Irama e il nuovo album «Giovani»: l’intervista completa

Il 19 ottobre arriva nei negozi il terzo disco del vincitore di «Amici» nel 2018. Ecco tutto quello che c'è da sapere sul progetto, direttamente dalle sue parole

19 Ottobre 2018 alle 10:25

Si possono pubblicare due album nello stesso anno? Per l'eccezionale penna creativa di Irama non è certo un problema. Mentre «Plume» è tra i dischi più venduti del 2018, Irama cerca il bis con «Giovani», terzo album disponibile in formato fisico, digitale e streaming dal 19 ottobre. «L'ho intitolato come l'ultimo brano della tracklist» dice, «perché essere giovani per me non è una questione d'età o di generazioni, ma di atteggiamento verso la vita».

Se dopo il grande successo estivo di «Nera» non avete ascoltato un singolo inedito... è perché (fino ad ora) non c'era.  «Quando ero lì a sceglierlo mi è venuta l'ansia» spiega, «non sapevo da quale partire. Mi pareva di arrivare davanti a tutti raccontando un pezzo della mia storia per poi scappare via». Si prende un po' di tempo e in concomitanza di «Giovani» arriva in radio «Bella e rovinata». «È il mio modo per celebrare l'arrivo del progetto nei negozi», racconta.

Perché hai deciso di seguire questo percorso poco convenzionale?
«In molti pensano che lo streaming abbia “ammazzato la musica”. Io credo invece che abbia riportato le persone all'ascolto dei dischi per intero».

Vieni da un grande successo, ma non ami parlarne.
«I numeri mi distruggono e, in generale, distraggono. Non so se è presuntuoso dire che la musica è l'unica cosa che conta, ma per me è l'unica cosa che conta».

Hai scritto quasi tutte le canzoni in Salento, vero?
«Quei luoghi mi riportano al contatto con la terra. Ero a Villa Pietra vicino Gallipoli, in cima a una collina. Abbiamo creato uno studio e tra cuscini, tappeti e un panorama mozzafiato. Non avevo bisogno di altro».


Tra l'altro «Giovani» è fatto da pochi musicisti.
«Alcuni lo chiamano “team", ma sono la mia famiglia. Con loro riesco a liberare quello che sono».

Ne è una prova «Rockstar» dove c'è una nuova dedica a tuo padre.
«Io e papà Marco, grande sportivo, siamo agli antipodi. Fin da piccolo sono sempre stato un eretico, fuori dalle regole, uno scombinato. Abbiamo un bel rapporto ma riesco a parlargli solo quando scrivo canzoni. È il mio modo di farmi sentire».

Hai smesso di essere molto riservato?
«Nella musica non lo sono mai stato e oggi più che mai ho deciso di mettermi a nudo, un po' come ho fatto nella copertina. Ho imparato la lezione dei grandi cantautori del passato, che hanno mostrato maturità facendosi pochi problemi nel liberare i loro pensieri. Oggi ho meno paura di lasciarmi andare».

Nell'album ci sono passaggi duri, dove racconti fatti difficili. È tutto vero quello che racconti? Le storie di vita sono tutte tue?
«Sì. Per me è difficilissimo parlare di cose che sono successe ad altre persone. Ci posso provare con le cover, l'ho fatto anche a "Amici", ma è davvero un problema per me farlo per bene».

È difficile dire la verità nella musica?
«Può diventare impossibile essere sinceri quando si fa questo lavoro, ma è anche l'unica cosa di cui le persone hanno bisogno».

«Sceglimi» è l'unica canzone scritta da altri autori. C'è anche Paolo Antonacci, figlio di Biagio. Come mai l'hai scelta?
«La considero una "canzone-test”. Avevo bisogno di capire se riesco a cantare le storie di altre persone e farle mie. Lascerò decidere a chi ascolterà, se ci sono riuscito».

Il 5 aprile 2019 ci sarà il suo primo concerto al Mediolanum Forum di Assago. Sei pronto?
«Arriverò là sopra con un solo pensiero: nessuno mi ha mai regalato niente. Ho ricevuto così tante bastonate sui denti e sgambetti, che è venuto il momento di godermi quello che ho. Forse quel palco ancora non me lo merito, ma mi ammazzerò di lavoro ogni giorno per non deludere nessuno».

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