Kekko Silvestre: «Ecco perché noi Modà non ci lasceremo mai»

Il leader della band racconta a Sorrisi l’atteso nuovo album "Testa o croce" in uscita il 4 ottobre. E ci svela il segreto della loro longevità

Il 5 ottobre i Modà saranno alla Mondadori di Milano per un evento unico. Il tour parte il prossimo 2 dicembre
4 Ottobre 2019 alle 07:30

Dal 2002, quando sono apparsi sulla scena, i Modà hanno macinato chilometri, palchi, classifiche, record. Sempre insieme. In questi anni hanno pubblicato sei album (più uno dal vivo e due raccolte), si sono esibiti a Sanremo e negli stadi più importanti d’Italia. Ora tornano con un nuovo disco intitolato “Testa o croce”.

A capo della band c’è, come sempre, Kekko Silvestre, voce del gruppo e autore anche di questi nuovi 12 brani. Lui si definisce “un operaio della musica”, un cantautore “per passione e non per professione”, uno che “scrive storie” (e infatti l’anno scorso ha firmato un romanzo per Mondadori, “Cash – Storia di un campione”). In una frase: «Ho fatto tante cose e realizzato tutti i miei sogni».


I Modà tornano con l’album “Testa o croce” dopo quattro anni. Kekko, ti sono sembrati tanti o pochi?
«Credo siano tanti, anche se quantificare quanto stai lontano dal mondo dello spettacolo non è mai semplice. Però posso dire che in sette anni, dal 2009 al 2016, mi è successo di tutto: tra dischi, tour negli stadi e concerti all’estero, sono stato dentro un vortice».

E poi ti sei fermato.
«Mi sentivo un po’ derubato dal lavoro, mi mancava la mia vita semplice. Ci sono artisti che scrivono un album all’anno, magari chiedendo contributi a questo e quello. Io le canzoni le scrivo tutte da solo e per scrivere devo vivere. Questo è un disco di storie e di stati d’animo. Il brano “Quelli come me” è nato parlando di notte con la gente dei bar. “Puoi leggerlo solo di sera” racconta i miei vent’anni d’amore con Laura. “La fata” è dedicata a mia figlia Gioia».

Album nuovo, testi nuovi, ma sempre in stile Modà.
«Questa è la musica che a noi piace suonare. Anche se ho fatto un percorso intimista, ho cercato di lavorare di più sui testi. Io faccio pop, musica leggera, non sono un estroso, uno che usa la musica per fare e disfare. Mettersi al passo con i tempi oggi significherebbe fare trap, ma è una cosa che non mi piace».

L’ispirazione da dove viene?
«Cerco sempre di ispirarmi ai cantautori del passato, Battisti e Mogol sono i miei due riferimenti. La gente forse si aspettava un disco pop-rock, ma questo è un album “pop-soft”. Ho pensato a scrivere delle storie e delle belle canzoni».


Dei Modà rockettari dell’hinterland milanese cosa resta nel 2019?
«Il prossimo disco, che ho già scritto, sarà più arrabbiato. Ho deciso di scindere due stati d’animo, quello soft e quello rock. Ora mi sembrava meglio tornare in scena con un’opera più romantica. Il rock non è solo una distorsione delle chitarre, e oggi non è più una provocazione. Forse i rapper sono più rock dei cantanti rock attuali».

Non hai tenuto da parte un pezzo da proporre ad Amadeus per il Festival di Sanremo?
«No! Sanremo non è nei programmi. Il Festival è una vetrina straordinaria che ci ha dato tantissimo, ma entrare in un tritacarne come Sanremo oggi non fa per me, è molto più impegnativo di quello che sembra. Magari fra qualche anno ci tornerà la voglia».

Pochi giorni fa Emma Marrone, con cui hai duettato a Sanremo nel 2011, si è messa in pausa per problemi di salute. L’hai sentita?
«Ci siamo scambiati dei messaggi, le ho fatto un “in bocca al lupo” per tutto, le ho scritto: “Sono una voce in mezzo a tante che fa il tifo per te”. Mi ha risposto, l’ho sentita positiva».

I Modà resistono da 17 anni. Di questi tempi, lo abbiamo visto, per una band non è facile...
«Ci vuole il rispetto dei ruoli e noi siamo sempre state persone che si sono rispettate. Non c’è mai stata invidia. Quando non ci saranno più i Modà non ci sarà più neanche Kekko. Magari farò solo l’autore, magari farò altro. Io ho bisogno di loro. Sono una seconda famiglia».

Del recente addio polemico fra Tommaso Paradiso e i Thegiornalisti cosa hai pensato?
«Mi spiace sempre quando le band si sciolgono. Personalmente non li ho mai incontrati, sono emersi in questi anni mentre noi eravamo fermi. Ma gli equilibri dentro una band sono come quelli di una squadra di calcio: i problemi vengono fuori nello spogliatoio».

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