Bruce Springsteen, il nuovo album “Western Stars”. Il primo ascolto

Ascoltando le note western, irrobustite da massicci apporti orchestrali, sembra di vederlo il Boss, col cappello da cowboy, sulla sua Dodge, in giro per le strade polverose e desertiche dell'America più profonda

Bruce Springsteen
29 Maggio 2019 alle 14:47

Se fosse un film il nuovo album di Bruce Springsteen sarebbe un road movie. Ascoltando le note western, irrobustite da massicci apporti orchestrali, di “Western Stars” - che arriva il 14 giugno a cinque anni di distanza dall’ultimo album di inediti - sembra di vederlo il Boss, col cappello da cowboy, sulla sua Dodge, in giro per le strade polverose e desertiche dell'America più profonda. La “sua” America, quella popolata di personaggi che lavorano duro e portano avanti le loro esistenze malgrado le avversità, che siano camionisti o stuntman, attori di serie B o semplici lavoratori.

Nei tredici brani di “Western Stars”, prodotto dallo stesso Boss con Ron Aniello, che ha suonato il basso, le tastiere e altri strumenti, si ritrovano una vasta gamma di temi tipicamente americani: le autostrade immense, gli spazi desertici, il sentimento di solitudine e d'isolamento e quello opposto di comunità, di casa, di speranza. Sentimenti che in ogni brano di Western Stars il Boss racconta attraverso un personaggio diverso: l'autostoppista di “Wayfarer”, l'uomo che in “Tucson Train” aspetta la sua donna alla stazione «solo per dimostrarle che un uomo può cambiare», gli avventori dello “Sleepy Joe's Cafe” o i clienti del “Moonlight Motel”, l’attore fallito di “Western Stars”, che un tempo veniva preso a pistolettate da John Wayne. E ancora lo stuntman di “Drive Fast”, che pur con «due spilli nella caviglia e una clavicola rotta», sta camminando verso casa, i cacciatori di cavalli selvaggi di “Chasin' Wild Horses”, il cantante country mollato dalla propria donna di “Somewhere North of Nashville”.


Già dal brano d'apertura, “Hitch Hikin'”, il Boss svela le carte: chitarra e voce protagoniste assolute, ma anche archi potenti in crescendo ad aggiungere drammaticità alla vena malinconica che permea questo viaggio nelle "route" assolate. E se l'apertura chiarisce subito che Springsteen è tornato, “Wayfarer”, “Tucson Train” e la title track “Western Stars” sono gemme autentiche che alternano con mestiere intimismo e ritmica.

Superato il momento allegrotto e quasi danzereccio di “Sleepy Joe's Cafe” ci s'inchina a uno dei capolavori assoluti del disco: “Drive Fast (The Stuntman)”, dove le regole di questo strano mestiere, “guida veloce e cadi rovinosamente”, si ergono quasi a metafora della quotidianità di chi, comunque, alla fine del giorno, deve portare a casa un pezzo di pane.

“Chasin Wild Horses” è l'omaggio all'altro grande amore del Boss oltre la musica: i cavalli, simbolo di forza e libertà e non a caso è proprio un cavallo ad apparire sulla copertina, mentre la meno convincente “Sundown” omaggia i dischi pop della California del Sud tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70. L'album riprende quota con la classica “Somewhere North of Nashville”, ma è soprattutto con “Stones”, ballatona commovente ed amara, che lascia il segno.


Dopo i due brani già in circolazione come singoli, “There Goes My Miracle” e “Hello Sunshine” arriva il gran finale dell'intensa “Moonlight Motel”, musicalmente più scarna del resto delle altre canzoni del disco e in un certo senso più springsteeniana, quasi a rimarcare che il Boss può permettersi, se vuole, anche il lusso di giocare a fare altro, ma la sua "signature" non è in discussione. E a far dimenticare anche i momenti in cui gli arrangiamenti a base di archi, fiati e "pedal steel", a cui hanno contribuito più di una ventina di musicisti (tra i quali Jon Brion, che suona la celesta, il Moog e la farfisa) e ospiti del calibro di David Sancious, Charlie Giordano e Soozie Tyrell, a volte “vestono” troppo la musica e la sovraccaricano.

In definitiva il diciannovesimo disco della carriera di Springsteen è un album solido e importante. E perfino politico nel suo ostinarsi a raccontare un' “America per tutti”, che più che a “tornare di nuovo grande” pensa a conservare la sua profonda, anche se imperfetta, umanità.

Tracklist

1. Hitch Hikin’
2. The Wayfarer
3. Tucson Train
4. Western Stars
5. Sleepy Joe’s Café
6. Drive Fast (The Stuntman)
7. Chasin’ Wild Horses
8. Sundown
9. Somewhere North of Nashville
10. Stones
11. There Goes My Miracle
12. Hello Sunshine
13. Moonlight Motel

Tutte le canzoni sono state scritte da Bruce Springsteen.

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