è così. Ci tengo però a precisare, contro ogni strumentalizzazione politica, che non verrò in Italia non perché non voglia o perché le leggi mi vietano di portare i bambini. I motivi sono tecnici e legati al divorzio, per questo non posso entrare nei dettagli. Ma NON è un problema di passaporto: i bimbi possono venire in Italia, tant’è vero che quest’estate erano con me in tour. Hanno saltato, ballato e cantato ogni sera fino all’ultima nota dell’ultima canzone».
Sui social le reazioni alla notizia sono state opposte. Ci sono i fan affettuosi che citano un suo brano: “Vorrei che ricordassi tra i drammi più brutti che il sole esiste per tutti”. Poi ci sono gli odiatori omofobi, e ci sono gli spiritosoni che scrivono: “Finalmente Tiziano tornerà a scrivere belle canzoni tristi”. Che effetto le fanno questi commenti?
«Sono da solo qui a Los Angeles, non ho la mia famiglia a sostenermi ed è dura. Però mi sento confortato, perché ho ricevuto una valanga d’amore. Ed è l’unica cosa che conta. Gli odiatori non li guardo neanche. Loro si nutrono di attenzione, vanno ignorati. Quanto a chi spera che io scriva nuove canzoni tristi, posso solo rispondere che, come sempre, mi guiderà l’istinto. Non so cosa scriverò, ma scriverò. Come ho scritto questo mio primo romanzo, che era un mio sogno da tanto tempo».
Quando ha iniziato a scriverlo e dove? Si trovava già in un momento di crisi di coppia?
«No, l’idea risale a tanti anni fa e la prima stesura è del 2021. L’ho scritto in 30 giorni, in un periodo in cui ero tormentato dall’insonnia. L’ho scritto di notte, in camera da letto; non la stessa in cui dormiva Victor, chiaramente. Mi sono ritrovato in una sorta di “trance” ipnotica e l’ho buttato giù di getto. Alcuni paragrafi, quando mi prendeva l’ispirazione, li ho digitati sullo smartphone mentre ero in palestra sul tapis roulant».
Perché ha deciso di raccontare una storia ambientata nel mondo dello spettacolo?
«All’inizio avrei voluto ambientare il romanzo nel mondo della finanza, ma poi mi sono reso conto che avrei dovuto studiare moltissimo per rendere il contesto credibile. Quindi ho deciso di scandagliare un settore che conosco. E raccontare la storia di un uomo che fa il mio stesso mestiere, ma è tutto il contrario di me».
Il protagonista è un cantante pop, Angelo Galassi, che in un momento complicato della sua esistenza approfitta di un errore burocratico in un documento, si finge morto e si nasconde a New York.
«Per questo è il mio esatto opposto, perché i momenti difficili io li ho sempre presi di petto. Invece Angelo, anziché guardarsi allo specchio, si rintana in un guscio di false sicurezze».
A pagina 30 lo descrive come “un uomo pilotato dalle emozioni”. Un lettore qui potrebbe percepire una nota autobiografica. E viene il dubbio che tante descrizioni legate alle dipendenze da cibo e alcol del personaggio siano frutto del suo vissuto. Quanto c’è veramente di Angelo in lei?
«Non c’è Tiziano senza emozioni: lo sanno i miei amici, i fan, i miei familiari. Ma pochi conoscono il mio lato cerebrale e matematico: mi piacciono l’ingegneria e la fisica. Tipico di uno del segno dei Pesci con ascendente in Capricorno. Non sarei sopravvissuto senza le emozioni, ma nemmeno senza questo tratto razionale, che ho voluto trasferire pure ad Angelo. Ma lui non è me, semmai è un amico a cui vorrei dare dei consigli per uscire da certe situazioni. Ho giocato volutamente con l’ambiguità. E se sono riuscito a suscitare il dubbio, vuol dire che ho fatto un buon lavoro di scrittura (ride)».
Il titolo “La felicità al principio” l’ha scelto lei o l’editore?
