U2 in concerto a Roma, la recensione

Due date sold out a Roma, uniche tappe nel nostro paese per il The Joshua Tree Tour 2017. Vi raccontiamo il concerto

U2 in concerto a Roma  Credit: © Splashnews
17 Luglio 2017 alle 12:53

Sono circa le 21.30 quando le luci dello Stadio Olimpico si spengono e partono le prime note di Sunday Bloody Sunday; il boato del pubblico è impressionante e da qui in poi non ci sarà neanche un momento per tirare il fiato. Gli U2 sono in Italia per due date consecutive sold out a Roma, uniche tappe nel nostro paese per il The Joshua Tree Tour 2017.

Nessun album nuovo da portare dal vivo dunque, ma una grande celebrazione di uno dei loro capolavori, l'album del 1987. La band infiamma il pubblico con una partenza tutta dedicata a brani storici dei primi anni 80, dopo «Sunday Bloody Sunday», con un pensiero alle vittime di Manchester e di tutti gli altri attentati recenti, è il turno di New Year's Day, A Sort Of Homecoming e la splendida Pride (In The Name Of Love), anch'essa cantata con un auspicio per la pace globale.

Bono parla spesso con il pubblico, ringrazia Noel Gallagher e i suoi High Flying Birds che hanno aperto magistralmente lo show con anche qualche classico degli Oasis, ribadisce il legame e l'amore per l'Italia e racconta come in questo tour abbiano rispolverato canzoni che non eseguivano da 30 anni. È il momento infatti di suonare tutto The Joshua Tree dal vivo, a partire dalle inconfondibili note di chitarra di Where The Streets Have No Name, passando per la cavalcata di I Still Havent Found What I'm Looking For e la romantica With or Without You.

Il palco presenta un enorme schermo curvo su cui passano le immagini sempre suggestive a cura di Anton Corbijn, mentre lo show prosegue con la ballata Running To Stand Still, le influenze della musica tradizionale irlandese in Trip Through Your Wires o il rock di Bullet The Blue Sky e In God's Country. Colpiscono poi i brani meno conosciuti (e meno suonati) dell'album, ad esempio quando la band esegue una emozionante Red Hill Mining Town o nella dedica a tutte le persone scomparse troppo presto dalle nostre vite prima di One Tree Hill. Il disco suona in maniera splendida a distanza di 30 anni, sia per le sue canzoni immortali che per i temi legati al sogno americano di intere generazioni, i tantissimi irlandesi e italiani che affidarono agli Stati Uniti le proprie speranze.

L'album, come lo stesso Bono spiega durante lo show, ha acquistato poi nuovi significati ora nell'era di Trump, risultando ancora più attuale. Non è insomma una operazione di pura nostalgia, bensì la scelta di portare nei palchi di tutto il mondo un disco intriso di significati profondi. Dopo una breve pausa, la band torna sul palco per l'ultima sezione dello show, pensata per scatenare il pubblico con le hit più recenti. Non più repertorio anni 80, ma ci si emoziona con Miss Sarajevo (compreso un featuring virtuale con Pavarotti), si salta su Beautiful Day ed Elevation e ci si perde nei riff di Vertigo. The Edge è in forma smagliante in ogni assolo, la sezione ritmica di Mullen e Clayton non sbaglia un colpo e trascina perfettamente tutti i brani, compreso il funky di Misterious Ways, su cui Bono balla con una fan, e Ultraviolet (Light My Way), dedicata a tutte le donne che hanno lottato per i propri diritti. Quando lo show termina sulle note di una toccante One e Bono ringrazia tutti i fan per aver fatto proprie le canzoni rendendole "più forti dell'infinito", si rimane un attimo a riflettere su questa serata magica. Osservando il fiume di fan entusiasti che si allontana dallo Stadio, la sensazione è quella di aver assistito a qualcosa di unico per intensità ed emozione. Pochi show possono essere paragonati allo spirito di un concerto degli U2, forse l'ultima, grande, rock band.

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