Jovanotti: «Nessuno ha un pubblico stupendo come il mio!»

Lorenzo festeggia con Sorrisi trent’anni da «numero uno» e ci racconta le sensazioni del tour che terminerà il 3 e 4 luglio a Milano

Il 5 luglio Jovanotti registrerà un live acustico per la serie «Storytellers» che andrà in onda il 29 luglio alle 23 su VH1, Spike e Paramount  Credit: © Michele Lugaresi
28 Giugno 2018 alle 11:22

Jovanotti mi risponde al telefono da Zurigo, in Svizzera. In questi giorni sta affrontando la tranche europea del tour «Lorenzo Live 2018», da Stoccarda a Lugano passando per Londra e Bruxelles. Non è un tour come tutti gli altri: con 67 date nei palasport e circa 700 mila spettatori, Lorenzo si è superato. Il 3 e 4 luglio si chiude con due serate al Forum di Assago (MI).

Ma prima di farlo parlare dei concerti, sono io a raccontargli una storia: era il 26 giugno 1988 quando «Gimme five» andò al primo posto della Superclassifica di Sorrisi, facendo di lui un numero uno. Trent’anni precisi. «Ma dai? Che figata!» mi risponde Jova scoppiando a ridere. «Meno male che ogni tanto qualcuno mi ricorda queste cose, altrimenti... Trent’anni?». Poi, una breve pausa: «Mamma mia».

Non le piacciono gli anniversari?
«Forse mi fanno un po’ paura. Tutto quello che ha a che fare con il passato tendo a minimizzarlo. Ma in realtà è una gioia, sono stati trent’anni pazzeschi. E così rapidi. Se chiudo gli occhi mi sembrano un battito di ciglia. E poi non credo di essere così cambiato. Lo spirito di “Gimme five” è ancora intatto».

Sta concludendo un tour massacrante. Chi gliel’ha fatto fare?
«All’inizio ero fermamente contrario, quando Marco (Sorrentino, manager di Jovanotti, ndr) mi ha spiattellato davanti il calendario gli ho detto: “Sei pazzo?”. E lui mi ha risposto: “È una cosa che non ha mai fatto nessuno!”. Ho deciso di fidarmi, a condizione che  potessi fare lo spettacolo che volevo io, senza limiti di budget. A me dei record interessa poco, io traggo giovamento dallo stare sul palco a suonare».

Ne ha avuto di tempo, sul palco.
«Non avevo mai sperimentato un tour così lungo con uno spettacolo così scritto e ben definito. È come una pista automobilistica: il giro è sempre lo stesso, ma ogni giro si cerca di migliorare la performance. Ogni sera lavoravamo di cesello per ottenere lo show perfetto. Ho imparato un sacco di cose, questo tour ha rinnovato il mio entusiasmo».

Erano entusiasti anche i fan?
«La grande “botta” di questo show sono loro. Nessuno ha un pubblico come il mio: tre generazioni di persone belle, che vengono con la faccia predisposta alla festa. E che soddisfazione vedere il parterre pieno di ventenni: non è mica scontato. Volevo che il pubblico facesse parte dello spettacolo, che le luci fossero puntate su ciascuno di loro. E infatti per ringraziarli ho realizzato un video di “Viva la libertà” che è un misto tra “live” e “fiction”: in mezzo al pubblico appariranno cose surreali, lottatori di wrestling, mariachi, Hare Krishna, Bebe Vio vestita da Miss Libertà, una giraffa. Lo vedrete alla fine del tour».

Era una prova impegnativa anche fisicamente. Quanto si è allenato?
«Lo spettacolo è un esercizio così intenso che bastava un’ora ogni mattina. A me piace lo sport quindi non mi costa fatica, mi alleno tutto l’anno. E poi ho curato l’alimentazione. Grazie al cielo non bevo e non mi strafogo, però a 50 anni bisogna stare più attenti. Negli ultimi sei mesi ho fatto la vita di un ciclista che corre il tour de France. Quello però dura 20 giorni (ride)».

Che tipo di esercizi fa?
«Se non ho lo spettacolo la sera faccio “interval training” (successione di esercizi che alternano bassa e alta intensità, ndr), alleno l’aspetto “cardio” e l’agilità. Se c’è lo show faccio “forza esplosiva”, una specie di crossfit, un allenamento da pugile: movimenti sul posto e un po’ di macchine. Un furgone ci segue per poter allestire una piccola palestra nella camera d’albergo, solo con le cose che mi servono, come la bici da spinning. Il problema alla mia età non è la forza, ho più energia di quando avevo vent’anni. Quello che cambia è il recupero: quando finisce il concerto, mi devono mettere in frigorifero. Del resto qualsiasi sportivo alla mia età si sarebbe ritirato da una quindicina d’anni (ride)».