«La mia prima scelta di titolo era “Stavo meglio da morto”. Ma secondo l’editore era troppo sarcastico. In un capitolo Angelo scrive nel suo diario che “La felicità al principio” sarebbe stato il titolo perfetto per la sua autobiografia. Lì ho riflettuto e ho capito che sarebbe stato il titolo perfetto per il romanzo, quindi l’ho proposto. Perché dà un messaggio forte: mettere la felicità al principio di tutto, sempre al primo posto».
Nella vita di Angelo tutto cambia quando scopre di avere una figlia di 4 anni, Sophia, avuta dopo una notte di follia con una fan. E la piccola, che è muta per via di un trauma, va a vivere con lui. Voleva raccontare in queste pagine anche il valore della paternità?
«Quando ho iniziato il romanzo non mi conoscevo ancora da padre. Scrivevo di questa bambina immaginandola proprio come mi sarebbe piaciuto che fosse mia figlia. Ed è incredibile quanto la mia Margherita oggi le somigli. L’unica differenza è che Sophia non parla, mentre mia figlia parla in continuazione. Andres è il più riflessivo dei miei due bambini e la lascia essere la “star” della casa. Sono due anime complementari».
Ha sempre detto: «Se sono vivo, lo devo alla musica». Ora ha anche la narrativa. Che differenza c’è tra le due forme di scrittura?
«Sono molto diverse. La musica è il mio linguaggio, quello che mi ha dato la spinta a uscire di casa e a diventare ciò che sono. La canzone è sintesi, brevità. La narrativa è un’estensione, un amplificatore. Sulla forma della canzone ritornerò sicuramente, per sempre. Come i calciatori che, anche quando vanno in pensione, non smettono mai di giocare a palla. Ma non so se scriverò un altro romanzo, magari è un’esperienza unica. Io mi auguro di ripeterla. Molti amici a cui ho mandato le bozze mi hanno già chiesto il sequel!».
Nel romanzo vengono citati molti brani, da “Come fly with me” di Frank Sinatra a “La gatta” di Gino Paoli. Mentre scriveva ha ascoltato delle canzoni particolari?
«Ho scritto nel silenzio assoluto, ma ho inserito nel libro soltanto canzoni che piacciono a me. Non avrei mai costretto Angelo ad ascoltare del jazz “estremo” che non amo».
Farà uscire una playlist del libro?
«Al momento sto registrando con la mia voce l’audiolibro, ma è una bella idea, le dispiace se gliela rubo?».
Dentro il libro c’è anche il testo completo di una canzone, “Cronaca”, molto toccante. C’è la sua mano dietro? L’ha anche musicata? La inciderebbe?
«Ok, le do uno scoop: è mia e c’è anche la musica, sì. Non è mai uscita finora, ma un giorno magari...».
E un film tratto dal romanzo se lo immagina? Si vedrebbe come attore nei panni del protagonista o preferirebbe un divo di Hollywood?
«Non nego che al film ci ho già pensato, perché il libro è molto cinematografico. Io nel ruolo di attore? Dovrei studiare recitazione. Forse mi vedrei di più alla regia perché ho la “visione” della storia. Poi, certo, se mi danno una star hollywoodiana tipo Bradley Cooper come protagonista mica rifiuterei (ride)».
I suoi genitori, mamma Juliana e papà Sergio, e suo fratello Flavio hanno letto il libro in anteprima?
«Mamma non l’ha ancora finito, papà l’ha divorato e mi ha fatto tenerezza, perché si è preoccupato: anche lui tende a scambiare alcune vicende dolorose del protagonista per fatti miei. Flavio invece non ha avuto tempo di leggere le bozze perché aspetta una bimba: a novembre divento zio!».
Congratulazioni, Tiziano, un abbraccio a tutta la famiglia. Le auguriamo tanta serenità, quella stessa serenità della preghiera che lei fa recitare al suo Angelo.
«Io la ripeto ogni giorno: “Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare e la saggezza per riconoscere la differenza”. Questo è il mio mantra. Mi metto in ginocchio, a disposizione, in ascolto affinché Dio (o l’Universo) dia un senso a tutte le cose».