“Insieme” di Ceri: ci vuole coraggio ed empatia per fare musica insieme

Il producer ci racconta il suo nuovo EP che ha visto la collaborazione di Coez, Franco126 e Colombre

Ceri  Credit: © Karim Andreotti
2 Aprile 2021 alle 09:00

Ceri è uno dei produttori più amati e ricercati del momento. Probabilmente lo avete conosciuto ascoltando Frah Quintale a cui è legato da una lunga amicizia, nonché da una chimica professionale ineguagliabile. Nel 2018 Ceri ha preso coraggio e ha deciso di tirare fuori una sua canzone che da troppo tempo stava sepolta nel suo hard-disk: si chiamava "Bimba mia" e ha anticipato il suo primo EP "Solo".

Sono passati gli anni e da poco Ceri ha pubblicato il suo nuovo EP "Insieme". «Il progetto solista mi serve anche per ricaricare le batterie dai dischi che faccio per gli altri. È una danza tra lo stare solo e stare con gli altri» ci racconta il produttore che questa volta ha coinvolto alcuni amici e artisti tra i più interessanti del momento, come Ginevra, Colombre e Franco126. «È difficile fare le cose completamente da solo, perché la figura del produttore serve, ogni tanto, a dire "Stop, basta non andare più avanti, è perfetto così", mentre quando sei solo rischi di rovinare tutto» spiega, che sembra aver davvero trovato l'equilibrio tra se stesso e chi gli sta intorno.

Partiamo dal tuo nuovo EP "Insieme": ci racconti un po' com'è nato e di cosa parla?
«Nasce da un percorso che avevo già in mente quando stavo facendo il mio primo EP "Solo" (2019). Si basa sull'idea della contrapposizione tra stare da soli/stare insieme, e se nel primo lavoro ho lavorato interamente da solo, anche per quanto riguarda le grafiche, per "Insieme" mi sono lasciato guidare molto anche dagli altri».

Gli ospiti sono molto variegati: qual è il fil rouge che li unisce?
«Mi sembravano le persone giuste da chiamare per parlare di certi temi. Ognuno, a suo modo, si incastrava bene con le mie musiche. È un po' la forza dell'EP: questa biodiversità può dare uno spettro maggiore di ascolto. Una delle cose a cui puntavo era unire gli artisti senza togliere la loro identità: prendi Colombre che è abituato a fare cose ariose, se lo metti su una roba molto in griglia e ritmata diventa sicuramente un contrasto interessante. Come far cantare Coez e Franco126 su una cassa dritta. Era una sfida che mi piaceva, perché credo molto nei contrasti».

Come hai accennato prima, "Insieme" è una sorta di seguito di "Solo": cosa e come sei cambiato tu tra questi due EP?
«È cambiato il mondo! Quando ho fatto "Solo" ho trascorso dei lunghi periodi di solitudine che mi sono serviti per ricaricare le batterie e tranquillizzarmi, soprattutto dopo un tour di due anni intensi. Ironia della vita, quando poi sono stato pronto per ritornare insieme agli altri è arrivato il lockdown, che mi ha fatto capire quanto sia forte fare le cose insieme agli altri. È vero che ci sono "sbatti", però quando poi riesci ad affidarti agli altri è molto bello. Vengono fuori delle cose che da solo non vedevi, bisogna anche farsi trainare delle volte».

Secondo te, qual è il segreto per essere un buon produttore?
«Principalmente l'empatia con la persona con cui stai lavorando, perché tu puoi conoscere tutta la musica che vuoi, ma se sei chiuso non riuscirà mai a lavorare con gli altri. È quasi un lavoro da psicologo ogni tanto, ma consiglierei di studiare la musica a chi vuole fare il produttore. È un mezzo per raccontare la realtà, ma se tu non guardi, non hai empatia per gli altri, puoi benissimo stare a casa a fare l'assolo perfetto, non ti lamentare se poi la tua musica non arriva a nessuno».

In Italia negli ultimi anni il ruolo del produttore ha sempre più visibilità: come vivi questo fenomeno?
Personalmente sono molto felice, perché faccio la musica che davvero mi piace. Non ambisco sempre alla hit prima in classifica e nel frattempo riesco a fare anche altre cose, mi ritengo molto fortunato. Dal mio punto di vista la direzione che la musica in Italia sta prendendo è quella giusta: molta più consapevolezza dei propri mezzi e occasioni di emergere per i ragazzi. Sul ruolo del produttore sto ancora cercando di capire se tutta questa visibilità è un bene. Di sicuro la musica non è solo il cantante, quindi è fondamentale che anche il pubblico lo capisca. L'etichetta e tutti gli addetti ai lavori intorno a un progetto sono importantissimi ed è giusto che venga dato il giusto valore».

Per quanto riguarda le grafiche del tuo EP cosa ci puoi dire?
«Le ha fatte Ella Webb, un'illustratrice inglese che mi piaceva un sacco e che volevo contattare da tempo, poi ho avuto il coraggio di scriverle e lei ha accettato. La copertina è nata in modo un po' casuale, ma alla fine si è collegata perfettamente all'EP. Erano dei disegni che aveva già, me li ha proposti e ci ha preso. Le due figure scavate dentro le righe delle montagne, ognuna sul proprio isolotto, rappresentano benissimo il concept dell'EP: hanno imparato a stare bene nel proprio ambiente, un tema anche molto attuale, come lo stare soli, ma non distanti dagli altri».

Con chi vorresti collaborare?
Flavien Berger, è un artista francese non super famoso, però a me piace davvero e prima o poi voglio mandargli un messaggio per chiedergli se vuole fare un pezzo con me. Di base, mi piacerebbe lavorare con qualcuno di francese, perché mi piace molto la loro musica, mentre in Italia ho sempre voluto lavorare con Pop X, anche lui di Trento come me.

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