«Mi chiedi di Like a Prayer? È stato un album molto complesso per me perché la mia vita attuale è molto complessa. Ho usato tutte le canzoni del disco per urlare al mondo cosa mi stesse passando nella testa. Credimi, non è stata esattamente una passeggiata… » (Madonna, 1989)
Nell'autunno del 1988 Madonna, fresca trentenne (è nata il 16 agosto 1958), aveva tre cose in testa: ballare, pregare e purgarsi da alcuni drammi privati. E queste ansie dell'anima erano: il lutto mai rimosso per la morte della madre, il rapporto conflittuale col padre e l'imminente, drammatico divorzio dall'attore Sean Penn.
Già, l'autunno del 1988. Che periodo incredibile fu quello. Il mondo politico stava definitivamente cambiando, il disgelo USA/URSS era al suo picco e nessuno fortunatamente parlava più di attacchi nucleari. Steve Jobs era in esilio dalla Apple e stava covando le sue belle vendette tecnologiche. In Italia invece fischiettavamo "In questo mondo di ladri" di Antonello Venditti e una corazzata calcistica (il Milan di Arrigo Sacchi)col suo gioco impavido avrebbe cambiato il football per sempre.
In mezzo a tutto questo marasma Madonna cominciò a lavorare al suo quarto album, reduce da due bestseller globali come "Like A Virgin" (1984) e "True Blue" (1986), ma anche da sferzanti bastonate della critica che non le aveva perdonato la sua finora illusoria carriera cinematografica (il flop di "Who's That Girl") oltreché un modo di concepire il pop da ragazzina.
In quel ottobre 1988, la distanza che separava Madge da una Joni Mitchell o una Kate Bush - donne fatte e formate che mettevano il femminino al centro della loro musica – era come viaggiare in skateboard da Pacentro (dove Madonna ha le sue radici familiari) fino alla California.
Nel giro di poco, però, tutto sarebbe cambiato. Perché questa, in definitiva, è la storia di "Like A Prayer". Il disco più bello, amato e venduto della signora Louise VeronicaCiccone. Un album che esattamente oggi (21 marzo 2019) compie trent’anni, ma non ha neanche una ruga, una smagliatura o un capello bianco. Un brano fuori posto. Un punto debole. Perché, signore e signori, qui stiamo parlando di un vero capolavoro...
Cherish
Tutto cominciò da qualche parte nella Valley losangelina. In uno studio attrezzato ci sono due persone che hanno molte cose da raccontarsi. Una è Madonna, assetata di novità. L'altra è il produttore Patrick Leonard, un tipo fidato visto che ha già lavorato con lei su "True Blue", sulla colonna sonora di "Who's That Girl",oltre ad averla seguita in tour come direttore artistico. Pat ha un gran orecchio, scrive musica complessa con diverse melodie al suo interno (sua frase illuminante: «Io incasino il pezzo, Madge lo semplifica. Nel senso buono del termine, ovviamente») e, fattore non trascurabile, è anche lui originario del Michigan come la sua datrice di lavoro che è di Bay City.
Spiega Madonna: «In realtà Pat e io non è che siamo due allegroni festaioli anche se, dalle canzoni composte assieme, si penserebbe il contrario. No, siamo due malinconici nerd del Michigan, gente che ha le proprie lune. I nostri momenti migliori li abbiamo sempre avuti quando eravamo entrambi giù di corda. Lui mi capisce ed io capisco lui. Pat è Pat: non sono mai più riuscita a trovare una simile intesa artistica con nessun altro». Parole che scorrono come balsamo.
