Viva la pizza, ma non metteteci l’ananas…

Il 17 gennaio viene celebrata la Giornata mondiale del nostro alimento-simbolo, che in molti Paesi ha strani ingredienti

17 Gennaio 2022 alle 08:00

Il 17 gennaio tutti in pizzeria per festeggiare... la pizza! Lunedì si celebra infatti la Giornata mondiale della più famosa pietanza di origine napoletana. A proposito, ma siamo proprio sicuri che sia napoletana? Da questo dubbio possiamo far partire il nostro viaggio nelle curiosità di questo universo di gusto.

Le origini

Secondo lo storico Alessandro Barbero, la pizza discende dalla “pita”, una focaccia di farina cotta al forno che i Romani mangiavano con l’olio. Ma i Longobardi tendevano a pronunciare la “t” come una “z”; da qui la parola “pizza”. A Napoli nel Medioevo questo termine si usava anche per definire le torte dolci, ma poi si identificò sempre di più con il piatto che conosciamo oggi.

Tricolore da mangiare

La pizza Margherita ha addirittura una data di nascita precisa: fu creata nel giugno 1889 dal cuoco Raffaele Esposito per onorare la regina Margherita di Savoia. Il condimento con basilico (verde), mozzarella (bianco) e pomodoro (rosso) rappresentava i colori della bandiera italiana.

Il timbro dell’Unesco

A scanso di ulteriori equivoci, l’unicità della vera pizza napoletana è stata confermata anche dall’Unesco, che dal 2017 l’ha riconosciuta come “patrimonio culturale dell’umanità”.

La tradizione accetta solo due versioni

Le varietà di pizza sono virtualmente infinite, ma secondo i puristi (per esempio gli iscritti all’Associazione Verace Pizza Napoletana) ne esistono solo due: la Margherita e la Marinara. Quest’ultima è detta così perché era il cibo che i pescatori della Baia di Napoli mangiavano quando tornavano a casa.

Quanti pizzaioli!

Secondo la rivista specializzata “Ristorazione italiana”, in Italia ci sono 75.500 pizzerie (contando anche quelle da asporto) e i pizzaioli sono circa 105.000, di cui 80.000 di nazionalità italiana, 20.000 egiziani o marocchini e 5.000 dell’Est Europa. Nei weekend questo numero quasi raddoppia, con il coinvolgimento di altri 70.000 aiuto-pizzaioli.

Ci manca una rotella

Anche se abbiamo dimostrato che la pizza è senza alcun dubbio un piatto italiano, ciò non toglie che gli stranieri abbiano contribuito alla tradizione non solo con improbabili “varianti” (vedi il tondo a lato), ma anche con ingegnosi contributi tecnici. Per esempio la tipica “rotella tagliapizza” non è nata in Italia ma negli Stati Uniti e per la precisione ad Asheville: David S. Morgan la creò nel 1862.

Per chi ama fare i calcoli

Il “teorema della pizza” è un teorema molto complesso riguardante la divisione di un cerchio in varie parti. Le applicazioni pratiche? Per esempio permette di tagliare una pizza in 8, 12, 16 o 20 fette diverse e poi distribuirle a due persone secondo una precisa sequenza, con la certezza che alla fine ne mangeranno ognuna la stessa quantità. A patto che siano due matematici...

Nel mondo

La pizza diventò un piatto internazionale agli inizi del Novecento grazie ai nostri emigranti, che la esportarono facendo spesso nascere delle versioni locali, come la “pizza di Chicago”, dal bordo altissimo riempito di formaggio e salsiccia, o la temutissima (dagli italiani) “pizza hawaiana”, condita con ananas sciroppato.

Al cinema

Non ci sono dubbi: la pizzaiola più bella di sempre è Sophia Loren in “L’oro di Napoli” (1954) di Vittorio De Sica. Esiste anche un film d’animazione che racconta (in maniera assai fantasiosa) la nascita del piatto: ”Totò Sapore e la magica storia della pizza” (2003), diretto da Maurizio Forestieri e ambientato ovviamente a Napoli.

Come riconoscere le più buone secondo Ciro Oliva

La sua pizzeria “Concettina ai Tre Santi”, nel quartiere Sanità, è meta di veri pellegrinaggi. Perciò abbiamo chiesto a Ciro Oliva come riconoscere una pizza di qualità.

  1. La vera pizza napoletana non è mai perfettamente rotonda (dettaglio che di solito rivela una lavorazione meccanica).
  2. L’impasto è soffice ma non “molle”. Per ottenerlo servono almeno 12 ore di lievitazione.
  3. Almeno parte del basilico va aggiunto crudo a fine cottura, così da non perdere colore e proprietà (e a chi lo scarta perché crede sia solo una decorazione dico: mangiatelo, è buonissimo!).
  4. Per la Margherita servono i pomodori San Marzano. Ma si possono usare altre varietà (come i datterini) per le varianti.
  5. L’olio non va scelto a caso: per esempio deve essere più leggero sulla Margherita (per non rovinarne la delicatezza) e più forte sulla pizza alla bufala.
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