1984, un anno magico. Pippo Baudo e i Festival degli scandali

Le schedine del Totip, le proteste degli operai, il playback dei Queen, il “pancione” della Bertè...

Al Bano e Romina Power nel 1984
6 Agosto 2024 alle 08:10

Voti comprati, denunce, accuse di blasfemia, scandali a pioggia: mettetevi comodi e prendete i pop corn, perché il nostro tour degli Anni 80 ci porta oggi nei Festival di Sanremo, a partire dall’edizione 1984 che non si è fatta mancare davvero nulla. È il secondo Sanremo di Pippo Baudo, 16 anni dopo quello del 1968 (ne condurrà 13), che vede il trionfo della coppia Al Bano e Romina Power con “Ci sarà”, incoronata a furor di popolo con oltre due milioni di voti del pubblico. Sms? No. Schedine del Totip, quelle per giocare sui cavalli, vero antenato del moderno televoto. Altro che mandare codici col cellulare dal divano, bisogna andare in ricevitoria e apporre una X sul nome del proprio vincitore. Molto semplice e a prova di magheggi? Macché, basti pensare che per votare Pupo va messa la X su Loretta Goggi: la cronaca narra che la Goggi si sia ritirata all’ultimo, a schedine ormai stampate, sostituita da Pupo con polemiche a valanga. Lei passa alle vie legali, spiega che non ha mai voluto partecipare, che la sua firma di adesione è stata contraffatta. Ma c’è di più.

Look sgargianti e capelli cotonati

Pupo, anni dopo, svela di aver speso 75 milioni di lire in schedine Totip per autovotarsi (si piazzerà quarto). Per il povero Baudo c’è anche la grana del playback, che quell’anno è obbligatorio sia per i cantanti in gara sia per gli ospiti. Sul palco salgono nientemeno che i Queen che inscenano una protesta iconica durante l’esibizione di “Radio Ga Ga”: la canzone c’è ma Freddie Mercury tiene il microfono lontano dalla bocca e i musicisti suonano controtempo. Anche l’anno prima alcuni artisti vengono costretti a cantare per finta, tra cui Vasco Rossi, che si ribella abbandonando il palco mentre la sua “Vita spericolata” (che arriverà penultima) è ancora in esecuzione. Il 1985 è l’ultimo anno del playback, segnato da un altro episodio surreale: Simon Le Bon dei Duran Duran perde il microfono mentre sta cantando “The Wild Boys”, ma il brano va avanti con la sua voce (e lui scoppia a ridere). Pippo è una calamita di imprevisti, nel 1984 porta sul palco anche un gruppo di operai dell’Italsider di Genova che manifesta contro i licenziamenti, ma il suo Festival di 40 anni fa è rivoluzionario per tanti motivi. Volendo evitare che un emergente possa battere i Big, come accaduto nel 1983 con Tiziana Rivale (vinse con “Sarà quel che sarà”), introduce per la prima volta la categoria delle Nuove proposte. Scelta azzeccatissima: trionfa il 21enne Eros Ramazzotti con “Terra promessa”.

È anche l’anno in cui il look degli artisti diventa parte dello show, con la divina Patty Pravo che folgora tutti con un abito da geisha argento metallizzato (firmato Gianni Versace), maxi-ventaglio e acconciatura orientale. Anna Oxa, invece, con vestito minimal nero e capelli biondi alla Marilyn Monroe, è circondata da due sosia che indossano i suoi abiti del passato (come la giacca e la cravatta di “Un’emozione da poco”, Sanremo ’78). Senza dimenticare Romina Power “esotica”, con orchidea nei capelli, o Fiordaliso cotonatissima, che si classifica quinta con “Non voglio mica la luna”. Il look dello scandalo per eccellenza però arriva nel 1986, quando Loredana Bertè si presenta con un minidress di pelle nera con finto pancione, simulando una gravidanza inoltrata. Mentre l’anno dopo l’ospite Patsy Kensit canta con un abitino monospallina che inevitabilmente scivola giù, svelando per un istante le grazie della cantante («Questa spallina che casca sempre!» esclama Baudo alla fine).

Spalline a parte, quello del 1987 è un Festival d’oro per Pippo (su Sorrisi si gode il successo in Sicilia con l’allora moglie Katia Ricciarelli): è la prima edizione rilevata dall’Auditel e a oggi la più vista di sempre (18 milioni e 300 mila spettatori alla finale, share del 77,5%), segnata dall’annuncio in diretta della morte di Claudio Villa, da Whitney Houston che canta “All at once” e concede uno storico bis, e dalla vittoria di Morandi-Ruggeri-Tozzi con “Si può dare di più”.

I figli d’arte e il monologo di Grillo

Il decennio si chiude con il Sanremo del 1989 condotto dai figli d’arte (Rosita Celentano, Gianmarco Tognazzi, Danny Quinn e Paola Dominguin), travolto da mille polemiche a partire da uno sketch giudicato blasfemo del Trio: Tullio Solenghi vestito da santo con l’aureola recita una preghiera con Anna Marchesini e Massimo Lopez («A te Rai onnipotente, perdona loro perché non sanno quello che cantano»). Ci si mette pure Beppe Grillo che nel suo monologo comico sbeffeggia politici, dirigenti Rai, artisti («Ecco il mio fallimento, essere qui a parlare di Jovanotti, dove andremo a finire!»). Visti i Festival “tranquilli” degli Anni 80, Carlo Conti e l’edizione 2025 possono dormire sereni.

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