Intervista a CRLN: «Con “Precipitazioni” mi sono sentita di nuovo viva»

Con il suo album d'esordio, Caroline mette ordine alla confusione della vita arrivata dopo i tragici terremoti che hanno colpito la sua terra, le Marche

CRLN
12 Aprile 2018 alle 17:04

«Precipitazioni» è l'album di debutto di CRLN (si legge Caroline), giovane acquisto della Macro Beats, la label underground che negli anni ha prodotto Mecna, Ghemon, Kiave, BoomDaBash e molti altri artisti di spicco della scena rap italiana. Uscito lo scorso 26 marzo, «Precipitazioni» si è fatto subito notare per l'interessante miscela di suoni e testi (in italiano) che rende difficile l'attribuzione di un'etichetta musicale ben precisa. E questo è uno dei suoi punti di forza, oltre che una riuscita scommessa della casa discografica.

Caroline, classe '93 e unica voce femminile nella scuderia Macro Beats, mette ordine ai pensieri e supera i momenti di difficoltà grazie alla scrittura: tra le macerie causate dai terremoti che negli ultimi anni hanno colpito la sua terra (le Marche) e le ferite profonde sedimentate nella forma di ricordi legati a una vecchia vita cancellata dal sisma, CRLN si rialza e combatte. Lotta contro la tentazione di scollarsi dalla realtà, confusionaria e instabile, e riafferma se stessa attraverso un disco che non lascia indifferenti. C'è molta malinconia, ma c'è anche molta poesia. Non è un album triste, è piuttosto un flusso di coscienza simile allo scroscio di un temporale estivo che purifica e riappacifica. Se affinate il fiuto, sentirete il profumo di quelle Precipitazioni.

Le 10 canzoni contenute nell’album sono interamente scritte e composte da CRLN con il polistrumentista Alberto Brutti; fondamentale il contributo dei producer Gheesa e Macro Marco e dell’autore Nicola Togni (in arte ENNE).

Ciao CRLN! Ti va di presentarti brevemente ai lettori di Sorrisi che non ti conoscono?
Certo! Mi chiamo Carolina e il mio nome d’arte si scrive CRLN ma si legge Caroline. Sono originaria di San Benedetto del Tronto e scrivo e canto da quando ero piccolina. Mi piace il pop ma amo anche la musica elettronica quindi ho pensato di fonderle nel mio nuovo album, uscito questo 16 marzo, che si chiama “Precipitazioni”.


Per introdurre il tuo mood musicale a possibili nuovi fan, facciamo un gioco: devi creare una playlist di artisti italiani e internazionali, che possano abbinarsi con “In un mare di niente”.
Probabilmente in una playlist che comprenda anche me e la mia “In un mare di niente”, metterei dentro Bjork, Portishead, Bonobo, Carmen Consoli, Daughter, Sigur Ròs, Verdena, Niccolò Fabi, Radiohead, Subsonica, Motta, Generic Animal, Birthh, Gomma e Belize. Sono tutti artisti uniti da una malinconia di fondo che caratterizza me e in particolare “In un mare di niente”. Sono sicura che in una playlist ci ritroveremmo tutti molto simili, al di là delle sonorità.

A proposito dell'ultimo singolo, com’è nato?
“In un mare di niente” è nato durante la scrittura dell’album. Quasi per ultimo. È un pezzo la cui tematica rimanda molto a quelle già toccate nel mio primo ep. Parla del bisogno di alienarsi dal resto del mondo e della bellezza del sentirsi unici. L’ho scritta insieme ad Alberto Brutti che si è occupato della strumentale. La voce iniziale è la mia effettata e pitchata. Erano dei vocalizzi che avevo utilizzato che per un altro progetto new jazz ma appena li abbiamo utilizzati come intro ci siamo resi conto che stavano meglio lì. È un pezzo che dà molto respiro all’album. Uno dei brani più lenti.

