Non è il solito videogioco in cui bisogna sparare a tutto quello che si muove, ma anzi va affrontato con astuzia e intelligenza. Un mondo alternativo molto più oscuro e deprimente del nostro: riuscirete a esplorarlo?
1964, Gran Bretagna. La vita è molto dura, anzi, è un vero schifo. La Seconda Guerra Mondiale l’hanno vinta i nazisti, l’Impero si è dovuto piegare all’invasione tedesca e gli inglesi hanno dovuto subire un’oppressione malvagia. Il governo però non vuole cittadini tristi, arrabbiati e pronti alla ribellione: li preferisce felici e gaudenti. Per questo motivo distribuisce una droga obbligatoria, la Gioia, che tutti devono prendere più volte al giorno. Una pillolina e tutto diventa colorato e spensierato, i problemi spariscono e ci si dimentica del brutale passato.
«We Happy Few» è ambientato in un mondo alternativo: non è il solito videogioco in cui bisogna sparare a tutto quello che si muove, ma anzi va affrontato con astuzia e intelligenza (e una buona dose di pazienza, perché non perfetto). E magari fa anche riflettere, proprio come un romanzo di Orwell o di Huxley.
Il trailer
Il risveglio dalla Gioia
Il protagonista di «We Happy Few» è Arthur, un impiegato perfettamente integrato negli ingranaggi del Potere: il suo lavoro è leggere i giornali presenti e passati e censurarli per evitare che le brutte notizie circolino o siano ricordate, un po’ come succedeva al Ministero della Verità in «1984». Un giorno però Arthur si ricorda di aver avuto un fratello e che è scomparso subito dopo l’arrivo dei tedeschi. Comprendendo che non può recuperare la memoria se continua a prendere le pillole di Gioia, interrompe l’assunzione della droga. Questo però gli causa subito dei problemi, perché la società “civile” respinge i “tristi” che non si impasticcano di continuo. Inizia così, con una rocambolesca fuga, l’avventura che vi porterà in compagnia di Arthur (poi si aggiungeranno altri personaggi da controllare, verso la fine del gioco) alla scoperta della terribile verità tenuta nascosta dal governo.
Come si gioca a We Happy Few
Guardando i video o le foto, «We Happy Few» potrebbe sembrarvi uno sparatutto alla Call of Duty. Niente di più sbagliato. Non si può sparare e il combattimento in corpo a corpo deve essere sempre la vostra ultima alternativa: Arthur deve imparare a nascondersi nell’ombra, trovare strade secondarie per arrivare ai suoi obiettivi o ingannare i cittadini “per bene” che prendono la Gioia e pronti a linciare a vista chiunque non la usi. La prima area del gioco è un enorme “giardino” dove Arthur può muoversi abbastanza liberamente perché è abitato da altri “tristi” che rifuggono all’uso della Gioia, ma già dalla prima cittadina dovrà nascondersi accuratamente o fingersi un cittadino ligio alla legge, pena la morte praticamente immediata.
Il gioco propone una serie di missioni principali che, una dopo l’altra, vi porteranno nei quattro angoli del mondo di gioco, ma anche moltissime attività secondarie che potrete decidere di “risolvere” per ottenere vantaggi di ogni tipo. C’è il farmacista che non riesce a parlare alle donne e ha bisogno di un Cyrano De Bergerac personale che gli suggerisca le frasi migliori per conquistare la sua bella, il cuoco catturato dai malviventi che, se liberato, vi preparerà dei deliziosi manicaretti, le case abbandonate da esplorare. «We Happy Few» è soprattutto un’avventura da scoprire passo dopo passo e dove userete molta più materia grigia che i riflessi come in uno sparatutto.
Ispirazioni distopiche
Giocando a «We Happy Few» noterete moltissimi riferimenti a «1984», «Brave New World» e persino ad «Arancia Meccanica»: uno degli aspetti più riusciti del gioco è proprio l’ambientazione da “mondo alternativo”, assieme all’ironia delle situazioni e dei dialoghi che incontrerete. Per esempio, dovrete recuperare dei documenti da un agente governativo che è finito in una casa di piacere e per entrare (senza dover uccidere chiunque vi si pari di fronte) dovrete vestirvi in modo molto… bondage. C’è quasi sempre una soluzione per evitare lo scontro diretto con soldati, poliziotti e cittadini sotto l’influsso della Gioia, sia esso una condotta dell’aria che vi fa evitare le guardie oppure un oggetto che, se scambiato con l’agente giusto, vi permette di passare il controllo senza usare le armi. È persino possibile finire il gioco senza uccidere neanche un nemico, anche se è oggettivamente abbastanza complicato.
Se avete giocato videogame come Dishonored o Bioshock, vi troverete a casa, anche se in «We Happy Few» è ancora più difficile e sconsigliabile l’uso delle armi e della violenza rispetto al nascondersi nell’ombra.
Un gioco maturo
Per temi e situazioni, consigliamo «We Happy Few» a un pubblico maturo. Non tanto per la violenza, ma perché i più giovani difficilmente coglieranno i riferimenti e le citazioni, e non riusciranno a gustarsi l’atmosfera orwelliana del gioco.
È un gioco, peraltro, pensato per gamer con un po’ di esperienza, perché non vi conduce passo dopo passo per mano. Spesso dovrete capire da soli cosa fare e, soprattutto, come farlo. La difficoltà del gioco, unita a qualche sbavatura e difetto che purtroppo noterete presto (per esempio, il sistema di salvataggio vi costringe a rifare interi livelli, visto che “salva” solo all’inizio della mappa) rendono «We Happy Few» un gioco (quasi lo dice il titolo stesso) per pochi gamer navigati e una buona dose di pazienza. Questi felici pochi, però, potranno gustarsi un gioco profondo, maturo e diverso dal solito, che fa riflettere sulle contraddizioni del mondo “moderno”. Per palati fini.
We Happy Few è disponibile per Xbox One, PS4 e PC.
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