Express Yourself
Leonard è pure uno stakanovista dello studio di registrazione. Alle sette del mattino, ogni santissimo giorno, è già lì. Non per regolare i volumi, ma per correre sul tapis roulant. Il tapis roulant? Patrick: «Nello studio dove abbiamo inciso "Like a Prayer" c'era annessa questa piccola palestra. Al mattino andavo là e cominciavo ad allenarmi. Poi facevo la doccia e, ancora in preda alle endorfine, componevo una canzone. A mezzogiorno arrivava Madonna, la ascoltava e mi diceva: "Cambia questo verso con quest'altro. Il ritornello, per favore, spostalo qui. Così va bene. Ok, ora vado di là e scrivo un bel testo". E, tempo un'ora, tornava con dei versi incredibili! Tutte le canzoni del disco le abbiamo realizzate così. In tre ore al massimo, giorno dopo giorno. Una volta avevamo tra le mani "Like a Prayer", un'altra "Express Yourself", un'altra ancora "Cherish" oppure "Oh Father" e via dicendo. Nel giro di appena due settimane il materiale per l'album era pronto». Ve l'ho detto: "Like a Prayer" non fu un'opera incisa per rispettare un contratto. Fu un miracolo. Fu, come dicono gli anglosassoni, un "labour of love". Una cosa che fai perché te la senti dentro e non perché te la ordina qualcun altro. Esatto, come quando ci si innamora.
A fine gennaio 1989 il disco era a disposizione della Sire Records che lo avrebbe pubblicizzato a dovere. Nel frattempo Madonna aveva completato le pratiche del suo divorzio da Sean Penn e, dopo aver ascoltato il master, giunse a due fondamentali conclusioni. "Like a Prayer" era una bomba d'album (Leonard: «Non sembrava neppure un disco dei suoi. Dentro ci suonava una vera band e i cori erano paradisiaci») e la sua autrice, a livello testuale, aveva aperto totalmente le dighe del suo privato. Un diluvio di confessioni che, ai tempi di "Into the Groove" e "La Isla Bonita", mai si sarebbe sognata. Solo che quello era il momento giusto.
Oh Father
Provate a riascoltarlo oggi. In "Like a Prayer" c'è tanta carne al fuoco. C'è la religione mischiata talmente bene con l'estasi sessuale (la canzone portante) che non capisci davvero dove finisca il peccato carnale e cominci il "rapimento mistico", per dirla alla Battiato.
In "Promise To Try" ci sta il ricordo della madre Madonna Louise Fortin, mancata trentenne nel 1963 per un brutto male (la stessa età che aveve Madge quando cominciò a lavorare a questo disco). In "Oh Father" la figura del padre perso per strada (Silvio Ciccone, figlio di immigrati abruzzesi), nella dolcissima "Dear Jessie" addirittura un desiderio di maternità.
Nell'inno "Express Yourself" il femminismo vero. Nella fantastica e cinica come non mai "Till Death Do Us Part" le botte ricevute da Penn («Lui comincia a gridare e a lanciarmi contro vasi di fiori»). Nella dance di "Keep It Together", di rimando, il bisogno di un uomo per bene con tanti saluti al femminismo decantato poco prima. Senza scordarci lo spettro dell'AIDS ("Pray For Spanish Eyes", il capolavoro all'interno del capolavoro) l'atto di dolore cristiano (la conclusiva "Act Of Contrition") e Prince.
Love Song
Quel Prince? Già, pure lui ci sta in questo benedetto disco. Sentitelo come ammicca bramoso in "Love Song" il grande seduttore di Minneapolis. Il genio assoluto di tutti gli anni '80. Ah, mi scordavo il pop stellare di "Cherish" per completare quella che non è una collezione di undici brani ma - a questo punto lo avrete intuito anche voi - una vera e propria overdose d'amore.
Il 3 marzo 1989, diciotto giorni prima dell'arrivo del CD nei negozi, esce il primo singolo (la titletrack "Like a Prayer") e lì, dopo tante speculazioni, il mondo si ferma sul serio trascinando Madonna nell'empireo delle intoccabili. Non più popstar usa e getta, ma artista genuina che sa stupire, scandalizzare e prendere per mano il suo vasto pubblico.
Ancora Leonard: «"Like a Prayer", la canzone,era perfetta però, dopo aver saputo che avrebbe ambientato il video in una chiesa, le ho consigliato vivamente di cambiare un verso. Quello che fa: "Sono in ginocchio e voglio portarti al culmine". Sai, mi sembrava parlasse di sesso orale. Per fortuna non mi ha dato ascolto. E poi è successo quel che è successo...».
