Colapesce omaggia De André: «La canzone dell’amore perduto», cover live

A 20 anni dalla scomparsa di Faber, il cantautore siciliano Colapesce ci porta in una trattoria di Genova per farci ascoltare la sua versione del capolavoro di De André


14 Gennaio 2019 alle 11:01

Sono già trascorsi 20 anni da quando Fabrizio De André ci ha lasciati: era l'11 gennaio 1999 e da allora il vuoto lasciato da questo grande cantautore è stato di volta in volta colmato parzialmente dagli omaggi di amici e colleghi. Questa è la volta di Colapesce, che sceglie di eseguire la cover del brano «La canzone dell'amore perduto» e mette subito le mani avanti: «Le canzoni di Fabrizio fanno parte del nostro patrimonio genetico collettivo, sono di tutti, si riflettono nella vita di tutti. Parlano a tutti. E noi che le eseguiamo, quando le eseguiamo, diventiamo dei tramiti. Per cui sì, mi scuso con i fan, la famiglia, e tutti, io odio chi fa le cover di De André. E da oggi odio un po' anche me stesso. Ma in realtà sono felice di averlo fatto e di averlo fatto ora.»

L'omaggio di Colapesce (Sony Music/Legacy Recordings) e 42 Records è disponibile in streaming e digital download; potete ascoltarla qui sotto.


«Ho deciso di usare il pianoforte invece della chitarra per dare alla canzone una nuova vita; il piano non segue il terzinato proprio per questo, per dare una sorta di tridimensionalità», così Colapesce ci introduce alla sua versione de «La canzone dell'amore perduto» uscita venerdì 11 gennaio per Sony e 42 Records. Siamo in una locanda nel centro di Genova, per ricordare insieme il ventennale della morte di De André. Colapesce ammette di aver pensato a varie canzoni da interpretare, ma di aver scelto questa dal gusto 60's perché in altri casi - come per «Il sogno di Maria» - confrontarsi con brani intoccabili è troppo rischioso.

CANTAUTORATO ITALIANO: PASSATO E FUTURO

A chi gli chiede se secondo lui il cantautorato italiano classico sia ormai in declino, Colapesce risponde: «È cambiato il periodo storico: cantautori come De andré sono legati a un periodo storico ben preciso. Non bisogna cercare "il nuovo De Gregori", "il nuovo De André". Scimmiottare modelli di 30 anni prima non porta a una crescita, i cantautori oggi devono raccontare la propria epoca. Paradossalmente, pur non ascoltandoli, reputo più cantautori oggi i trapper come Sfera Ebbasta perché raccontano davvero una generazione che va dagli 8 ai 16 anni. Non abbiamo un cazzo da dire e quel tipo di musica è un esatto specchio della società. Oggi trovo sia più legata alla realtà sterile la trap, che altri progetti che sento...».

Seguici