Lo storico gruppo inglese (25 milioni di dischi in carriera) ci presenta il nuovo frontman e ci dà appuntamento alle sue date italiane di fine ottobre

La scena (reale) è presente nel bellissimo documentario «Soul Boys of the Western World» incentrato sulla storia degli Spandau Ballet e uscito nel 2014. Si vede una piazza centrale di Milano e una berlina scura circondata da una folla impazzita di fan femminili che la bloccano e picchiano a ripetizione sui finestrini urlando istericamente nomi propri di popstar inglesi. La macchina riparte a fatica e, fortunatamente, nessuno si fa male.
Era l'autunno del 1986 e gli Spandau Ballet si godevano i frutti del successo di «Through The Barricades», il loro quinto album uscito per la CBS che li avrebbe portati a vendere centomila biglietti in Italia e a suonare in qualcosa come sedici concerti sold out nella Penisola.
Trentadue anni dopo, la location è sempre la stessa (la famosa piazza meneghina dove ha sede l'hotel che ci ha ospitati per l'intervista), siamo tutti un poco più invecchiati, gli show ora saranno solo tre (dal 23 al 25 ottobre tra Milano, Roma e Padova) e ovviamente nessuna fan urlante ha dato fastidio a Gary Kemp e soci.
Il motivo della loro visita è presto detto: gli autori di «To Cut A Long Story Short», «True» e «Gold» sfoggiano dal giugno scorso un nuovo cantante (il trentenne Ross William Wild, un curriculum nei musical del West End londinese dove l'ha scoperto Martin Kemp, fratello di Gary) a cui spetterà la sfida non indifferente di sostituire l'icona Tony Hadley che, dopo quel famoso tweet d'addio del 3 luglio 2017, è ritornato a essere un solista a tutti gli effetti.
Come andrà a finire quest'ennesima puntata della loro vicenda ce lo racconterà soltanto il tempo. Quello che abbiamo appurato, intervistando quattro Spandau Ballet su cinque (assente solo il sassofonista Steven Norman, trattenuto in patria per motivi familiari), intervenuti progressivamente all'incontro con Sorrisi, è stata una sensazione predominante. Quella di un gruppo di musicisti scafati e pronti a vender cara la pelle.
Il resto facciamocelo raccontare da loro stessi (i fratelli Kemp, il batterista John Keeble, più il nuovo arrivato Ross) nel corso di una eloquente chiacchierata dove - concedetci il piccolo spoiler - non sono mancati gli argomenti caldi, le risposte pungenti, i ragionamenti arguti e tutto l'orgoglio british di un gruppo nato nell'ormai lontano 1979.
Un gruppo che al giorno d'oggi non duellerà più in classifica con i Duran Duran della situazione, ma se la dovrà vedere con un "rivale" decisamente più impegnativo. La propria storia.
Gli Spandau Ballet in concerto
Cos'è questo per gli Spandau Ballet: l'inizio di una nuova era o il tentativo di rimettere in sesto la band?
Martin Kemp «Un po' entrambe le cose. Si tratta sicuramente di una nuova era perché Tony ha preso la sua decisione e noi, di rimando, non volevamo affatto fermarci, ma tenere unita la band. Il futuro? Ci interessa scrivere nuove canzoni e suonare dal vivo. Un passo per volta.»
Ho visto qualche video di Ross sul web e la mia impressione è che non sia esattamente un clone di Hadley, però allo stesso tempo è costretto ad assomigliargli molto per quel che riguarda la potenza vocale e la carica soul. Non è colpa sua, d'altronde, se ammicca: sono proprio le vostre canzoni più celebri che lo richiedono. Vorrei conoscere la vostra opinione...
John Keeble «Dall'estate scorsa ognuno si è fatto la propria idea su Ross e noi non siamo più degli ingenui diciassettenni in grado di lasciarsi influenzare dal giudizio altrui. Prendici pure per arroganti se vuoi, ma quello che pensiamo del nostro nuovo cantante non ce lo intaccherà nessuno: Ross è la persona giusta per gli Spandau Ballet e sa quello che fa. Punto.»