Like A Prayer
Il video di "Like a Prayer" (diretto da Mary Lambert) è un pugno nello stomaco per l'America puritana visto che mostra, senza alcun pudore, uno stupro compiuto da dei suprematisti bianchi, delle croci che bruciano tipo Ku Klux Klan, una persona di colore che viene arrestata per sbaglio, Madonna con le stigmate che ha un approccio sexy con la statua di un santo, anch'egli di colore. E poi quei capelli nero corvini della cantante italo-americana che trasudano peccato: «Mi ero stufata del biondo platino. Volevo sentirmi diversa. Più italiana, ecco».
Il filmato va in onda su MTV. La Pepsi, che avrebbe dovuto sponsorizzarle il tour mondiale, schiuma d'indignazione e si fa restituire i cinque milioni di dollari pattuiti come anticipo. Madonna non batte ciglio e stacca l'assegno. 250 milioni di americani lo vedono e cominciano a comprare il disco che, negli anni, diverrà il più venduto di Madonna ("The Immaculate Collection" a parte) arrivando all'iperbolica cifra di 15 milioni di copie nel mondo. La stessa MTV USA, nel 2006, ammetterà che è "Like a Prayer", e non "Thriller" di Michael Jackson, il miglior videoclip che abbia mai mandato in onda. Quello, per così dire, più intenso e memorabile.
La cosa bella è che la canzone in questione funziona anche senza le immagini in quanto Like a Prayer è un gospel-pop tenebroso come pochi. Riascoltiamola assieme: nei primi secondi si sente Prince che svirgola selvaggio con la sua chitarra hard rock e viene interrotto bruscamente da una porta che sbatte. Parte il brano e subito noti un protagonista: il povero Jeff Porcaro - il batterista dei Toto morirà tre anni dopo - che passa dal delicato (sentite come accarezza i piatti al termine del primo minuto quando in scena ci sono solo lui, Madonna che canta, una tastiera eterea e il The Andraé Crouch Choir che accompagna) alle mazzate di una ritmica rock bella squadrata.
E poi il vero tocco da maestro: il synth bass di Patrick Leonard che doppia il basso analogico di Guy Pratt (che all'epoca suonava nei Pink Floyd) creando un effetto sinistro in grado di aggrovigliarsi allo stomaco. Chiesa? Profumo d'incenso? In realtà sembra di stare in un sabba satanico ambientato in una cattedrale. Madge canta, balla, suda, agguanta quel sublime ritornello e non lo molla più. Il disco potrebbe anche finire così, nell'arco di questi eterni 5 minuti e 39 secondi. Eppure, come già detto, c'è molto di più all'orizzonte. Un'altra sequela di canzoni che meritano la vostra riscoperta. Tipo quella che segue.
Till Death Do Us Part
Narra la leggenda pop che, in un punto imprecisato di questo terzo millennio e molti anni dopo l'exploit commerciale di "Like a Prayer", la premiata coppia Madonna & Patrick Leonard sia tornata a lavorare assieme. In gran segreto, questa volta. Lui è sempre stato attivo nei suoi confronti (ha pure co-scritto con lei "Frozen" nello splendido "Ray Of Light"; ma questa è davvero un'altra storia...) e pure oggi che Madonna ha compiuto sessant'anni e Pat qualcuno di più (è del 1955) vette pari a quelle di quell'indimenticabile 1989 non ne hanno più raggiunte. O forse sì.
Svela Pat: «In realtà una volta è venuta da me in studio e, senza un vero motivo, abbiamo scritto due canzoni partendo dal nulla. Una non era granché e l'abbiamo scartata, ma l'altra si rivelò una magnifica ballata. Lei è uscita dal gabbiotto dove l'aveva appena cantata, aveva ancora le cuffie in testa ed era bellissima come al solito. Attimo di imbarazzo tra di noi. Poi ci siamo sorrisi e mi ha detto: "Sai Pat, penso che alcune cose non cambino mai".
No, non cambiano. Come le grandi relazioni che colorano la vita di ognuno di noi. Come i legami che, segretamente, ci avvolgono. Come la bellezza cristallina di certi dischi. Come le preghiere.