Chi è Mabel, la giovane popstar della hit “Don’t Call Me Up”

Ospite al quarto live di “X Factor”, la cantante ci racconta le sue ambizioni, le aspettative del nuovo album e il rapporto con i fan. Tornerà in Italia per un’unica data nel 2020

18 Novembre 2019 alle 10:52

Si è affermata come uno dei giovani talenti britannici dell’anno, abbiamo incontrato Mabel Alabama Pearl McVey, conosciuta semplicemente come Mabel, la mattina dopo la sua esibizione sul palco di X Factor («È stato molto emozionante, era la prima volta su un palco italiano») dove ha cantato la hit che ci ha fatto ballare nei mesi estivi, "Don’t Call Me Up", grazie alla quale è stata nominata nella categoria “British Breakthrough Act” dei Brit Awards. Questa e altri inediti sono contenuti in un album che documenta bene gli alti e bassi della vita di Mabel: "High Expectations" è uscito il 2 agosto su etichetta Universal/Polydor Records.

La cantautrice ha la musica nel sangue e appartiene ad una dinastia musicale che va avanti da generazioni: sua madre è l’icona degli Anni 90 Neneh Cherry e suo padre è Cameron McVey, il produttore di Massive Attack, Sugabababes e All Saints. C’è anche lo zio Eagle-Eye Cherry, autore della hit “Save Tonight” che nel 1997, anno della sua pubblicazione, scalava le classifiche internazionali.

In attesa di vederla in concerto a Milano il prossimo 24 febbraio per «uno show completamente diverso dai precedenti», incontriamo la giovane artista che, a soli 23 anni, ha già venduto oltre 3,5 milioni di singoli nel Regno Unito e ha superato il miliardo di stream in tutto il mondo.

Dalla tua biografia si legge che hai viaggiato molto da piccola insieme a tua sorella. È stato un fattore che ha influenzato la tua musica?
«In un certo senso sì. Sono nata a Malaga, ho vissuto in Svezia e poi mi sono trasferita a Londra dove vivo attualmente. Mia madre ha origini metà svedesi e metà della Sierra Leone, un mix interessante che sicuramente ha avuto delle ripercussioni sul mio personale modo di fare musica».

Il pubblico ha iniziato a seguirti prima del debutto ufficiale, dal mixtape pubblicato nel 2017. Hai sentito pressione mentre scrivevi l'album “High Expectations"?
«Mi sono presa il mio tempo per sentirmi a mio agio con me stessa e con le storie che ho raccontato nel disco. Sentivo di dover essere onesta con chi mi seguiva. Ho lavorato al disco due anni e non è sempre stato facile, ma la musica mi ha aiutata a stare meglio».

Parli di “alte aspettative”, quali sono?
«Sono quelle che ho avuto sin da piccola: quando parlo di sentimenti, di relazioni, della pressione che ci si mette addosso, di quello che le persone si aspettano da me e quello che io, invece, mi aspetto dagli altri. Ne parlo in maniera positiva all’interno del disco, che fondamentalmente racconta la mia storia».

C’è una canzone di cui vai fiera?
«Sicuramente “OK (Anxiety Anthem)", è stato uno dei testi più difficili da scrivere. Racconta una parte della mia vita perché crescendo ho sofferto molto di ansia e ho dovuto interrompere anche la scuola per questo. Sono molto orgogliosa del brano, parlare dei tuoi sentimenti e mostrare la tua vulnerabilità ti rende ancora più forte. È stato emozionante vedere come, sui social, ci sia stata una conversazione anche con i miei fan riguardo l’argomento».

E la primissima che hai scritto?
«Avevo cinque anni e ricordo di aver avuto un diario dove appuntavo quotidianamente i miei pensieri. Tutto ruotava intorno ai miei sentimenti, erano canzoni d’amore. È strano pensare a quanto ne siamo ossessionati anche da giovanissimi. Però quello che avevo scritto era già buono (ride)».

Nei tuoi sogni c’è sempre stata la musica?
«Sì, mi sono sempre immaginata un futuro “da popstar” ma crescendo con un’idea sbagliata, quella che si dovesse essere sempre perfette e angeliche. Invece trovo che oggi molti artisti stiano rompendo questo modello per mostrarsi umani parlando di cose normali, anche negative. Se da adolescente i miei idoli avessero parlato così, mi sarei sentita meno sola».

Ne hai altri che vorresti realizzare?
«Comprare una casa, avere bambini…insomma cose normali! Ma quello più grande è sempre stato la musica, stare sul palco e avere una lunga carriera. Sono ambiziosa e sogno in grande: vorrei esibirmi in America, collaborare con altri artisti e fare tour mondiali».


Quest’estate abbiamo ballato sulle note di “Don’t Call Me Up”: una melodia accattivante e orecchiabile, ma con un testo che racconta una rottura sentimentale.
«Con questa canzone vorrei comunicare un messaggio positivo a chi ascolta: è importante essere fiduciose, forti e sentirsi bene con se stesse anche se si sta attraversando un momento doloroso e difficile».

Come tutte le ragazze della tua età, frequenti molto i social.
«Prima di intraprendere la strada musicale, non avevo i social. Ora sono diventati uno strumento utile per rimanere in contatto con i fan tutti i giorni, li coinvolgo nelle mie giornate e chiedo la loro opinione. Sento la responsabilità di mostrare, soprattutto ai più giovani, anche il mio lato “più umano”: non sono perfetta, pubblico foto anche senza make-up e come tutti vivo giornate positive, ma anche molto negative».

A chi ti ispiri?
«Tra i miei idoli c’è sicuramente Justin Timberlake, ma mi piacciono anche le figure femminili forti e indipendenti, artiste come Rihanna e Beyoncé».

Una delle prime esperienze live davanti al grande pubblico è stata insieme ad Harry Styles, hai aperto i suoi concerti. Come è andata?
«In ogni esperienza live si impara sempre qualcosa di nuovo e questa è stata la prima volta non solo che ho viaggiato per così tanto tempo, ma che ho suonato in spettacoli così grandi e pieni di gente. È stato incredibile, mi ha dato molta fiducia».

Cosa ti aspetta per il prossimo anno?
«Da gennaio sarò in giro con i concerti e suonerò in posti dove non sono mai stata. Ci saranno le canzoni del nuovo album, molte non le ho mai cantate dal vivo, e ballerò molto di più. Il tour europeo di “High Expectations” farà tappa anche in Italia: il 24 febbraio sarò ai Magazzini Generali di Milano, non vedo l’ora!».

Seguici