Claudio Baglioni, «Al centro»: il racconto di uno show rivoluzionario

Un palco godibile a 360 gradi con scenografie mobili e oltre cento performer sul palco: per chi c'era, è stato un lungo racconto di mezzo secolo di storia della musica italiana

Claudio Baglioni  Credit: © Angelo Trani
4 Settembre 2019 alle 11:35

Claudio Baglioni entra in scena con una valigia, all’interno cinquant’anni di storia della musica italiana. All’Arena di Verona, rivestita di una nuova e maestosa bellezza, l’artista romano parte per un viaggio intenso prendendo per mano il pubblico. Ci sono oltre 17mila spettatori ad assistere alla prima delle tre date di «Al centro»: il 15 settembre 2018, la seconda data del live si è trasformata in una diretta per Raiuno per la regia di Duccio Forzano. «Dopo vent’anni torno alla regia di un concerto. Ci saranno due linee di racconto: la fusione tra elemento teatrale e una narrativa musicale fluida e chiara» aveva dichiarato il regista prima di cominciare.

Strada facendo, Baglioni ci ha regalato uno spettacolo ambizioso e, per certi aspetti, rivoluzionario: tre ore di musica non paragonabile ai classici concerti del cantautore romano, ma un’opera totale che intreccia diverse discipline artistiche. Parole e musica si distribuiscono in ordine cronologico con una scaletta che inizia nel 1972 fino ad arrivare ai recenti brani del 2013.

«È una colonna sonora del viaggio di questi anni per arrivare un’ideale centro della vita che non si raggiunge mai» aveva commentato durante la conferenza prima del concerto. «Ho pensato che questo momento della mia carriera andasse festeggiato in uno spazio che, per la prima volta, vede una rappresentazione così in epoca moderna».

«Al centro» dell'Arena di Verona

Nessuno è abituato a vederla in questa veste, nemmeno i veronesi: l’Arena torna alla sua funzione primordiale di anfiteatro. E l’effetto è sorprendente: come si può ben intuire dal titolo delle tre serate, il grande palco di 450 metri quadri è posizionato al centro ed ospita ventidue musicisti polistrumentisti. «È una sorta di fabbrica musicale con una doppia sezione ritmica, cinque coriste, due quartetti di fiati e archi» puntualizza Claudio.

Un’arena sold out completamente numerata: «Alla fine dell’Ottocento, molti compositori hanno inteso lo spettacolo come unione di coreografie, musica e teatro. Per me è come un ritorno alle origini, da piccolo lo facevo con i miei coetanei» racconta Claudio. Un luogo, dunque, sfruttato al massimo delle sue possibilità: una scena maestosa composta da otto pedane computerizzate nella parte centrale, che creano movimenti verticali di diverse misure e forme, per un palco in continua evoluzione, mai uguale a se stesso, capace di trasformarsi a seconda dei brani eseguiti.

Danza e scenografie: uno show a 360 gradi

«Il palco centrale non permette tempi di ripresa, ma è bello concedersi al pubblico. Giuliano Peparini è il fautore di questo sogno, la sua regia scenografica sarà sorprendente» aveva anticipato il cantautore, che non ha deluso le aspettative.

Il cuore pulsante dello show sono i numerosi artisti in scena: 100 performer che hanno dato vita a un’esperienza visiva unica e 26 tra ballerini e acrobati di fama mondiale selezionati da professionisti e ragazzi delle scuole veronesi. Eleganti seguono l’andamento delle note e altre volte fuoriescono da grandi scatole, ma è quando i performer trasformano l’Arena in un circo scintillante che il pubblico rimane incantato. Il palco è tutto di acrobati, funamboli e trampolieri.

I quadri di Peparini sanno inglobare in pochi minuti lo spettatore, grazie a quelle storie evocative descritte attraverso passi di danza. «Nella mia testa c’è sempre stata la voglia di lavorare con Claudio perché sono cresciuto con le sue canzoni. È difficile ideare uno spettacolo per un’artista che si ammira così tanto, ma con lui è tutto molto semplice» confessa il coreografo.


Album dopo album, le canzoni della serata

Il romanzo musicale di Claudio è composto da oltre trenta canzoni delle 400 che compongono il suo vasto repertorio. L’inizio fa mancare il fiato e riporta direttamente al 1972: Baglioni esordisce con «Questo piccolo grande amore» e la platea risponde a ogni sua nota. In rigoroso ordine cronologico, il viaggio nei ricordi è appena cominciato: «Benvenuti al mercato delle emozioni, delle sorprese e delle canzoni» dice Baglioni rivolgendosi ai fan prima di eseguire "Porta portese". Dello stesso album arriverà poi "Quanto ti voglio" e "Con tutto l’amore che posso".

Non ci sono maxi schermi, nessuna proiezione se non i racconti di Peparini che si alternano tra una canzone e l’altra. Non è un concerto, è uno show a metà tra musical e teatro: è la volta di "E tu", "Sabato pomeriggio", "Amore bello" e "Quante volte". Passano gli anni e ascoltiamo album dopo album: "Strada facendo", "Avrai", "La vita è adesso" e "Mille giorni di te e di me". Momenti di riflessioni si alternano a tripudi di luci e suoni, freestyle al centro palco e ritmi ipnotici.

Tra i quadri più affascinanti della serata: i costumi principeschi in "Notte di note", la bravura dei funamboli in "Acqua dalla luna" e "Cuore di aliante" che diventa un pezzo corale potente e coinvolgente. Per chi c’era, come conclude Baglioni, «è stato un sogno bellissimo».

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