Gio Evan presenta il nuovo singolo “Glenn Miller”

Dopo "Regali fatti a mano", venerdì 6 novembre esce su tutte le piattaforme un nuovo brano per «prendere le distanze dal mondo e la società»: ecco tutto quello che ci ha raccontato l'artista

Gio Evan  Credit: © Ufficio stampa
6 Novembre 2020 alle 11:27

«Davanti a me vedo solo gli alberi» ci dice Gio Evan, all’anagrafe Giovanni Giancaspro, appena lo raggiungiamo al telefono, si trova nella sua nuova casa immersa nel bosco. Scrittore, poeta, cantautore, umorista e performer di origine umbre, trasforma le sue avventure in giro per il mondo in parole e le declina in poesie, romanzi e musica.

Dopo l'ultimo singolo "Regali fatti a mano" e un tour estivo «a contatto con un pubblico silenzioso e attento», per Gio Evan il 2020 continua ad essere ricco di novità: nel mese di ottobre pubblica il libro "I ricordi preziosi di Noah Gingols" per Fabbri Editore e rimette mano alla sua discografia con "Glenn Miller", il nuovo singolo in uscita venerdì 6 novembre.


Ti hanno descritto come “poeta dei millennial” e “funambolo delle parole”: che rapporto hai con le definizioni?
«Ho imparato a conviverci, ma è comunque un coinquilino che non apprezzo. So che piace “recintare”, ci dà più sicurezza definirci. A me non piace e cerco di fare sempre cose diverse».

Per te, musica e scrittura camminano insieme?
«Cerco di farli accostare, vivono le stesse dimensioni. Faccio sempre l’esempio dell’albero da frutto: una mela avrà sempre un sapore simile a una mela dello stesso albero, nonostante stiano su rami diversi ed esposti al sole in momenti differenti della giornata. Così accade con la poesia e la musica: vivono prospettive diverse, ma parliamo dello stesso sapore».

Molte delle tue opere sono pensate e composte in viaggio, cosa è cambiato da quando sei più stabile?
«Ho iniziato a viaggiare a 18 anni, sono partito e sono tornato a 27. Ero una dinamite di idee ed energia, ho fatto molto yoga e meditazione durante la mia permanenza in India. C’era tanto da assorbire e lì la scrittura mi risultava facile, dinamica e intuitiva. Adesso non so se mi posso definire “fermo”, non faccio più lunghi viaggi, ma mi muovo: sono tornato in India lo scorso anno, e ho girato Estonia, Finlandia e Lituania in monopattino elettrico».

Parliamo del tuo singolo, come nasce Glenn Miller?
«Da “Regali fatti a mano”, singolo uscito a maggio, sto prendendo sempre più le distanze dal mondo e dalla società, questo brano è il colpo finale. “Mica so vivere io” ripeto nel ritornello, non so tenere il ritmo di questo mondo e lo devo accettare. Che fai allora? Improvvisi la tua vita. Ho pensato di associarci un volto, quello del direttore d’orchestra Glenn Miller».

Nella canzone sentiamo subito un coro di bambini in sottofondo.
«Volevo che irrompessero dentro la mia voce rauca, hanno fatto un grande lavoro»

Ti senti molto vicino al loro mondo?
«Sì, ci lavoro tanto tra associazioni e scuole, e adesso ancora di più. Vedo gli adulti molto tristi, arrabbiati e concentrati sul lavoro…e ora non mi ci ritrovo. I bambini sono più accoglienti anche su discorsi profondi, hanno tanta voglia di scoprire».

A proposito di bambini, l’ultimo libro che hai scritto è adatto anche a loro.
«Ho pensato proprio ad un percorso che raccontasse tanti piccoli concetti, primo fra tutti il ricordo. Da qui parte il percorso di Noah, un viaggiatore calmo che esplorerà tutti i valori della sua vita».

In un’intervista hai detto di voler dichiarare guerra ai social e agli smartphone, eppure parte del tuo successo arriva da lì.
«Programmo, pubblico ed esco. Vorrei che tutti frequentassero i social solo per l’essenziale, ti piace un cantante? Vai sulla sua pagina, guardi cosa ha fatto e basta. È un’alienazione pericolosa e ci sta rendendo dei prodotti, sto applicando questa resistenza».

Quest’estate hai fatto tutti spettacoli sold out: come ti è sembrato il pubblico?
«È stato uno dei tour più impregnanti emotivamente, ma ho visto un pubblico seduto e silenzioso in posti dove eravamo abituati a vedere gente in prima fila cantare in coro. È stato bello imparare un nuovo linguaggio e una nuova forma di “rivoluzione omeopatica”, la chiamo così».

Hai ambizioni per il futuro? 
«A livello personale, voglio far sì che tutto quello che faccio vada a stimolare la mia felicità. Nel mio lavoro vorrei allargare quello che sto facendo: se lo scorso anno ho suonato ai Magazzini Generali, l’anno prossimo vorrei esibirmi in uno spazio più grande. Continuare una crescita artistica e culturale, è quello che mi fa star bene e mi rende vivo».

“Lo zaino di chi viaggia racconta il viaggiatore” scrivi nel libro, il tuo cosa contiene?
«Nel 2014 ti avrei detto filo di ferro e tenaglia, erano importanti per costruire e accamparsi. Adesso partirei con uno zaino vuoto perché sono sicuro che mi procurerei in pochi minuti quello che mi serve».

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