Luca Sardella: «Vi svelo i segreti della Stella di Natale»

Tanti consigli e curiosità per prendersi cura della pianta più amata e regalata delle Feste

Luca Sardella e la figlia Daniela conducono insieme “Sempre verde”
10 Dicembre 2020 alle 13:57

Caro Sardella, Natale non è Natale se non c’è... «Una stella di Natale in casa! Ormai è prima nella classifica delle piante più vendute sotto le Feste. L’anno scorso 11 milioni di stelle di Natale sono entrate nelle nostre abitazioni. La stella di Natale ha superato di parecchio l’abete, che resta secondo in classifica con tre milioni di alberi acquistati».

Come mai questo successo?
«Basti pensare al nome, Euphorbia pulcherrima, “bellissima”. Fa parte della famiglia delle Euphorbiaceae, piante grasse, le succulente: infatti se si spezza una foglia o un ramo esce il lattice. Ma fate moltissima attenzione!».

Attenzione a che cosa?
«Il lattice è tossico, se lo tocchiamo dobbiamo lavarci le mani, non con acqua perché non è solubile, ma con molto sapone o latte. Mai toccarsi con le dita sporche gli occhi, può creare gravi problemi e anche cecità».

Da dove arriva la stella?
«Dal Messico. Si chiama “Poinsettia” perché nell’Ottocento la portò negli Stati Uniti Joel Poinsett, ambasciatore americano in Messico, e da lui ha preso il nome. Da lì si è poi diffusa in tutto il mondo. In Italia è arrivata agli inizi del ’900».

Come mai si chiama “stella di Natale”?
«La storia inizia nello Yucatan, in Messico, dove la Poinsettia cresce tra le colline, sulle alture. Una leggenda narra che una bambina povera volesse regalare un fiore a Gesù Bambino, cercando si punse le dita con le spine della pianta e il sangue uscito dalla ferita colorò di rosso le foglie verdi. “Stella” perché ha la forma di una stella. Io ho scritto pure una filastrocca che finisce così: “Stella stella la chiamò / e la leggenda incominciò / E in ogni notte di Natale/ tante stelle colorate / ci fanno compagnia / e ritorna l’allegria”».

Quante varietà esistono?
«Tantissime, quella originale è rossa, ma ne esistono di molti colori. All’origine sono cespugli, arrivano anche a cinque o sei metri di altezza. In Sicilia ne ho visti di bellissimi. In zone meno calde, all’aperto, arrivano invece a circa mezzo metro».

Perché cambiano i colori?
«È opera degli ibridatori, “i gestori di matrimoni” delle piante, quelli che fanno “sposare” le piante tra di loro per migliorare la qualità, farle resistere al freddo, agli insetti, alla penuria di acqua. E così si ottengono pure i diversi colori. In Messico la pianta simboleggia la femminilità, infatti spesso viene utilizzata nel bouquet delle spose. Rossa simboleggia la passione, bianca il candore, rosa l’ingenuità, screziata la donna capricciosa, gialla la gelosia e verde l’amore per la natura».

Come si sceglie una buona pianta?
«Bisogna guardare bene il terreno: se è fresco è stata ben curata, se è troppo umido può nascondere sotto qualche muffetta, se troppo asciutto potrebbe avere problemi di acqua. Bisogna guardare anche le foglie, quelle verdi, girarle e vedere se sotto sono macchiate (per malattie o insetti). Le foglie devono arrivare fino alla base e non devono essercene cadute nel vaso: i fusti non devono presentare “nodi” e gibbosità che significano mancanza di foglie».

Perché cadono le foglie?
«Il suo ambiente ideale è caldo-umido. Le foglie cadono se la pianta è in un luogo troppo freddo o non c’è umidità o c’è troppa acqua nel terreno. Non va posizionata dove si aprono e chiudono le porte. Per umidificare l’ambiente si possono mettere vaschette d’acqua sui termosifoni e spruzzare sopra acqua decantata, mai quella del rubinetto, che se ricca di calcare provoca macchie sulle foglie. Il terreno deve essere fresco, mai inzuppato».

Quanta luce è necessaria?
«Serve luce diffusa e quindi va scostata dalla finestra, mai dove c’è sole diretto. Ogni due o tre giorni bisogna girarla di 90° in modo che tutte le parti ricevano la stessa luce e si sviluppi un bel cespuglio ricco di foglie su ogni lato».

Come va concimata?
«Si usano concimi ternari di azoto (N), fosforo (P) e potassio (K) in proporzione 10-10-10. Ne esistono già pronti. Si sparge un cucchiaio di concime nel terreno e poi si annaffia. È un concime a lenta cessione, non si scioglie subito, ma la sua azione dura fino a due mesi».

Serve un sottovaso?
«Sarebbe ideale un sottovaso alto, con uno strato di argilla espansa e acqua fino a metà altezza dell’argilla (si trasforma in umidità e si sprigiona attorno). L’argilla assorbe anche l’acqua in eccesso dall’annaffiatura, la trattiene e la cede come umidità nell’ambiente».

Si possono mettere gli steli in un vaso di fiori?
«Certo, si possono fare bellissimi centrotavola. Si mettono gli steli che sono stati bruciati o cauterizzati alla base (dove esce il lattice) in un bel calice con almeno 10 centimetri di acqua, perché il fusto deve assorbirla. In questo modo durano parecchi giorni».

Cosa fare dopo le Feste?
«Verso gennaio-febbraio quando comincia a perdere le foglie va potata: si tagliano i rami a cinque o sette centimetri da terra. La parte basale dei rami tagliati va bruciata o cauterizzata, quindi si interrano in un vaso di sabbia e torba ad almeno due “nodi” (le gibbosità che corrispondono a dove stavano attaccate le foglie), si annaffia leggermente e si tiene in casa vicino al termosifone. Anche la pianta che resta nel vaso si tiene in casa in una zona poco luminosa e con pochissima acqua. In primavera le piante si portano fuori a mezza ombra. A quel punto riprenderanno vigore con nuove foglie verdi. Se vogliamo che le foglie si colorino di rosso, vanno riportate in casa a novembre e bisogna stare attenti alla luce. Essendo piante brevidiurne vogliono giorno-corto e notte-lunga (10 ore di luce e 14 ore di buio). Questo ritmo biologico favorirà la pigmentazione delle foglie».

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