Precipitazioni è il tuo album di debutto. A chi l’hai fatto ascoltare per primo, tra familiari e amici? 
L’ho fatto ascoltare ai miei genitori già nel corso della scrittura. Mi sono sempre stati vicinissimi e hanno creduto in me, per questo li ringrazio davvero. Appena è uscito l’album gli ho regalato due copie da tenere in macchina e se le ascoltano costantemente. Qualche amico caro aveva in cuffia “Precipitazioni” già qualche settimana prima che uscisse. Ci tengo a sapere i pensieri delle persone che mi vogliono benne e mi sono attorno.

Che sensazione hai provato appena hai stretto tra le mani la copia fisica del disco?
Ero principalmente molto curiosa di come fossero venute fuori le grafiche, dal momento che me ne sono occupata io personalmente. Mi sono laureata proprio in Graphic Design a Roma, quindi per me era una sfida quella di curarmi da sola la parte visual con l’aiuto di qualche amico come Ciro Galluccio che inoltre è il mio fotografo preferito in assoluto e ha scattato le foto per l’album. Ovviamente dopo l’autocritica tecnica ho pensato “Uau. Il mio primo album”. Ho cercato di fare la seria davanti a tutti ma dentro di me cascavano precipitazioni di gioia.

Per essere un debutto di una persona giovane, è un disco bello denso di malinconia. 
Di base sono una persona molto malinconica quindi per me è una cosa molto semplice, quasi istintiva, riversare il mio “dolore” nei brani. C’è da dire che ho scritto l’album in un periodo non troppo facile della mia vita. È stato un insieme di piccole e grandi cose che si sono concentrate tutte nello stesso lasso di tempo e hanno creato non poca confusione dentro di me. È iniziato tutto con il terremoto che ha colpito la mia terra, in particolar modo Amatrice, in cui si trovavano le case dei miei zii, dove ho passato dei momenti bellissimi da ragazzina. Tra i ricordi, le case e i volti che volavano via intanto riprendevo tutte le mie cose da Roma e chiudevo per sempre la stanza che mi aveva fatto da casa per tutti gli anni dell’università, per tornarmene di nuovo nelle Marche, in quel clima di terrore. Dovevo scrivere la tesi e tra amicizie finite e il ritorno definitivo a San Benedetto dopo tanti anni, di colpo mi sono ritrovata sola. Mi sono chiusa molto in me stessa e per un bel po’ non ho voluto combattere contro questa sensazione di distacco dalla realtà. Mi ricordo delle giornate in cui rimanevo a letto e non volevo sentire niente e nessuno. Dopo molti mesi ho riaperto gli occhi, qualcuno di speciale mi ha preso per mano e mi ha fatto uscire di casa e così ho iniziato finalmente a scrivere l’album. È stato anche un modo per curarmi e sentirmi di nuovo viva dopo tanto tempo.

Da qualche anno la tua “casa” è Macro Beats: com’è entrare in una family di soli uomini? È una congiunzione astrale molto curiosa: avresti mai pensato di entrare un giorno nel roster di un’etichetta rap?
Macro Beats è sempre stata la mia etichetta hip hop preferita. Per “etichetta preferita” intendo che non conoscevo neanche il nome delle altre etichette, per quanto poco mi importassero. C’era solo Macro Beats che, specialmente ai tempi, riusciva a rendere quasi tangibile quel senso di famiglia, appartenenza e protezione anche a me che ero solo una fan. Entrare in una etichetta di soli uomini mi ha fatto sentire un po’ un fiorellino. Mi hanno dovuto maneggiare con cautela per capire quanto sono delicata. È stato emozionante ed assurdo per me catapultarmi in questa realtà. Mi ci trovo molto bene.

Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo live?
Sicuramente c’è da aspettarsi che io ci metta tutto il cuore. Ci sarà Alberto Brutti sul palco con me, tra synth, basso, contrabbasso e pad. Saremo in due, pochi ma buoni, a far sì che caschino Precipitazioni anche sotto al palco.

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