Red Canzian: «Dedico un musical a Casanova»

Red Canzian, storico bassista dei Pooh, sta preparando un musical dedicato che debutta a Venezia il 21 gennaio 2022.

Chiara Canzian, Red Canzian, Bea Niederwieser e Philipp Mersa
18 Novembre 2021 alle 08:40

Appena entro in una delle grandi stanze della sede storica dei Pooh in via Salomone rimango colpita dalla gigantografia luminosa del logo della band. «Questa scritta l’ho inventata io a Treviso nel 1978. Ero a casa mia con Paolo Steffan, il bassista del mio ex gruppo i “Capsicum Red”. Gli dissi che volevo un logo come quello degli “Yes”, con le lettere che si rincorrono» mi spiega Red Canzian che mi viene incontro con le braccia aperte e un gran sorriso mentre attraversa il lungo corridoio di quello che è diventato ora uno spazio polifunzionale gestito proprio da Red, storico bassista e compositore sin dagli anni settanta del gruppo fondato nel 1966. Incontri un “Pooh” e ti senti a casa. Red è amichevole con tutti quelli che incontra. Nella sua gentilezza, tutta naturale, riconosco la gratitudine che puo’ avere un artista nei confronti di un pubblico devoto e adorante che ha seguito lui e la band per mezzo secolo. Le pareti sono arricchite da poster e ritratti di protagonisti della musica internazionale. «Anche questi li ho fatti io. Dipingo per passione» mi spiega nel suo delicato accento trevigiano mentre mi fa cenno di mettermi comoda. L’occasione è il musical “Casanova” che debutta a Venezia il 21 gennaio 2022.

Per ogni ex Pooh che si rispetti ci vuole un musical. Mancava solo lei…
«Era molto tempo che pensavo di realizzare un’opera su Casanova che nell’immaginario è un dongiovanni, un libertino impenitente. Nel 2018 leggendo “Giacomo Casanova: la sonata dei cuori infranti” di Matteo Strukul (Mondadori) sono rimasto affascinato da particolari che non conoscevo. Ho sempre amato la figura di Casanova. E’ una storia sì romanzata ma con personaggi realmente esistiti. Ho scritto le musiche pensando a ogni singolo personaggio a cui ho dato forma e che ho cercato nei mille e settecento ragazzi che si sono presentati ai casting. Mi sono divertito a ricreare quei luoghi antichi, quei palazzi e ville, i costumi. Atmosfere che mi hanno sempre affascinato».

Perché Casanova e perché le piacciono così tanto quei tempi?
«Sono nato povero come lui ma ho vissuto con i miei genitori in una villa veneta bellissima che, solo per caso, era stata destinata alle famiglie più bisognose del paese. I miei pagavano 2 mila lire al mese. Da piccolo non capivo bene la differenza tra ricchi e poveri. Sapevo solo che vivevo in una villa con tre mega saloni. Sono cresciuto guardando affreschi di guerrieri, scene epiche di pittori della scuola del Tiepolo. Circondato da capitelli. Non a caso, ora abito in una casa del 1530 uguale a quella dove vivevo da piccolo, che ho comprato appena ho potuto».

E’ stato il suo primo sfizio non appena ha guadagnato suonando con i Pooh…
«La prima casa a Treviso l’ho comprata ai miei genitori. Ricordo ancora che mi presentai dal notaio con una ventiquattrore come quella dei ragionieri - che mi aveva regalato mio padre - piena di mille lire perché era con questa moneta che ti pagavano nei locali da ballo. Una casa che pagai venticinque milioni di vecchie lire e che è ancora lì».

E da ex povero che valore dà oggi ai soldi?
«Per me sono solo lo strumento che mi ha permesso di mettere in piedi questo musical che ho realizzato coinvolgendo grandi professionisti compresi i miei figli». 

Ci spieghi meglio.
«Chiara ha dato la voce a tutte le parti femminili. Phil (Philipp Mersa), figlio di mia moglie (Beatrice "Bea" Niederwieser, ndr), ha curato tutti gli arrangiamenti per orchestra essendo batterista e pianista. Lui mi conosce bene. Ha fatto con noi Pooh oltre duecento concerti dopo che andò via D’Orazio».

I figli dei Pooh sono una garanzia…
«Non mi sono mai posto il problema di coinvolgere i miei familiari perché mi sono detto: perché cercare gente fuori quando a casa ho persone artisticamente valide? Se avessi dovuto spiegare a un arrangiatore quello che volevo per questo musical ci avrei impiegato un mese. Con Phil ci vuole un attimo perché mi conosce bene».

A proposito dei figli dei Pooh quando sua figlia Chiara ha deciso di seguire le sue orme, cosa le ha detto?
«Ero contentissimo perché lei è talentuosa. I figli dei Pooh sono cresciuti in un ambiente creativo e stimolante. Francesco Facchinetti è un bravo conduttore, la sorella Alessandra è una stilista pazzesca, Dodi lavora bene in radio. I miei figli hanno seguito, come me la musica e, nell’ambiente, sono stimati».

In punta di piedi appare la moglie “Bea” che ascolta silenziosa la conversazione e ogni tanto annuisce. E sorride.

«Naturalmente c’è lei» mi dice Red presentandomela.

Ha coinvolto anche sua moglie in questo progetto?
«E’ il nostro terzo figlio, quello tutto nostro che non abbiamo mai avuto. Lei è il coproduttore del musical. Per il resto, Bea amministra le nostre vite. E’ una donna manager che fa il lavoro sporco, quello di amministrare le finanze e per questo non prende mai gli applausi. Lei si interessa della mia vita, dei figli, di sua madre e di mia madre fino a quando è rimasta in vita».

Da quanto siete insieme?
«Da mille anni (sorride). Da trent’anni. Lei è di Bolzano e abitava lì sui monti…».

“Bea” risponde a tono: “Abitavo a Corvara ma invece dei Pooh, io e i miei amici ascoltavamo solo musica inglese e americana”.

Come vi siete conosciuti?
«Eravamo coppie di amici che uscivano insieme. Ho conosciuto Bea che era incinta di Phil. Mi sono innamorato di lei. C’ho messo dieci anni a portarla via. Da quando è con me, ha cambiato frequentazioni, mi hai seguito. E’ il mio perno». 

Cinque anni senza i suoi Pooh. Il pensiero corre sempre lì o è una storia chiusa?
«Sono grato ai miei colleghi e a Dio per quello che mi hanno dato perché siamo riusciti a fare esattamente tutto quello che nessuno avrebbe potuto fare. Cinquant’anni insieme. Abbiamo chiuso in bellezza una carriera luminosa perché in genere una band nel tempo si impoverisce e perde smalto. Noi no. Certo all’inizio è stata dura fermarsi. Ti svegli al mattino e ti accorgi che improvvisamente sei da solo. Commentavamo tutto, ci prendevamo in giro. “Ma vedi come sei ingrassato” oppure “hai sbagliato qui o lì”. Forse avevamo bisogno anche di ritrovare noi stessi. C’era anche la necessità di non condividere per forza tutto. E Stefano è stato il primo ad accorgersi di questo».

C’è qualche gruppo in cui rivede l’energia dei Pooh?
«I Maneskin hanno una carica pazzesca. Damiano è fantastico. Io me ne sono accorto da quando li ho visti la prima volta. Andranno molto lontano».

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