Max ci racconta le emozioni e la gioia che ha provato nei due sensazionali e trionfali concerti che ha tenuto a Milano
San Siro canta. San Siro balla. San Siro urla. E lui con loro. Per due anni (a causa del Covid) si sono aspettati a vicenda, Max Pezzali e il suo pubblico: dovevano vedersi in quello stadio e così, alla fine, è stato. L’hanno definita come “la rivincita degli Anni 90”: forse è vero o forse no, non importa. Restano due serate epocali: 120 mila persone in totale, generazioni di ieri e di oggi unite dai pezzi di Max, cantati per due ore e mezzo a perdifiato.
Ormai è passato qualche giorno e possiamo tornarci a mente fredda. Quali sono le sensazioni?
«All’inizio ero timoroso, perché San Siro ha un effetto veramente intimidatorio. Poi ho avuto paura della paura stessa: “Arrivo lì e magari va tutto storto” pensavo. Invece, dopo la data zero a Bibione (VE), abbiamo visto che la scaletta funzionava bene e quindi mi sono tranquillizzato».
Ripensiamo alla prima serata...
«Quel pomeriggio mi sembrava tutto quasi irreale: quando, avvicinandomi allo stadio, l’ho visto così gigantesco, con la gente in fila per entrare, un po’ di “strizza” mi è tornata. Poi non avevamo potuto fare le prove nei giorni precedenti perché c’era appena stato il concerto di Alessandra (Amoroso, ndr)... Anche se poi, forse, questo è stato un bene perché siamo saliti sul palco “alla brutta”, senza pensieri».
E una volta sul palco?
«Immediatamente ho sentito il calore della gente, con quel boato... Sebbene possa sembrare assurdo, mi è sembrato di respirare un’atmosfera molto intima e raccolta. Ho sentito un amore talmente forte che a quel punto non ho potuto fare altro che divertirmi come un matto».
Infatti sembrava non volersene ritornare a casa.
«Ed è vero. Dopo il concerto della prima serata, proprio non avevo voglia di uscire da lì. Ero quasi disposto a dormire nello stadio, in camerino. Poi mi hanno convinto che sarebbe stato un po’ alienante (ride)».
C’è stato un momento in cui si è emozionato particolarmente?
«Quando prima dei pezzi lenti ho chiesto a tutte le persone di accendere i led dei telefonini. Io faccio parte di una generazione che ai concerti usava gli accendini: oggi ci sono gli smartphone che forse sono meno romantici, ma fanno un effetto assolutamente pazzesco».
Accanto a lei ha ritrovato tanti amici. Primo fra tutti, Mauro Repetto, con cui ha fondato gli 883.
«Non lo ringrazierò mai abbastanza per essere venuto. Ha reso questa esperienza, fin da Bibione, straordinaria. Sembrava di essere alla gita scolastica in terza liceo. Mauro è una delle persone più divertenti che abbia mai incontrato e tutti coloro nella band che non lo conoscevano, magari musicisti arrivati da poco, lo hanno amato da subito. Mia moglie stessa, che forse lo aveva incrociato una volta, mi ha detto: “Ma è un mito”. Adesso siamo già d’accordo per andare da lui a Parigi, dove vive, a settembre. Vorremmo riallacciare bene i rapporti. L’altro grande regalo che mi ha dato San Siro è proprio lui».
C’erano anche Paola e Chiara.
«L’idea è nata parlandone con Paola, con cui mi vedo regolarmente. Poi lei ha sentito Chiara. Io sono stato sincero: averle con me non era un’operazione discografica, ma le volevo perché il pubblico se lo meritava e loro stesse avevano bisogno di vivere un momento così. Per fortuna hanno accettato».
Ci scriverà una canzone su questi concerti?
«Sicuramente emozioni così grandi lasciano sempre il segno. Magari non sarà un brano specifico sul concerto in sé, quello no. Però ritrasmettere la positività che ho provato anche in musica può essere una buona idea».
Quali le differenze tra il primo e il secondo concerto.
«Forse mi sono goduto di più il secondo, perché avevo una maggiore confidenza col palco e con la risposta del pubblico. Avrei voluto che quella serata non finisse davvero più. Una cosa che, per certi versi, è devastante perché poi ti risvegli a casa tua e ti manca da morire quella cosa lì. Vorresti avere un’altra serata, un’altra serata, un’altra ancora».
E invece lei che cosa ha fatto il giorno dopo?
«Ho cercato di rilassarmi guardando qualche serie su Netflix e Prime Video, che avevo lasciato in sospeso per via delle prove dei concerti. Ho provato a fare finta che fosse tutto normale, ma non ci sono riuscito. Perché le immagini di uno stadio che canta con te non puoi togliertele dalla mente. Ho capito che San Siro davvero può darti dipendenza (ride). È la sensazione più bella del mondo e, una volta che la provi, la rivuoi. Non avevo mai sentito una cosa simile».
Intanto è già stato annunciato un nuovo tour nei palazzetti che andrà dall’autunno alla primavera.
«Psicologicamente per me è un gran sostegno. Perché da una parte mi aiuta a non pensare che l’esperienza di San Siro sia finita ma dall’altra mi permette di iniziare a concentrarmi su qualcosa di nuovo».
La prima data di questo nuovo tour sarà il 29 novembre a Milano, al Mediolanum Forum (altre info su www.vivoconcerti.it): già esaurita.
«Infatti avremo una seconda data a Milano: mercoledì 30 novembre. Sono sicuro che ci divertiremo ancora tantissimo, anche perché riproporremo lo stesso format di concerto. Con tutte le nostre hit».