Proprio 40 anni fa si celebrava il trionfo dell’album che fece di lui un mito. Ecco qualche curiosità poco nota

Quanto Lucio Dalla ascoltiamo ancora? Tantissimo e sempre, perché è intramontabile e ha un posto nel cuore di ciascuno di noi. Ma in questi giorni abbiamo un motivo in più per ricordarlo. Nel dicembre di 40 anni fa, quando si tirarono le somme per stabilire quale fosse stato l’album più venduto dell’anno 1979, il titolo andò per la prima volta proprio al cantautore bolognese, grazie a “Lucio Dalla”, il disco di canzoni come “L’anno che verrà”, “Anna e Marco” e “Stella di mare”. Da quel 1979 il successo e la popolarità di Lucio non sono più calati. Ma se i pezzi di quell’album li sapete a memoria, siete sicuri di conoscere bene la vita di Dalla? Ecco alcune curiosità per mettervi alla prova.
Un cittadino d’Italia
Lucio Dalla ebbe casa in diverse località italiane. A Bologna è nato in piazza Cavour e ha vissuto poi in via delle Fragole, in vicolo Mariscotti e in via D’Azeglio, dove oggi, in un appartamento-museo, ha sede la Fondazione che ne cura la memoria. A Roma viveva in vicolo del Buco a Trastevere. La sua villa sull’isola di San Domino alle Tremiti guardava la Cala Matana che ispirò il titolo del disco “Luna Matana”. Nella casa di Milo, alle pendici dell’Etna, produceva vino. A Urbino ha tenuto corsi all’Università e viveva nella località Rancitella.
L’alter ego: il signor Sputo
Dalla aveva una sorta di alter ego: Domenico Sputo. Pare fosse un professore di matematica calabrese, conosciuto in occasione di un concerto. Il nome colpì Dalla, che lo fece suo usandolo come pseudonimo in varie collaborazioni, dedicandogli una canzone (in “Luna Matana”) e scegliendolo come copertura per il campanello nelle case a Bologna e alle Tremiti (la strada dov’è la villa oggi si chiama via D. Sputo, pilota della Seconda guerra mondiale).
Il mistero di Piazza Grande
Dov’è questa piazza? Sulla copertina del 45 giri omonimo vediamo la piazza di un paese. Lucio la identificava con piazza Maggiore a Bologna. Gianfranco Baldazzi, autore del testo, si ispirò a piazza Cavour, a Bologna. Altri citano piazza Vittoria (anticamente Platea Magna, piazza grande appunto) a Pavia, città di Ron, autore della musica.
A Sanremo
Dalla ha partecipato a cinque Festival di Sanremo: nel 1966 (“Pafff... Bum!”; non qualificato), nel ‘67 (6° con “Bisogna saper perdere”), nel ‘71 (3° con “4/3/1943”), nel ‘72 (8° con “Piazza Grande”) e nel 2012 (5° con “Nanì” di Pierdavide Carone, di cui fu direttore d’orchestra e corista).
Ritratto di famiglia
Giuseppe, il padre di Lucio, era direttore del Club di tiro a volo di Bologna; la madre Jole Melotti era una modista, che lavorava tra Bologna e Manfredonia (dove nel 1953 fu scattata la foto di lei col figlio usata per la copertina di “Cambio”).
Quanti complessi
Lucio Dalla esordisce come clarinettista nella Rheno Dixieland Band di Bologna (oggi Dr. Dixie Jazz Band); va poi a Roma e si unisce alla Second Roman New Orleans Jazz Band e poi ai Flippers, dove inizia anche a cantare. In seguito si farà accompagnare da due complessi, gli Idoli (dal 1966 al ‘71) e gli Stadio (nati nell’81 su un nucleo che suonava con Dalla dal 1975).
All’avanguardia in tv
Agli inizi della sua carriera da solista Lucio Dalla condusse due trasmissioni storiche per la Rai. “Gli eroi di cartone” (1970-71) fu il primo appuntamento televisivo importante dedicato all’animazione in Italia. “Il futuro dell’automobile” (1976), progettato col poeta Roberto Roversi, fu uno show in sei puntate davvero sperimentale, con uno scimpanzé (Natascia) come valletta e ospiti come Roberto Benigni, Dario Fo, Antonello Venditti, Paolo Conte e Francesco Guccini.
La strana lingua di Lucio
Dalla eredita dal jazz quel suo modo buffo di cantare chiamato “scat”: la voce imita strumenti o diventa essa stessa uno strumento. Lucio inizia a cantare “scat” nei Flippers, per imitare l’inglese, lingua che non conosceva bene.
Un attore versatile
Tra il 1965 e il 2008 Dalla è apparso in 15 film e una miniserie tv. Ha avuto alcuni ruoli davvero strani: aspirante fotografo (“I sovversivi”), avventuriero del West (“Little Rita nel West”), parroco (“Il santo patrono”), contadino miracolato (“La mazurka del barone...”), Sancio Panza (“Quijote”), vescovo (“Artemisia Sanchez”). In “Borotalco”, invece, è solo evocato e si vede il suo camerino, ma è il trait d’union nella storia d’amore tra Carlo Verdone ed Eleonora Giorgi.
Le due canzoni più famose
“L’anno che verrà” è ispirata al racconto “La passeggiata” (1917) di Robert Walser, ritratto di un uomo che vede tramontare il suo mondo. “Caruso” è ispirata da una sosta inattesa (la sua barca si era incagliata nel Golfo di Sorrento) al Grand Hotel Excelsior Vittoria di Sorrento, nella suite dove aveva alloggiato nel 1921 il tenore Enrico Caruso.