Martin «Ci sembra una situazione simile a quella che accadde ai Queen quando annunciarono che il sostituto di Freddie Mercury (e di Paul Rodgers, ndr) sarebbe stato Adam Lambert. Costui, ovviamente, non ha oscurato il mito di Mercury, ma non ha neanche tramutato Brian May e Roger Taylor in una sorta di tribute band. Noi, molto semplicemente, pensiamo che sarà così anche per Ross.»
Sospetto quindi che vi faccia male leggere su Internet frasi tipo 'No Tony, no party'. Cosa rispondete a questi fan?
John «Pensa che ai Queen succede ancora uguale per quel che riguarda John Deacon! (il bassista originale che ha sempre rifiutato qualsivoglia ipotesi di reunion senza Mercury, ndr) Scrivono su Facebook 'No Deacon, no party' perché certi fan sono fatti così. E allora il nostro Gary Kemp cosa dovrebbe pensare? Nella band che Nick Mason dei Pink Floyd ha messo assieme da poco (i Nick Mason's Saucerful Of Secrets, ndr) a lui è spettato il ruolo di Syd Barrett e lo sta pure svolgendo egregiamente. Ha senso non suonare mai più dal vivo 'See Emily Play' perché Syd è morto anni fa? Per me, onestamente, no.»
Nel frattempo ci raggiunge Gary Kemp, il compositore del 99% dei pezzi degli Spandau Ballet.
L'unica cosa che non ho capito, però, è perché Tony vi ha scritto quello sbrigativo tweet di addio. Voglio dire: dai tempi della vostra reunion (2009) le cose stavano andando sempre meglio per la band. L'album acustico 'Once More', i tour mondiali, il documentario 'Soul Boys of the Western World', le canzoni inedite prodotte da Trevor Horn, ecc.
Gary Kemp «Beh, partiamo col dire che tenere assieme una band famosa non è affatto un gioco da ragazzi. Noi, fin da quel 2009, volevamo creare nuova musica mentre Tony procrastinava. Prendi i brani della colonna sonora di 'Soul Boys of the Western World' (quelli curati da Horn, ndr): ne abbiamo incisi appena tre perché il nostro ex cantante ci ha concesso il tempo necessario per completare esclusivamente quelli. Terminato il tour mondiale del 2015, Tony ci ha chiesto una pausa di quattro anni perché voleva dedicarsi ai suoi progetti solisti. E questi suoi sentimenti non sono combiaciati coi nostri...»
Domanda secca: se n'è andato lui o l'avete accompagnato alla porta voi?
Gary «Ok, chiarirò la cosa qui una volta per tutte: Tony ha mollato la band. Noi non lo abbiamo mai e poi mai cacciato. È stata una sua decisione.»
Quando avete cominciato a provare con Ross? Gary, esibendosi in tour con lo stesso Nick Mason, è stato parecchio impegnato ultimamente...
Martin «Ci siamo incontrati lo scorso maggio in previsione della data al Subterania di Londra. Quella dove poi abbiamo presentato Ross ai nostri fan. Abbiamo ripreso da poco a vederci e i risultati sono stati ottimi.»
Ed ora tocca finalmente a noi italiani con le date di Milano, Roma e Padova. Anticipazioni succose?
Martin «Beh, la scaletta di questi show autunnali sarà molto più corposa rispetto al Subterania dove ci esibimmo per un'ora. Stavolta suoneremo molti più classici e forse ci sarà pure spazio per qualche piccola sorpresa.»
Gary «Di quel maggio ho ancora in mente una versione piano e voce di 'Through The Barricades' nella quale Ross mi ha emozionato tantissimo. Lui quel brano non lo canta e basta, ma lo racconta al pubblico come un perfetto storyteller.»
Evocato da Gary, Ross William Wild fa la sua comparsa nella stanza. Canotta bianca, muscoloso, occhi sospesi tra il verde e il grigio. La grinta giusta nel rompere il ghiaccio.
Allora Ross, più stressato o emozionato di trovarti in questa nuova sfida?
Ross William Wild «Stressato, decisamente stressato! (ride) Come potrei negarlo? Lì ho sentiti anch'io quei discorsi alla 'No Tony, no party', ma il mio resta uno stress positivo. Mi tiene vivo e voglioso di dimostrare all'audience che non sono capitato qui per sbaglio.»
