Stefano Massini: «A teatro racconto il valore dei sogni»

Torna sul palcoscenico per raccontare Sigmund Freud e il suo “viaggio” dentro ciascuno di noi…

7 Novembre 2023 alle 08:02

Per i telespettatori è il narratore della quotidianità che ogni giovedì (e il 2 novembre ha festeggiato il 200° racconto) ci mostra un angolo di mondo dalla sua “finestra” a “Piazza pulita”. Oggi e nei prossimi mesi, invece, quel che Stefano Massini presenta e presenterà a teatro è un “angolo di mondo” veramente particolare, perché supera le barriere della realtà materiale e del tempo.

Arrivato al successo internazionale con “Lehman Trilogy” (il suo spettacolo premiato nel 2022 con cinque Tony, gli Oscar del teatro), Massini oggi sta portando in tournée “L’interpretazione dei sogni”: è il racconto della vita di Sigmund Freud, letta attraverso alcuni casi di cui egli stesso si occupò come fondatore della psicoanalisi.

“L’interpretazione dei sogni” ha appena lasciato il Piccolo Teatro di Milano dopo dieci spettacoli col tutto esaurito; muove verso il Teatro Gobetti di Torino (dal 7 al 12 novembre) e poi andrà a Perugia, Genova, Roma e dopo avanti, ancora in Italia e in Europa. Ma com’è possibile fare uno spettacolo su Freud? Massini comincia il suo racconto per noi: «Ho cominciato a lavorare sulla figura di Freud e sui suoi libri (non solo il fondamentale “L’interpretazione dei sogni”) nel 2010. Nel 2017 c’è stato un primo punto d’arrivo col romanzo “L’interpretatore dei sogni” (edito da Mondadori; 13,50 euro, ndr), poi è arrivato lo spettacolo. Ho tempi molto lunghi: prima che decida di fare una cosa, bisogna che questa abbia già messo bene radici dentro di me».

Il protagonista della scenografia è un grande occhio: chi ci guarda?
«Quando vediamo un occhio, pensiamo sempre che ci guardi. Qui, invece, ci si apre a un’altra possibilità: noi siamo dentro l’occhio e dunque guardiamo chissà cosa oltre il palcoscenico. Non per nulla lo spettacolo si apre col racconto di un Freud 35enne che si trova in casa una cameriera terrorizzata per aver sentito la figlia di 4 anni di Freud dire che suo padre può guardare dentro la testa della gente entrandoci da un occhio».

Il “dottor Freud di Vienna” è stato un colosso del pensiero…
«Finì di scrivere “L’interpretazione dei sogni” tra il 1898 e il 1899, ma decisero di aspettare a pubblicarlo per poterlo datare 1900: si rendevano già conto del fatto che avrebbe cambiato il Novecento. Era marketing prima che esistesse il marketing».

Però rimane in molti una perplessità: «Perché dovrei raccontare i miei sogni? Non sono solo chiacchiere?».
«I sogni si raccontano perché hanno un significato. Per lungo tempo sono stati considerati materiale di scarto, ma contengono moltissimo di noi proprio perché sono scartati. Pensi a quanto scoprirebbe di lei uno che guardasse che cosa c’è nella sua spazzatura: ci finisce tutto quanto!».

Che idea s’è fatto di Freud? Le sta simpatico?
«Molto! È sbagliato pensare che il suo contributo sia stato solo quello di “scatenare” la categoria degli psicoanalisti. Freud è anche indipendente dalla psicoanalisi: è stato un occhio che si è posato per la prima volta sulla nostra psiche, i nostri sogni... Ha contribuito ad aprire un nuovo modo di leggere noi e ciò che ci sta intorno: chi non ha sofferto almeno una volta per una paura, un’ansia, una fobia? Lui ci ha aiutato a prendere atto del fatto che le “scottature interiori” sono legittime».

Lo spettacolo è un monologo che dura circa 100 minuti, senza intervallo. Per lei dev’essere anche uno sforzo fisico non indifferente…
«A volte mi chiedono come faccia a essere così “sciolto”, come se non recitassi il testo, ma lo dicessi normalmente. Tutto sta in un lavoro immane che definisco non di memorizzazione, ma di “accoglimento” del testo sotto la pelle. Deve diventare una cosa così mia che non devo fare più alcuno sforzo per muovermi o parlare in un certo modo. L’ho provato per mesi e mesi e mesi».

Ma lei ha un sogno ricorrente?
«Come spesso accade, ho sogni che cambiano a seconda del periodo. Noi pensiamo di avere momenti nella vita in cui non sogniamo, ma Freud dice che non è così: sogniamo immancabilmente ogni notte. La differenza sta nel ricordare o non ricordare i sogni».

Io non riesco a ricordarli: è perché sono distratto o non voglio farlo?
«Semplicemente in quel momento o ha la testa presa da altro, o non trova la necessità di ricordare. Ma i sogni li ha, eccome: di notte li sente, li vede, li vive».

I sogni vanno bene, ma che cosa dobbiamo pensare degli incubi?
«Freud dice: “I sogni sono sempre per il bene di chi li fa”. Nello spettacolo c’è una paziente che fa sempre un sogno terrificante e dice: “Meno male che adesso non dormo più!”. Freud le spiega che in realtà l’incubo serve ad aiutarla e non a farla stare male. Ogni sogno contiene qualcosa che sta cercando di aiutarci, di soccorrerci. I sogni non ci vogliono mai sabotare!».

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