Cesare Cremonini, «Possibili scenari»: un disco per guarire dalla solitudine

Intervista al cantautore che il 24 novembre pubblica il nuovo album. I fan di vecchia data impazziranno per «Nessuno vuole essere Robin», la "seconda «Marmellata #25»"

23 Novembre 2017 alle 14:20

Il periodo storico che stiamo vivendo è, forse come mai nel passato, caratterizzato da una crisi dell'identità molto forte: siamo generazioni che camminano a tastoni nel buio, alla ricerca dell'origine delle nostre insicurezze. Nella cornice di questo discorso si inserisce «Possibili scenari» - in uscita il 24 novembre per Universal - il nuovo progetto discografico di Cesare Cremonini. L'artista durante la conferenza stampa sottolinea più volte come questo disco nasca in modo istintivo, con la voglia di alzare l'asticella della qualità non per pura ambizione fine a se stessa, ma per regalare al proprio pubblico un piccolo gioiello che possa vivere il più a lungo possibile.

«Ho la sensazione che questo disco possa dare voce a tutte quelle persone, tra cui metto me stesso, che soffrono di mutismo in questo periodo, cioè di incapacità di far esplodere fuori di sé alcune sofferenze, dolori, alcune fatiche che inevitabilmente fanno parte ormai della nostra vita. È difficile individuare chi siano i veri addolorati: siamo tutti esposti alla solitudine».

Non fatevi ingannare: non è un disco triste. «Possibili scenari» vive di due anime, una che deflagrerà durante il tour negli stadi (con influenze musicali che vanno dal disco funk di Pharrell/Daft Punk alla psichedelia elettronica dei Tame Impala) e una che vi farà sciogliere il più piccolo nodo emotivo che portate dentro («Poetica» ne è il comandante). L'eccellente lavoro dello storico producer Walter Mameli, che ha registrato l'album nello studio Mille Galassie di Bologna (uno studio "artigianale", dedicato solo ed esclusivamente a Cremonini) e mixato tra Londra e New York, ha contribuito notevolmente alla nascita di un lavoro curato nei dettagli, suonato strumento per strumento nella sua totalità.



Un percorso difficile ma essenziale

«Sono 18 anni che faccio questo lavoro e non sono sempre stati facili, non sempre sono stato al centro dell'attenzione. Ho però imparato tanto: oggi ho le tasche piene di possibilità musicali che so manovrare», è così che Cremonini dà via alla conferenza stampa di presentazione. Al centro del discorso c'è il suo rapporto di affetto e fiducia reciproca con il pubblico: la scelta di far uscire come primo singolo la canzone «Poetica» è stata infatti un salto nel vuoto, un atto di coraggio; un brano così particolare nella sua struttura avrebbe potuto rischiare di non essere capito, mentre nel disco ci sono molte altre canzoni digeribili fin dal primo ascolto. Quello che è successo è la testimonianza che avere il coraggio di osare, quando sei bravo, ti premierà sempre: il singolo ha conquistato da subito critiche positive e il primo posto su iTunes.

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«Poetica» e il coraggio di crescere

Cremonini evidenzia l'importanza di fare questo lavoro con onestà: «Una canzone oggi può ancora permettersi il lusso di durare negli anni, se ne ha le caratteristiche. L'idea che facciamo solo qualcosa per il presente, per assicurarci un posto caldo dove dormire, è un rapporto conveniente e io sicuramente sono tentato di aggrapparmi a queste soluzioni. Ma «Poetica» è un brano di 5 minuti e mezzo: non ha le caratteristiche peculiari del pezzo radiofonico, è suonato interamente, ha arrangiamenti particolari. Mi sono lanciato, ho provato l'ebrezza del coraggio: e sono stato premiato».

Nel raccontarci la soddisfazione di ricevere feedback positivi già dal primo singolo, commenta «Sono solo un ragazzo che scrive canzoni».

«Nessuno vuole essere Robin»

Questa è la canzone preferita di Cremonini, la sua seconda «Marmellata #25»: questo brano incontrerà certamente il favore di tutto il pubblico, ma in particolare dei suoi fan di lunga data.

«Questo brano, che è molto autobiografico, si permette di giocare con le relazioni, mettendo il cane al centro tra l'uomo e la donna come se fosse lo spartiacque dei nostri rapporti umani, personali, famigliari. Il protagonista sono io che chiedo disperatamente di dormire con la persona amata, promettendo persino di non toccarla (ride)... e lei trova la scusa «No, devo dormire con il cane». A questo punto io, vestito da Robin - ho già in mente il video - me ne vado e gliene dico di tutti i colori, perché... abbiamo tutti il numero 10 nella schiena, ma poi sbagliamo i rigori. La canzone, attraverso lo scherzo, nasconde una profonda solitudine».

La lentezza delle cose

«Dopo l'esperienza dei Lùnapop sono stato per dieci anni fuori dai riflettori. Sono stato una sorta di outsider, non sempre sono stato premiato per il mio lavoro. Mi sono fratturato qualche costola, ma il periodo di convalescenza da quella caduta è stato quello in cui ho costruito di più il mio repertorio di canzoni che oggi posso cantare negli stadi, ma all'epoca era difficile pubblicare e far ascoltare».

La riflessione che Cremonini fa sulla propria esperienza personale è un pretesto per parlare del tempo: nella carriera di un artista giovane, infatti, la protezione della personalità artistica e del tempo che serve per darle forma è fondamentale. Lui l'ha imparato sulla propria pelle, ma ora, proprio grazie a un periodo difficile, può dirsi soddisfatto del percorso che gli è valsa la fiducia di tutti gli addetti ai lavori e del pubblico.

Un album nato per essere «influente»

«Due anni fa ho finito un tour molto lungo e faticoso: finito il tour ho avuto, in casa, un attacco di panico. Il mio primo attacco di panico, probabilmente per lo stress. Ho promesso di prendermi un periodo di riposo, e in quel periodo ho visto il film «Love & Mercy», su Brian Wilson (leader e fondatore dei Beach Boys, ndr). Sono rimasto rapito dall'idea di immergersi completamente in qualcosa e di essere influente: quell'album fu influente per tutta la musica, è stato influente su Sgt. Pepper's dei Beatles ed è influente ancora oggi su molta musica americana. Mi sono di nuovo chiuso in studio senza mai uscirne: fare un disco influente per me era una necessità. Jovanotti mi ha mandato un messaggio per dirmi «Ti ammiro perché hai portato la musica di nuovo dove possiamo pensare che sia arte», che è perfino troppo per me. Però la voglia e la magia di creare qualcosa che duri un po' di più nel tempo è stato l'approccio che ho avuto per questo disco».

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