Nel rock (o, per meglio dire, nell'hard rock) non è la prima volta che il sostituto di un cantante amatissimo riesce ad entrare nel cuore delle folle. Penso agli AC/DC con Brian Johnson, ai Deep Purple con David Coverdale e ai Van Halen con Sammy Hagar. Che ne pensate?
Gary «Che quelli erano gruppi dall'audience prettamente maschile. Con gli Spandau Ballet è tutto un altro tipo di storia perché noi abbiamo moltissime fan donne che amano Tony; però contemporaneamente, restiamo dei validi musicisti e non balliamo come una qualsiasi boy band. Siamo un'entità pop complessa da analizzare. E poi, comunque, viviamo in democrazia. Se volete vederci dal vivo con Ross, siete i benvenuti. Non vi convince l'idea? Amen, noi non ci fermeremo comunque. (sorride)»
Forse un album dal vivo, con dentro tutti i vostri classici degli anni '80, aiuterebbe il pubblico ad apprezzare sempre di più il vostro nuovo frontman...
Gary «Penso di sì. Anche perché non ne abbiamo mai pubblicato uno finché siamo esistiti. Circola una nostra esibizione del dicembre 1986 in quel di Birmingham ('Live from the N.E.C.' del 2005, ndr), ma uscì quando il gruppo non esisteva già più da un pezzo. Quindi quella del disco dal vivo è una opzione che dobbiamo tenere presente.»
A proposito di dischi: nel 2019 saranno trent'anni giusti dall'uscita di 'Heart Like A Sky', l'ultimo vero album di inediti degli Spandau Ballet. Non sarebbe forse il caso che...
Martin «Nel 2019, a dircela tutta, saranno anche quarant'anni tondi che esistono gli Spandau Ballet! (ride)»
Gary «Già, scordatevi gli anniversari perchè ormai è tutto un anniversario continuo! Ci chiedi se scriveremo nuove canzoni? Probabilmente sì, ma al momento ci interessa di più concentrarci sulla parte live. E poi ci sarebbe sempre quel paradosso di mezzo...»
Prego?
Gary «Sono pronto a scommettere quello che vuoi che, se mai suonassimo dal vivo un nuovo brano, la gente correrebbe subito a prendersi una birra al bar! Perchè ormai funziona così. Ok, i fan pretendono nuova musica e la reclamano su Internet. Poi però, quando la realizzi, si lamentano che hai omesso una hit storica dalla scaletta per farci stare una canzone composta tre mesi fa...»
Ultima (corposa) domanda: una cosa che mi ha sempre colpito degli Spandau Ballet è che vi siete presi una pausa lunga diciannove anni quando nelle classifiche mondiali stava realmente cambiando tutto. Nei primi anni '90 andavano forte gruppi tipo Metallica, Guns N' Roses, Nirvana, Pearl Jam e Red Hot Chili Peppers che con voi non c'entravano niente...
John «Tesi interessante. Vai avanti.»
La vostra, in definitiva, è stata una vicenda molto romantica. Una cosa tipo: ok, questo non è più il nostro mondo e perciò tanti saluti. Magari un giorno ci rivedremo...
Gary «Esatto. E poi gli anni '90 sono stati anche il decennio delle boy band e dei superstar DJs. Come potevano competere noi che suonavamo 'Only When You Leave' o 'I'll Fly For You'? Però, dai, alla fine siamo sempre sopravvissuti. Sopravvivere a ogni circostanza è un po' la morale di questa bella storia chiamata Spandau Ballet.»
I tre concerti del 2018 in Italia
I "nuovi" Spandau Ballet (con Ross William Wild alla voce) saranno in concerto il 23 ottobre a Milano (Fabrique), il 24 a Roma (Atlantico Live) e il 25 sempre dello stesso mese a Padova (Gran Teatro Geox). La storia, evidentemente, riparte da qui. E finora è stata meno "breve" di quanto predetto dalla band in quel famigerato 1980, anno d'uscita di «To Cut A Long Story Short».