In questi giorni in giro per l’Europa che cosa vede dal palco?
«Quello che vedo in Italia: gente che vuole divertirsi. È una folla meno abituata al mio linguaggio, ma sono più stimolato a conquistare la loro curiosità. La cosa commovente, però, è incontrare tanti ragazzi italiani che sono venuti qui a studiare o a lavorare».

C’è un aspetto di questo tour che l’ha colta di sorpresa?
«La reazione alle canzoni dell’ultimo disco. Di solito un nuovo album ci mette più tempo a entrare nel cuore dei fan, invece cantavano tutti i pezzi a memoria. Mi ha preso bene».

Sua moglie Francesca e sua figlia Teresa l’hanno seguita in tour?
«La Francesca era con me in tutte le date. La Teresa qualche volta, aveva diversi impegni con l’Accademia d’arte dove studia. Ma ora ha finito gli esami e quest’ultima parte all’estero se la sta facendo tutta accanto a me».

Ho visto che Teresa fa delle bellissime illustrazioni su Instagram.
«È brava la Teresa, sì. Tengo molto conto del suo giudizio. La ascoltavo anche da bambina, ma adesso è diverso, è una che se ne intende, è un’esperta di grafica, ascolta una barca di musica, mi confronto spesso con lei. È un’appassionata dell’universo Marvel, il suo sogno è di entrare nel mondo della grafica legata all’animazione».

Tornando al tour, è vero che tutti quei lampadari saranno venduti?
«Sì, sono già all’asta (sul sito charitystars.com, ndr) e tutto il ricavato andrà in beneficenza».

Ma c’è un oggetto che conserverà di questo tour?
«La chitarra pazzesca che uso, azzurra con la scritta “Jovanotti”, me la sono fatta fare per i miei 50 anni e l’avevo conservata per questa occasione. Finito il tour verrà riposta, non ne farà un altro. Ma io non sono uno che conserva le cose. Persino del mio babbo e della mia mamma ho solo due cosine, piccole. Il passato preferisco portarmelo nel cuore. Gli oggetti mi mettono malinconia».

Cosa farà dopo il tour?
«Mi fermo un attimo, ma poi voglio subito tornare a scrivere. Sono fatto così: non ho mai scritto una canzone in tour. Ho bisogno di finire e aprire un’altra fase in cui le antenne si alzano in modo diverso. In tour sono megalomane, quando finisce mi faccio piccolo piccolo, invisibile. Così riesco a entrare nelle pieghe della realtà, a beccare qualche sensazione che poi diventa una parola e infine, se tutto va bene, una canzone».

Ma qualche viaggio lo farà?
«Certo, fa tutto parte della scrittura: per me viaggiare significa scrivere con i piedi. Durante il tour mi sono letto un sacco di libri ambientati in posti assurdi dove vorrei andare...».

Come mai ha voluto portare in radio «Affermativo»? Non è la classica canzone estiva e tratta un tema forte e attuale, l’immigrazione.
«Ho sempre amato questa canzone. Non pensavo che potesse essere un singolo, ma il remix di Takagi & Ketra mi ha fatto cambiare opinione. Mi piace l’idea che, tra tutte le tipiche canzoni dell’estate, ci sia anche lei. Non ha niente di inquietante o ideologico, è solo la storia di un ragazzetto di 18 anni che parte. Tutti noi mettiamo la nostra vita in viaggio quando siamo giovani, chi nel pericolo, chi nel benessere. Mi disturba che il tema dell’immigrazione sia trattato solo attraverso numeri e infografiche: volevo toccare un punto emotivo. Forse ho rinunciato ad avere una hit estiva, ma nel mio cuore “Affermativo” è una numero uno».

La copertina del numero 26 di Sorrisi l’ha «progettata» proprio lui

Quando abbiamo offerto a Jovanotti di tornare sulla copertina di Sorrisi per festeggiare il successo del suo tour, lui ci ha risposto con entusiasmo. E non solo: ci ha fatto un regalo, disegnando un paio di copertine ideali con il suo iPad (guardatele qui sopra) in cui si vede il nostro logo «stilizzato» e una grande scritta colorata, «Jova». Poi ha mandato il tutto con un messaggio Whatsapp al nostro direttore, che ha accolto il suggerimento grafico di Lorenzo trasformandolo nel numero di Sorrisi che avete in mano. Insomma, è una copertina d’autore, da collezionare.

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