Alessandra Amoroso: «A San Siro mi sono sentita una guerriera»

La cantante racconta le emozioni ancora vive dopo il suo grande concerto nello stadio milanese

21 Luglio 2022 alle 08:30

Il sogno di Alessandra Amoroso è diventato realtà: il suo primo concerto allo stadio di San Siro a Milano, mercoledì 13 luglio, è stato un successo. Di fronte a una folla di oltre 42 mila persone ha cantato per due ore e mezza i brani più importanti della sua carriera. Ha ballato con le coreografie di Veronica Peparini e cantato accompagnata dalla sua storica band. Le abbiamo telefonato il giorno dopo per commentare insieme con lei tutto quello che è accaduto. Ma non è facile perché Alessandra è ancora incredula. «Mi porto addosso l’emozione dello stupore e non se ne va più via. Mi sento come se fossi appena scesa dalle montagne russe, destabilizzata ma felice in un modo inimmaginabile».

Ha parlato di stupore, ma che cosa l’ha stupita di più?
«Innanzitutto l’accoglienza del pubblico. In tutti questi anni non mi sono ancora abituata al loro affetto e vederlo tutto insieme dopo quello che abbiamo vissuto durante la pandemia, mi ha “stesa”. E poi i pianti».

Di chi?
«Di tutti, dietro le quinte: le persone che lavorano a stretto contatto con me, i tecnici, piangevano tutti di gioia. Si può provare quanto si vuole anche l’evento più grande, ma è la gente a rendere un concerto... reale. Ero io a consolare: ho passato la nottata a abbracciare ognuno di loro, mi sono sentita forte e sicura di me come mai prima d’ora».

Non ha avuto paura prima del concerto?
«Certo, tantissima. Infatti nei giorni precedenti ho vissuto in un appartamento con il mio staff, al quale si sono aggiunti il mio storico parrucchiere, una ragazza meravigliosa che realizza video per me, la maestra di canto e... la mia psicologa».

La psicologa?
«Sì, perché il supporto mentale oltre che fisico è stato fondamentale. Quando ho fatto le prove musicali a Roma pensavo davvero di non farcela. Eppure poi a Bologna, alle prove con il palco montato, ascoltavo la musica introduttiva, che è una sorta di marcia potente dopo la quale dovevo scendere una lunga gradinata con un’idea ispirata dal mio idolo Beyoncé... ed è come se quelle note avessero fatto un piccolo miracolo».

Mi racconti bene quel momento.
«Ho pensato: “Ale, stai facendo la cosa che ti rende più felice al mondo, quello che hai sempre desiderato. Fallo vedere”. Da lì ho fatto un lungo respiro, sono entrata in scena e ho cominciato a fare quello che spesso non sono riuscita a fare in passato: godermela».

Ce ne siamo accorti! Sul palco c’erano 90 ballerini, 47 orchestrali, la band. Come si dice, ha veramente calato tutti gli assi.
«Volevo che il mio primo stadio fosse un momento di liberazione totale. Tutta quella gente sul palco rappresentava la proiezione di me... in formato gigante. In fondo certe cose le puoi fare solo in uno stadio e non mi sono risparmiata nulla. Volevo fosse indimenticabile. Spero e credo lo sia stato anche per il pubblico».

Indimenticabili sono anche gli abiti che ha indossato. Ricordavano quelli di una guerriera amazzone.
«Sì è vero, Sofia Bertolli Balestra (stilista della maison Balestra, ndr) voleva che fossi, così mi ha definita, una “guerriera di luce”. In effetti è proprio quello che io e moltissime donne siamo nella nostra vita: guerriere. Per conto mio se ognuno ha le proprie grane o difficoltà, io non mi sono fatta mancare niente, affrontando entrambe».

A proposito: nei giorni scorsi sui social si è ritrovata da fare il concerto a “difenderlo”. Perché?
«Ho letto parole che sembravano sminuire il mio concerto, nonostante ci fossero decine di migliaia di persone testimoni. È un problema che vivo spesso, ne ho parlato anche sul palco, chiedendo alle donne di non farci svilire. So che dico cose che tantissime donne vivono ogni giorno in contesti anche diversi dal mio. Dobbiamo giustificarci per tutto: per cosa pensiamo, per come ci vestiamo e persino dei nostri successi. Invece basta: non dobbiamo più farci schiacciare e non dobbiamo più stare zitte. Abbiamo dei meriti e ce li siamo conquistati: nessuno deve toglierceli».

Da novembre tornerà in tour nei palazzetti. Sarà la versione “in miniatura” di quello che abbiamo vissuto nello stadio?
«Assolutamente no, sarà molto diverso e non vedo l’ora. È presto per parlarne ma ho un po’ di idee in mente che ho già sottoposto a chi di dovere. Pensate che la scaletta di questo concerto a San Siro l’ho scritta tra il 4 e il 5 agosto del 2021 con la mia migliore amica in spiaggia, già inserendo qualcosa dell’album “Tutto accade” che intanto aveva preso forma. Nel primo foglietto avevo suddiviso le canzoni in capitoletti intitolati “Superbomba”, “Bomba”, “Bomba emotiva” e “Bomba greve”, ovvero il momento “tamarro” sul finale, aiutata sul palco dai miei amati Boomdabash. Insomma, anche il foglietto del prossimo tour è bello mattacchione (ride)».

Come sarà la sua estate?
«Beh, sarà la classica estate “alla Amoroso”, nella mia Puglia. Torno a casa dai miei e soprattutto da mia nipote Andrea che poco tempo fa ha passato due giorni a Roma con me e ha pianto quando è dovuta tornare a Lecce: ci manchiamo troppo. Prima però torno a casa a Roma a fare dei controlli alla gola perché convivo con un nodulo e un edema, e devo capire se è necessario intervenire. Poi porterò le persone del mio staff che mi accompagnano da 14 anni a fare un bel viaggio, sarà un mio piccolo regalo per loro. Sono stati anni molto intensi per tutti, ma soprattutto per loro che mi sono stati sempre accanto. Sapete alla fine qual è il traguardo più grande che ho raggiunto oggi? Non è stato solo “fare lo stadio”, ma l’essermi sentita circondata da così tanto amore. Ne avevo bisogno».

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