Vittorio Grigolo, dal palco di “Amici” a quello di Verona per “La Traviata”

Da “bambino prodigio” a star della musica lirica. «Devo tutto alla voce e ai miei genitori che hanno creduto tanto nel mio talento» spiega il tenore, che a 42 anni è tra i nomi italiani più popolari al mondo

Vittorio Grigolo
5 Luglio 2019 alle 15:16

Da “bambino prodigio” a star della musica lirica, per Vittorio Grigolo il passo è stato breve. «Devo tutto alla voce e ai miei genitori che hanno creduto tanto nel mio talento» spiega il tenore, che a 42 anni è tra i nomi italiani più popolari al mondo. Complice del suo successo è stata anche la sua recente partecipazione su Canale 5 al serale di “Amici” in qualità di direttore artistico di una delle due squadre in gara, al fianco di Maria De Filippi. «La ringrazierò sempre» dice. «Come controparte di Ricky Martin poteva scegliere chiunque. Invece ha voluto me, scommettendo su un genere che sembrava non essere di moda, ma che ha lasciato un solco profondo nei giovani, più della musica trap».

Vittorio, partiamo da qui: il “suo” Alberto Urso ha vinto “Amici”.
«Già in semifinale, dal divano, immaginavo che avrebbe trionfato. Festeggeremo alla Reggia di Caserta: l’ho invitato in un mio prossimo concerto lì».

Com’è il bilancio dell’esperienza?
«Ottimo. Avrei voluto stare molto di più al fianco dei ragazzi durante le lezioni, ma sento di aver dato il massimo per sostenerli».

Pochi giorni fa, con Antonella Clerici su Raiuno, ha inaugurato la stagione operistica all’Arena di Verona. Com’è andata?
«Come avete visto ad “Amici” ho un temperamento molto forte. Lì ho cercato di limare questo aspetto trasformandomi in un “divulgatore” rigoroso».

Le piace condurre?
«Molto. Ho ricevuto anche altre proposte per il futuro, mi hanno lusingato».

Il primo agosto tornerà sul palco dell’Arena di Verona per “La Traviata”.
«Sì, sarà una serata di gala con la presenza di Plácido Domingo. Avrò modo di vivere da protagonista il sogno di Franco Zeffirelli, non vedo l’ora. Lo immagino ancora lì a scherzare con noi nel suo modo speciale».

Cosa significa portare l’opera all’Arena rispetto a un teatro?
«Ho sempre pensato che il teatro sia per gli attori e i cantanti, ma che l’Arena sia per i gladiatori. Sarà la mia nona Traviata, ma non nego di avere un po’ di paura. La mia voce in Arena la uso in modo diverso, proiettata come un guerriero che sfodera la sua spada. Sarà una grande emozione».

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