Un videogioco violento, che tocca temi importanti e che aiuta a riflettere trasportandovi nella Louisiana di fine anni '60

Questa, lo si intuisce dal titolo, è una storia di violenza. Non racconta solo della malavita organizzata alla fine degli anni ’60, ma anche del razzismo che in quegli anni e in quei posti era normale. Siamo a New Bordeaux, metropoli di fantasia che ricorda molto New Orleans, ed è il 1968: gli Stati Uniti devono ancora riprendersi dagli assassini di Kennedy e di Martin Luther King. Da queste parti, le persone di colore hanno lavandini nei bagni e posti a sedere sull’autobus separati dai bianchi, e vivono quasi tutti in catapecchie al confine con la malsana palude.
Mafia III racconta la storia di uno di loro, Lincoln Clay, che voleva solo sistemare le cose: sopravvissuto al Vietnam e tornato alla sua città natale, aveva deciso di fare un ultimo “colpo” in banca per pagare i debiti del padre. Qualcosa è andato storto e si è ritrovato con un colpo in testa e tutti gli amici più cari morti ammazzati. Ora vuole vendetta, solo sfrenata vendetta.
Per le strade di Mafia III
Un’intera città a vostra disposizione. Come succede nel celebre e altrettanto violento GTA, in Mafia III avrete a disposizione tutta la metropoli: potrete visitare i diversi quartieri di New Orleans liberamente, e girovagare per le strade della città del sud è un vero spettacolo. Ogni edificio è diverso da quello vicino, e il gomitolo di strade e ponti vi porta davanti a edifici molto caratteristici, dalle gigantesche aree di servizio degli anni ’60 alle costruzioni in legno con i “balconcini” tipiche dell’architettura locale.
Il gioco ha un taglio davvero cinematografico, specie nelle prime ore: le scene di azione, in cui tentate un colpo in banca spettacolare, sembrano girate da Martin Scorsese, con flashback e flashforward stile documentario che raccontano quello che stava succedendo in quegli anni. Così, anche se non avete mai sentito parlare della sporca guerra del Vietnam e del clima d’odio della segregazione razziale nella terra dello Zio Sam, verrete calati molto velocemente nell’ambientazione.
Superata la fase iniziale, controllerete un Lincoln Clay in cerca di vendetta: la “famiglia” italiana gli ha giocato davvero un brutto scherzo, e deve trovare il modo di fargliela pagare con gli interessi. A differenza di altri giochi simili, come il già citato GTA e i due precedenti Mafia, questo è quasi un gioco di conquista: New Orleans è divisa in quartieri, ognuno dominato da uno sgherro della famiglia mafiosa vostra antagonista. Grazie all’aiuto di un amico e ex-commilitone della CIA, riuscirete a scoprire tutti i dettagli dei loschi traffici di questi sgherri, e dovrete render loro impossibile la vita nel loro quartiere finché non decideranno di emergere dai loro nascondigli: distruggere i loro punti di distribuzione di liquori di contrabbando, il controllo del “sindacato” al porto, i giri di prostituzione. Dopodiché, dovrete affrontare questi “mini-boss” e farli fuori.
Quindi, invece che le mille attività di GTA (dove potete fare di tutto, come andare al pub, in palestra o addirittura a caccia di dischi volanti) o la storia serrata dei primi due Mafia, qua dovrete affrontare una routine che si ripete ciclicamente: scoprire dove sono le attività di ogni “capitano” della famiglia avversaria, creargli abbastanza danni da costringerli a uscire dai loro nascondigli, e poi ucciderli in una missione “finale” generalmente un po’ più scenografica.
Un gioco piuttosto diverso, quindi, dal solito GTA: meno cose da fare, e meno missioni coinvolgenti, ma molti più combattimenti e azione. Il “gunplay”, le sparatorie del gioco, sono molto solide: è vero che Lincoln è sempre avvantaggiato (ha un “sesto senso” speciale per scovare i nemici nascosti, li vedete proprio attraverso le pareti), ma la quantità di avversari generalmente è tale che dovrete affrontare questa miriade di missioni corte e rapide con un po’ di astuzia e cercando di rimanere il più possibile nascosti, altrimenti rischiate di finire a veder crescere le margherite dalla parte sbagliata, quella delle radici.
Mafia III, da questo punto di vista, piacerà molto agli appassionati di sparatorie furiose, e un po’ meno a chi è in cerca di una bella storia alla Quei bravi ragazzi, e alle missioni epiche tipo la rapina in banca di GTA IV o quella della gioielleria di GTA V.
L’aspetto grafico è di buon livello: la città è realizzata con cura certosina, e pur esplorandola a fondo (a caccia degli immancabili “collezionabili”, che qua sono dei poster di Playboy e dei dischi dell’epoca) non avrete la sensazione di entrare in case e edifici realizzati con il “copia e incolla” selvaggio. I filtri grafici utilizzati funzionano molto bene soprattutto di notte, quando il profilo della città sullo sfondo sembra quasi fotorealistico. In altri momenti, invece, si scorgono dei “bug” fastidiosi, come cambiamenti di illuminazione repentini e ingiustificati – qualche settimana in più di betatesting e controlli non avrebbe guastato. La colonna sonora del gioco, che riprende tutti i principali successi dell’epoca, è invece semplicemente stupenda, ma riuscire a sbagliare con la musica fine anni ’60 è praticamente impossibile.
Al di là dell’aspetto grafico e della ripetitività delle missioni, prima di acquistare Mafia III dovete considerare che è un titolo molto violento e soprattutto che tocca corde molto sensibili: giocherete nei panni di uno scapestrato reduce di colore in un’America dove era perfettamente normale cacciare un nero da un bar di bianchi a spintoni o considerare le persone di colore “inferiori”. Già solo per questo, il gioco merita la vostra attenzione: un viaggio nel tempo in cui si salta, per molti di noi, dalla parte dei reietti e dei discriminati. Assolutamente sconsigliato ai minorenni.