Blanco: ecco chi è il diciottenne che… ci fa impazzire!

La vita in provincia di Brescia, il bisogno di mettere nero su bianco i suoi sfoghi. Poi l’esplosione grazie a una grande hit estiva

Blanco
28 Ottobre 2021 alle 08:58

Quando il potere della musica è più forte dei social nascono fenomeni come Blanco. Con queste parole noi di Sorrisi celebravamo in agosto i risultati incredibili di questo artista: grazie ai brani “Mi fai impazzire” (con Sfera Ebbasta) e “Notti in bianco” ha dominato le classifiche, trasformandosi da rivelazione estiva a nuovo protagonista della musica italiana.

Ma chi è Blanco? Per molto tempo la sua persona e le ragioni di questo nome erano avvolte nel mistero, ma piano piano stiamo scoprendo di più su di lui. Il suo vero nome è Riccardo Fabbriconi. Dopo aver registrato uno dei primi brani, nel 2019, voleva pubblicarlo senza mettere una firma. Un amico, in disaccordo con quella scelta, con una parola detta a caso e un po’ per scherzo, ha trovato nella traduzione spagnola della parola “bianco” il nome ideale. In apertura dei suoi brani si definisce “Blanchito”, un diminutivo, proprio come il “Riccardino” con il quale spesso si presenta.

Le prime canzoni sono nate per amore, come una volta si scrivevano le serenate, anche se nei contenuti Blanco è decisamente più carnale che romantico. «Più che cantare, avevo il desiderio di scrivere» ha raccontato a Radio Deejay pochi giorni fa. «Nel frattempo cantavo come sfogo, così ho unito le due cose». Ossessionato da Adriano Celentano, Lucio Battisti e Gino Paoli, ha trovato in loro un tratto che li accomuna e che lui imita: la semplicità nella scrittura, i messaggi che arrivano dritti al cuore.

La sua carica però, quel desiderio di urlare le emozioni scaturisce dai posti in cui è cresciuto. Nascere a Calvagese della Riviera, in provincia di Brescia, per lui non è stato facile: è un paesino di tremila abitanti, con pochi luoghi di aggregazione e gli stessi cinque amici di sempre. «La disperazione è arrivata quando volevo esprimermi e non sapevo come farlo» dice. «Alla fine però crescendo ho imparato ad apprezzare quei luoghi ed è lì dove ora voglio rimanere, perché c’è tanto verde. La natura mi aiuta a trovare la giusta dimensione, camminando anche nudo nei boschi, se mi va».

Non vi spaventate, ma vedere Blanco vestito è piuttosto raro. «Io mi sento meglio quando sono nudo» ripete spesso nelle interviste. Ma il suo non è esibizionismo, tradisce piuttosto le sue origini da “ragazzo di campagna”. Odia infatti i vezzi, i perbenismi, e se vi capita di vederlo “senza veli” non è per piacere alle ragazze, ma perché sente di accorciare le distanze con il pubblico, perché la cosa (per quanto possa apparire bizzarra) lo fa stare bene.

A tal proposito, ha fatto notizia una sua intervista radiofonica... in mutande. In quell’occasione, anche se sotto gli occhi delle telecamere della diretta, non ha avuto la minima esitazione alla richiesta del conduttore. Ed è nudo anche nella copertina del suo primo disco “Blu celeste”, nel quale è immerso nel mare ligure “come mamma l’ha fatto”.

Ma c’è una ragione anche per questo. Pensate che “Blu celeste”, il singolo uscito in contemporanea con l’album omonimo, mostra un lato di Blanco del tutto inedito: si racconta nel profondo e “mettendosi a nudo” con la musica. Il brano parla infatti di una persona scomparsa che ha lasciato in lui un dolore tramutatosi in un mostro, tra sensi di colpa, disperazione e smarrimento. La parola “celeste” ce l’ha anche tatuata sull’addome. Non ha mai voluto raccontare nel dettaglio a chi sia riferita la canzone. Quando gli viene chiesto, risponde: «Vorrei solo che ognuno si immedesimasse pensando a qualcuno che ha perso». Fine. Cantandola in occasione dei Seat Music Awards, si è presentato con un palloncino blu che ha lasciato volare di fronte a una platea commossa.

Avete già capito che, pur essendo abbastanza riservato, per Blanco molte cose non sono un tabù. Nemmeno la morte, di cui parla nei brani tanto quanto parla d’amore. «Secondo me si muore davvero solo quando le persone si scordano di te» dice. «Io per questo non voglio fare musica che magari domani non si ascolta più, ma voglio provare a fare una musica che anche tra cent’anni, quando muoio... magari non sarà più importante per un milione di persone, ma a me ne basta una sola. Quella cosa lì ti fa essere eterno».

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