I Baustelle e il nuovo album «L’Amore e la Violenza»

Intervista al gruppo toscano che ci parla del nuovo disco: «Ci piacerebbe scrivere ‘Vita spericolata’, ma preferiamo la guerra e l’eros». Un’opera dalle svariate citazioni, compresa l’icona Amanda Lear

I Baustelle, insieme da 20 anni. Da sinistra, Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini  Credit: © Warner Music
13 Gennaio 2017 alle 09:00

Muoiono tutti i più grandi. Bowie, Prince, George Michael, Carrie Fisher. Lo star-system non sa più dove spargere lacrime. Fortunatamente però i Baustelle sono vivi e vegeti e il 13 gennaio pubblicano il loro settimo album intitolato «L’Amore e la Violenza» in cui descrivono questi tempi difficili che stiamo vivendo da un’infinità di giorni.

Un contrasto, quello tra il sentimento per eccellenza e la sua controparte più turpe, che non sconfina mai nella cronaca nera anche se, come sostiene il leader Francesco Bianconi, «È quasi inevitabile che la violenza vada in simbiosi con l’amore. Non a caso il povero Leonard Cohen (scomparso lo scorso novembre, ndr) intitolò un suo disco "Songs of Love and Hate". Odio, violenza: direi che siamo sempre lì.».

Sofismi a parte, questa resta un’opera pop: dodici canzoni e almeno nove potenziali singoli. Il primo è l’irresistibile «Amanda Lear» (prepotente ode con più di un richiamo agli inglesi Pulp), mentre altrove si mastica un po’ di tutto (il Battiato de «La Voce del Padrone», i Daft Punk, addirittura il Rondò Veneziano) e alla fine ci si inchina al semplice crescendo de «La vita». Intesa come canzone che farà sfracelli dal vivo quando i Baustelle dal 26 febbraio prossimo porteranno in giro il loro credo fatto di romanticismo mai banale e consolatorio.


Dopo l'impegnativo «Fantasma» (2013) era questo l'unico album possibile per la vostra band?
Diciamo che era uno dei possibili. E comunque non avremmo potuto incidere un «Fantasma 2» coinvolgendo nuovamente un'intera orchestra sinfonica. L'unico diktat è stato quello; per il resto direi che ci siamo sbizzarriti.
Difatti «L'Amore e la Violenza» è il solito campionario di influenze variegate nella miglior tradizione dei Baustelle...
Prima mi citavi Battiato ne «Il Vangelo di Giovanni», i Pulp per «Amanda Lear», il Rondò Veneziano ne «La musica sinfonica» e altri. Direi che ci stanno come paragoni nobili. Nel senso che uno come Franco è sempre bene evocarlo, i Pulp ci piacciono e dietro a un progetto ?futurista' come quello del Rondò c'era un certo Gian Piero Reverberi che è stato un punto di riferimento per «Fantasma». Come vedi, tutto torna. (sorride)
La Lear è già al corrente che le avete dedicato una gran bella canzone?
Speriamo che lo venga a sapere presto. Però, con tutto il rispetto e la devozione che ho per una diva simile, lei in quel brano è più una metafora. Cito Amanda per descrivere un amore effimero che svampa nel breve volgere di un suo LP. Ovviamente chi fa saltare il banco è un maschio trascinato dal suo pessimismo da quattro soldi?
In «Basso e batteria» vi siete divertiti a trasformarvi nei Daft Punk? C'è parecchia elettronica e uso del vocoder in quel pezzo.
Beh, loro restano un esempio nobile nonostante mezzo mondo continui a vederli solo come ?un gruppo da ballo'. Un capolavoro tipo «Random Access Memories» l'ho sentito un mucchio di volte esattamente come certe produzioni dei Justice.
Senti, passi l'amore, ma la violenza?
Il fatto è che volevo scrivere brani d'amore ambientati in tempo di guerra. Una guerra come quella di questi anni, strana ma anche vigliacca visto che ti viene a bussare all'uscio di casa spargendo vittime innocenti. Solo che «Amore e Guerra » l'aveva già utilizzato Woody Allen per un suo film e quindi mi è venuta in mente la ?violenza' che, abbinata alla copertina del CD, sa molto di Pasolini e cannibal-movie allo stesso tempo.
Quanto artificio letterario c'è nei Baustelle visto che tu, da qualche anno, scrivi anche romanzi?
Quasi nulla visto che quello che racconto nelle canzoni e nei libri fa sempre parte del mio vissuto. Sai, è complicato per chi fa questo ?mestiere' compiere una netta cesura tra vita e arte. Complicatissimo.
Tu comunque un po' bipolare - detto in senso buono - lo sei eccome.
Cosa intendi dire?
Che la persona che compone in questo disco una traccia sperimentale come «Lepidoptera» è la stessa che scrive anche per Ramazzotti, Irene Grandi, Chiara Galiazzo ecc.
Hai ragione: quando fai l'autore per conto terzi devi sempre adottare la cosiddetta ?pregevole arte del compromesso'. E anche in quel caso uno non si sente mai completamente libero. Eppure talvolta succedono dei piccoli miracoli. Aver messo in bocca ad Eros un verso come «Dalla notte dai lupi e dagli assassini/Il tuo amore mi salverà'» è stata una soddisfazione enorme (il pezzo di Ramazzotti s'intitola «Alla fine del mondo» ed è uscito nel suo album «Perfetto» del 2015, ndr). Quelle sono parole che avrei potuto cantare anch'io in un brano cupo dei Baustelle.
Ultima domanda: ti piace il romanticismo schietto dei Thegiornalisti? Quel modo di fare pop oltremodo convincente, ma con un lessico così ?di pancia? nel descrivere il rapporto tra uomo e donna?
Il nostro è un romanticismo differente, non intellettuale, ma differente. D'altronde io invidio Tommaso Paradiso quando scrive quelle cose un po' alla Vasco Rossi. Lo trovo semplicemente geniale. Da questo punto di vista invidio anche Vasco perché mi piacerebbe un giorno comporre «Vita spericolata», ma non credo che ci riuscirò mai.

Seguici