In 14 canzoni il disco disegna una sorta di passaggio (come illustra la copertina con due cerchi collegati da una spirale, altro simbolo di rinascita)
Uscito il 7 maggio, “Exuvia” è il nuovo album di Caparezza. L’exuvia è ciò che resta della muta dell’insetto: un calco perfetto, il segno di una rinascita. Se il lavoro precedente (“Prisoner 709”) finiva con una fuga dalla prigione (mentale), qui il rapper pugliese sente di ritrovarsi sperduto davanti a una foresta, luogo simbolico per eccellenza (pensiamo alla “Divina Commedia” o alle fiabe).
In 14 canzoni il disco disegna una sorta di passaggio (come illustra la copertina con due cerchi collegati da una spirale, altro simbolo di rinascita).
Come sempre nei dischi di Caparezza ci sono molte figure di riferimento, ispirazioni su cui ci invita a riflettere: da registi, come Fellini e Kubrick, a modelli musicali, come Beethoven e i Talk Talk (celebre band degli Anni 80) ma ci troviamo anche “Alice nel Paese delle meraviglie” e i miti greci.
C’è anche la morte: «In “La certa” è proprio lei a parlare, cerca di scuoterci per dare il meglio di noi da vivi» dice. Nel brano “Come Pripyat” (la città deserta dopo l’incidente di Chernobyl), uno dei più forti dell’album, Caparezza dice: «Non parlo al mondo come prima, parlo a vuoto». La sua è una denuncia. «Sono critico con il presente. E il rap è diventato esaltazione dell’opulenza» rivela. Nel disco però parla soprattutto di sé: «Questa è la mia vita, non dimenticarlo, sono contento della scelta che ho fatto». Caparezza tornerà a esibirsi dal vivo nel febbraio 2022.