Max Pezzali, Nek e Renga: «Ora siamo diventati una vera band»

I tre cantanti stanno girando l’Italia con un tour di successo che adesso è anche un doppio cd. «Ci dicevano che i nostri pubblici erano troppo diversi per mescolarsi» raccontano. «E invece i fan hanno capito da subito»

Max Pezzali, Nek e Francesco Renga  Credit: © Pigi Cipelli
8 Marzo 2018 alle 15:26

Una scommessa, forse perfino un azzardo. Così, pochi mesi fa, appariva a molti addetti ai lavori l’idea di riunire sullo stesso palco tre artisti con storie e percorsi diversi come Max Pezzali, Francesco Renga e Nek. Invece ha funzionato alla grande e il trio, dopo aver riempito i palazzetti, il 9 marzo pubblica «Max Nek Renga, il disco», doppio cd dal vivo che raccoglie le maggiori hit dei loro repertori reinterpretate a tre voci. Intanto il tour continua a far cantare il pubblico da Nord a Sud e si prepara al gran finale del 28 aprile nella suggestiva cornice dell’Arena di Verona.

Prima ancora che il tour partisse avevate già venduto 50 mila biglietti e avete dovuto aggiungere altre date. Siate sinceri: vi aspettavate un successo di questa portata?  
RENGA: «Ci speravamo molto perché questa “cosa” è nata dall’entusiasmo di fare qualcosa d’importante insieme e speravamo che anche il nostro pubblico si mescolasse, capisse quella che era l’intenzione che c’era alla base».
NEK: «In molti, soprattutto i giornalisti, ci avevano messo in guardia sul fatto che non fosse affatto scontato che le nostre tipologie di pubblico si integrassero. Invece ci siamo resi conto che i nostri fan sono tutti “fratelli” («O alla peggio cugini» aggiunge ridendo Renga, ndr). Quello che vediamo ai concerti è un pubblico che abbraccia tutte le fasce, con diversi spazi generazionali».
PEZZALI: «Sono d’accordissimo. Aggiungerei che la soddisfazione è stata, fin dalla data zero, vedere che il pubblico aveva capito. Era sulla nostra lunghezza d’onda. Quella di creare un evento che desse alla gente una buona ragione per uscire di casa. Abbiamo fatto qualcosa di nuovo e il pubblico lo ha apprezzato. E lo vedi dalla gioia delle facce che hai davanti la sera». 

Abituati alla vita da solisti come avete vissuto questa condivisione degli spazi?
NEK: «Benissimo. Adesso il problema sarà riabituarsi a stare sul palco da soli».  
RENGA: «È vero. Tornare indietro sarà difficile. Ragazzi, ve lo giuro, non vi vedevo da due giorni e già mi mancavate moltissimo! (ride)».  
PEZZALI: «È bello salire sul palco e condividere tutti i momenti, dalle prove alla cena. È un gioco di squadra a cui chi fa l’artista solista non è abituato. Alla fine ti senti squadra, un gruppo, al di là della band che ti accompagna sempre. Ed è un aspetto umano e professionale che quando ti fermi manca tantissimo».  

Sembra che la stiate proprio vivendo più come un gruppo che come l’unione di tre artisti solisti.
NEK: «Per me è proprio così. Anche perché, a differenza di Max e Francesco, che hanno iniziato la carriera con dei gruppi (883 e Timoria, ndr), io non avevo mai vissuto questa esperienza. Avevo un gruppo agli inizi, ma quando si è trattato di salire su un palco vero e fare sul serio gli altri elementi si sono tirati indietro e hanno scelto altre strade. A me la voglia del gruppo è rimasta e con loro due finalmente la sto vivendo. Le responsabilità sono divise in tre e m’immagino di fare parte di una band, con i fan che aspettano, il pubblico che canta. Tutte quelle cose lì».  
RENGA: «Idealmente è proprio quello. Ed è bello. Io ho avuto la possibilità di vivere quell’esperienza all’inizio del mio percorso e ho sempre cercato di ricrearla. La band ti protegge, è un pugno chiuso, e questo clima è molto bello nonché il motore di tutta l’operazione. Senza un clima e un’affinità così, sarebbe stato inimmaginabile fare un’esperienza del genere. Anche per questo sono contento che tutto ciò adesso diventi un disco. Per noi riascoltarlo tra qualche anno sarà bellissimo».
PEZZALI: «Pensa che a me ormai esalta di più fare i loro pezzi, tipo “Nuova luce” di Francesco o “Almeno stavolta” di Filippo (il vero nome di Nek, ndr). È rompere la mia routine ed è comunque una novità. Il pezzo dell’altro diventa mio, si annullano le distanze».

Il trio si è formato col brano di Pezzali «Duri da battere». Come è accaduto?   
PEZZALI: «Da un’impasse. Avevo composto quel brano, ma il pezzo era fermo. Era in una tonalità che  non riuscivo a coprire. Insomma,  mi servivano dei cantanti...».
RENGA: «...non li ha trovati e allora ha preso noi».
PEZZALI: «Ma smettila! Mi sono rivolto ai migliori che mi venissero in mente. E da quel momento c’è stato anche un lavoro sulla melodia, sull’adattamento, mi hanno aiutato a riscriverlo. E da lì, la battuta, la bottiglia di vino, prodotta da Renga, che va giù che è un piacere… è nato tutto. È nata l’atmosfera giusta».

Come avete fatto a scegliere le 30 canzoni del disco?
NEK: «Per esclusione. Ognuno ha messo i suoi brani più rappresentativi e le hit. Con tre carriere come le nostre e un tour condiviso ci siamo basati sulla nostra storia: quali brani hanno fatto la nostra storia? Non ci stavano tutti, ma questo è stato il criterio».
PEZZALI: «Nel mio caso l’idea era anche quella di mettere brani che fossero conformi all’idea di festa che ci eravamo dati. Niente roba triste».   
RENGA: «L’obiettivo era ritrovare quella scintilla, quella festa che c’è ogni volta che siamo sul palco e riportarla su disco».

In tour chi è il più casinista?  
RENGA: «Filippo. È il ragazzino del gruppo, il più giovane e il più scalmanato. E poi ha questa “menata” del musicista...».
NEK: «È che gli altri “si vantano” di non saper suonare, poi vengono da me per risolvere i problemi».
PEZZALI: «Filippo è come Mr. Wolf in “Pulp Fiction”: risolve problemi. È quello che ha più visione d’insieme».

Potrebbe nascere anche un vostro disco d’inediti?      
NEK: «Non ci abbiamo ancora pensato, ma potrebbe succedere di tutto».
RENGA: «Comunque sappi che, visto che ce lo hai chiesto, se accadrà sarà stata colpa tua».

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