Annalisa e il suo album “E poi siamo finiti nel vortice”: «Questo disco mi ha trasformato»

Ci ha fatto ballare tutta l’estate con “Mon amour", è “Bellissima”, canta “Ragazza sola”, ma ora è una signora sposata

29 Settembre 2023 alle 08:00

Ci ha fatto ballare tutta l’estate con «lei che bacia lui che bacia lei che bacia me» (“Mon amour”), è “Bellissima”, come la sua hit, canta “Ragazza sola”, ma ora è una signora sposata (dal 29 giugno, con il manager Francesco Muglia) e sulla vita privata è riservatissima. Quindi, dato che abbiamo tante cose di cui parlare, ci avviciniamo con circospezione.

Annalisa, ci diamo del lei o del tu?
«Del lei noooo, del tu!».

Però il titolo del tuo nuovo album che esce il 29 settembre, “E poi siamo finiti nel vortice”, è al noi. Noi chi? Plurale maiestatis, tu e il tuo lui, oppure noi tutti?
«Noi tutti, è un noi “inclusivo”: ci sono io e ci siamo dentro tutti. Il titolo riporta a quelle fasi della vita in cui sperimentiamo un saliscendi di emozioni. La mia ambizione è che ascoltando le mie canzoni chiunque si possa identificare. Quando succede, sono felice. E “inclusiva” è anche quella che considero una vera e propria festa, al Forum, il 4 novembre. La mia prima volta al Forum, con l’abbraccio della gente. Un vortice di gioia».

In Fisica, la materia in cui ti sei laureata, il vortice è “il moto rotatorio, spesso turbolento, di un flusso o di un fluido”, giusto?
«Corretto».

Ma nel tuo cuore cos’è?
«Il vortice per me parte da dentro, quando vivi con passione e con forza quello che stai facendo. Ed è un invito a lasciarsi andare, nei moti emotivi. Visivamente ci sono io, in uno spazio che assomiglia a una spirale, infinita».

Alcune scrittrici paragonano un nuovo libro a un “figlio”. Anche per i dischi è così, secondo te?
«La metafora ha un senso, perché è vero che c’è sempre una scintilla, un “embrione”, da cui capisci che nascerà una storia da raccontare. Nel mio caso, il “fagiolino” che ha poi dato alla luce il resto è stato “Bellissima”»

“Bellissima” che tra l’altro è appena stata certificata quattro volte Disco di platino. Una hit bellissima come te che magari, però, in certi giorni ti sentirai bruttissima. In quei casi, cosa fai?
«Se posso, in quei giorni un po’ così, sto a casa (ride). Ma quando devo per forza uscire provo a ritrovare la fiducia, a ricaricarmi, a truccarmi bene. Faccio del mio meglio, combatto».

Il disco è allegro e colorato. Brani come “Euforia”, “Bollicine”, “Rosso corallo” e “Indaco violento” attraversano un arcobaleno di emozioni.
«Ci sono i colori, ma anche le ombre. Il disco racconta cicli che si ripetono: fasi in cui ti lanci in nuovi progetti e sei carico, momenti di stasi, delusioni, e poi l’attimo in cui si ricomincia, con nuovi entusiasmi».

Ombre, dici. Ma quando un pensiero “grigio” ti attraversa e attiva il caos, lo interrompi o lo accogli?
«All’inizio lo rifiuto, ma la pago: perché lo sconforto arriva dopo, tutto insieme. A volte ho tanti pensieri che oscillano, penso troppo, è sempre stato un mio problema, lo ammetto».

Nel brano “La crisi a Saint-Tropez” infatti canti che dovresti provare yoga.
«Me lo dico sempre e non lo faccio. Però per rilassarmi mi aiuta lavorare a maglia. Coi ferri in mano riesco a mettere in ordine i pensieri».

Come ti stai preparando fisicamente per il tour nei palazzetti che ti aspetta a Firenze, Milano, Bari, Napoli, Padova e Roma nel 2024?
«Sport zero. Cerco di mangiare bene, quello sì. E quando mi ci metto faccio ginnastica a corpo libero».

Elastici? Pesetti?
«In viaggio ho già le valigie pesanti. Di portare pure elastici e pesetti per fare gli allenamenti non ho tanta voglia».

Oggetti da cui non ti separi mai?
«Una coperta che mi fa da guscio ovunque io vada e l’orologio, perché senza mi sento nuda».

Se ti dico Sanremo?
«Sanremo è una grande opportunità, ma ci vuole la canzone giusta».

Torneresti in gara, o anche da conduttrice, se Amadeus ti chiamasse?
«Il mio mestiere è la musica, ma in altre vesti potrei anche divertirmi».

Parliamo dei tuoi cambi di look. Nei video dei tuoi brani cambi spesso. Come ti piaci di più?
«Ogni gioco di look è in realtà un progetto. In “Mon amour” serviva a rappresentare la grinta femminile e mi sono ispirata al film “Nikita” e al personaggio di Uma Thurman, Mia, in “Pulp fiction”. Ma devo dire che rivedendomi con i capelli corti biondi in “Ragazza sola” mi sono piaciuta molto. L’ispirazione sono gli Anni 80. Madonna, per esempio, nel video di “Papa don’t preach”. L’idea era quella di rappresentare la fase della consapevolezza di una donna. E anche, perché no, una certa dose di individualismo».

La solitudine per te resta un valore anche se adesso sei sposata?
«Un grande valore. Certo, abbiamo tutti bisogno del confronto, della telefonata, di sapere che in determinati momenti puoi chiamare qualcuno e andare a cena fuori, è naturale. Crescendo però ho capito che posso stare bene in compagnia di me stessa ed è uno dei raggiungimenti più importanti della maturità».

Un’ultima curiosità: ma tuo marito mica lo chiamerai “Mon amour”?
«Bella questa, ma no: uso il nome di battesimo o dei nomignoli ridicoli che non è il caso di ripetere».

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