Vent’anni sono un’era geologica nei videogame: nel 2003, quando è uscito il primo Call of Duty, c’era la PlayStation 2 e Microsoft aveva lanciato da un paio di anni la sua prima Xbox. Da allora, i soldati di Call of Duty hanno combattuto sui fronti della guerra moderna del Medio Oriente e della Russia post-comunista, quella ultra futuristica con le corporazioni e gli esoscheletri, o addirittura sono stati mandati in missione da Ronald Regan durante la Guerra Fredda. Puntuale come ogni anno, il nuovo capitolo di Call of Duty torna in un ambiente confortevole e già ampiamente esplorato: la Seconda Guerra Mondiale, teatro dei primi episodi e di un reboot di qualche anno fa che era piaciuto parecchio.
Se finora le incursioni di Call of Duty nel secondo conflitto mondiale avevano seguito campagne storiche come lo Sbarco in Normandia o la difesa di Stalingrado, Vanguard si apre con una missione che ha un’ispirazione molto più fantasiosa. Fino a oggi Call of Duty è stato il "Salvate il soldato Ryan" dei videogame, ora tenta una strada più vicina agli eccessi e alle licenze poetiche di "Bastardi senza gloria".
Il trailer
La recensione
Il Commando internazionale
La campagna single player di Vanguard inizia su un treno alle porte di Amburgo: siamo nel 1945 e la Germania nazista è a un passo dalla caduta. Su questo convoglio si è infiltrato un commando Alleato molto particolare: c’è un australiano che odia le regole e gli ufficiali, la spietata cecchina russa con ferite nell'anima da vendicare a fucilate, il pilota americano gradasso su cui non si può fare mai affidamento, e l’ufficiale inglese che ha l’ingrato compito di guidare questa missione dietro le linee nemiche. Un campionario di cliché che si ispira palesemente a certi film di guerra degli ultimi cinquanta anni, da "La sporca dozzina" al già citato "Bastardi senza gloria", puntando più sullo spettacolo che sulla rigida accuratezza storica. Qualcuno potrebbe chiedersi come e perché una russa abbia attraversato il territorio nazista per aggregarsi a un gruppo di occidentali in Germania, o magari come il pilota americano sia arrivato ad Amburgo partendo dal Pacifico, ma non importa. Siamo parte di una squadra alleata e stiamo correndo sui tetti di un treno, facendo fuori nazisti insieme ai nostri compagni: non abbiamo tempo per certe quisquilie!
Nel giro di venti minuti, il commando multinazionale passa dallo slalom sui treni tedeschi in piena corsa, all’assalto di un sottomarino, per poi finire in un carcere della Gestapo di Berlino. Qui l’ufficiale nazista che ci interroga vuole sapere tutto su di noi. Poco importa che i russi siano nelle strade e stiano assaltando il Reichstag: è l’occasione perfetta per raccontare la storia di ogni componente del team.
Dal Nord Africa al Pacifico, passando per il D-Day e Stalingrado
Nel carcere nazi, vivremo in prima persona i flashback dei personaggi di Vanguard interrogati a turno dal loro aguzzino: viaggeremo letteralmente per mezzo mondo, impersonandoli uno dopo l’altro. Scopriremo così che la cecchina russa ha vissuto in prima persona il tragico assalto a Stalingrado, mentre il pilota americano era su un bombardiere durante la battaglia delle Midway, per poi finire su un’isola in mano ai giapponesi combattendo con una delle unità di soldati di colore impiegate nell’area dallo Zio Sam. L’ufficiale inglese si è distinto durante il D-Day, quando è stato paracadutato dietro le linee nemiche per distruggere delle batterie tedesche che minacciavano lo sbarco, mentre l’australiano se l’è vista brutta nel deserto nord africano, affrontando le armate di Rommel a Tobruk e la battaglia di El Alamein. Un vero ottovolante tra i teatri più celebri della Seconda Guerra Mondiale, in cui scopriremo non solo la storia dei personaggi, ma anche le loro abilità speciali.
Intensa, caratterizzata, ma breve: la campagna single player
La “storia” di Call of Duty durerà circa sei ore, qualcosa di più se la affronterete ai livelli di difficoltà più elevati. Il gioco è il classico Call of Duty: i livelli sono dei “tunnel” a senso unico che dovrete seguire senza molta libertà, proprio come da tradizione fin dai primi capitoli del gioco. Se questo funziona molto bene in alcuni livelli, come quello di Stalingrado dove macerie o edifici limitano la vostra esplorazione in modo comprensibile e naturale, in altri – soprattutto nell’isola nel Pacifico – vi capiterà spesso di trovare dei “muri invisibili” che vi impediscono di muovervi liberamente. Considerando che oggi molti giocatori sono abituati a muoversi in ogni dove (basti pensare al recente Far Cry 6), potrebbero storcere il naso di fronte a queste limitazioni. D’altra parte, sono le regole del gioco: Call of Duty è un palco su cui va in scena l’azione e voi siete il protagonista attorno a cui ruota tutto. Non è un “teatro” enorme, ma è caratterizzato molto bene: le case diroccate di Stalingrado, come le campagne della Normandia o i canyon del Nord Africa sono un vero spettacolo e l’azione è sempre esplosiva. Peccato solo che l’azione corale del gruppo di commando, in cui i membri del team collaborano a stretto contatto sia limitata all’ultima missione.
Solido e pieno di conferme: il multiplayer
Niente di clamorosamente nuovo nemmeno nel multiplayer, che ormai da anni è il vero protagonista di Call of Duty: torna Warzone (che è la componente “alla Fortnite” scaricabile anche separatamente, in modo gratuito) e le classiche modalità multiplayer con il deathmatch a squadre, Dominio e Pattuglia, che introduce la rispettabile novità di dover controllare un “punto mobile” sulla mappa. C’è anche la partita a eliminazione diretta (Collina dei Campioni) e la possibilità di decidere il “ritmo” della partita multiplayer. Giocando a Tuscany, la mappa ambientata in Italia, in 6 contro 6, i veterani di Day of Defeat o Counter Strike si sentiranno davvero a casa. Non manca il multiplayer con gli zombie, altro ingrediente immancabile degli ultimi capitoli: questa volta si viaggia attraverso dei portali giocando con degli amici per far fuori i mangia cervelli.
Squadra che vince, perché si dovrebbe cambiarla?
Dopo venti anni di Call of Duty, sarebbe pretestuoso stupirsi del fatto che Vanguard scelga come tutti gli altri predecessori la medesima strategia senza tentare nuove strade o inventarsi un gameplay originale: single player di sei ore che introduce, di base, al setting e alle ambientazioni; multiplayer corposo, ma classico e gli zombi come divagazione extra per chi preferisce le battaglie un più esoteriche. Squadra che vince non si cambia e questo vale anche nei videogame. Difficile consigliare l’acquisto solo per la campagna single player a prezzo pieno, visto che sebbene sia molto varia e ben curata in questa sua incarnazione un po’ fantasiosa, si esaurisce in un pomeriggio o due. Chi cerca il multiplayer classico di CoD, troverà solide conferme e qualche piccola novità, sentendosi immediatamente a suo agio.
Call of Duty: Vanguard è disponibile per console PlayStation 4 e 5, Xbox One e Series X|S, e PC. Il gioco è completamente tradotto nella nostra lingua e ha PEGI 18+.
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