La cantautrice racconta tutto sul nuovo album in uscita il 4 ottobre. Tuffiamoci nel suo mare rosso pieno di energia

È sempre tempo di rivoluzione per Levante, la cantautrice che dal 2013 con il brano “Alfonso” fino a oggi, ha portato alle nostre orecchie musica lontana dalle mode e vicinissima ai suoi desideri. Riottosa più che mai, oggi rinnova quel patto in “Magmamemoria”, il nuovo album in uscita il 4 ottobre 2019.
Claudia, i colori come le parole dicono sempre molto di una persona. Sei passata dai toni pastello delle cover precedenti nei tuoi album a un'esplosione di rosso intenso. Cosa sta succedendo?
«Tante cose, sai? Ho sempre dato un ruolo importante alla parte estetica e il rosso che predomina qui ha un significato complesso. Il rosso per me è il colore della memoria, del passato che non è mai passato. Sento il distacco con il pezzo di vita che è inevitabilmente dietro di me, però volto pagina senza cambiare libro. Ecco, oggi sento di essere cresciuta nella consapevolezza di quello che sono musicalmente. Nella copertina assumo una posizione yoga che sembra un triangolo. Vuol dire tante cose, ma mi vedo come un piccolo vulcano».
Fermiamoci un attimo sul tuo modo di intendere il passato.
«Il passato non è altro che il momento appena trascorso. Siamo pieni di passato ma nessuno vuole più ricordarlo. Ce lo siamo dimenticati come collettività, con tutte le sue conseguenze come racconto in “Andrà tutto bene”. Per tante persone ciò che non è più il presente mette ansia così come il futuro, io invece sono affascinata dal trascorrere del tempo, è un tema che torna spesso nella mia musica e anche in questo album».
A sentirti parlare e sentendo l'album, si coglie uno spirito da vera "Riot".
«La mia è ua ribellione senza violenza. Sono sempre stata fin da ragazza una persona che scende in piazza, che partecipa alle manifestazioni, che vive ponendosi delle domande, che canta cercando delle risposte. Quando ho visto il film “Sulla mia pelle” che parla della dolorosa morte di Stefano Cucchi, ho riflettuto parecchio sul mondo in cui stiamo vivendo, sul suo governo e ho scoperto di essere ricolma oltre la misura. La reazione a queste cose è magmatica... c'è in me della preoccupazione, del sarcasmo ma anche della speranza».
Nel disco c'è uno splendido duetto con Carmen Consoli, “Lo stretto necessario".
«Era un duetto tanto atteso quanto contraddittorio sulla carta, visto che mi hanno spesso affiancata, specie gli addetti ai lavori. Questo duetto, che non sono riuscita a chiedere io in persona per mancanza di coraggio, un po' smentisce queste voci non con le chiacchiere da bar, ma con le voci del canto. Siamo figlie della stessa terra, abbiamo uno sguardo che trasmette un senso di malinconia, siamo due cantautrici di generazioni differenti. Ma lei è Carmen Consoli, è la regina madre della mia passione per la musica».
C'è molta Sicilia nel brano.
«È un omaggio sincero e un ritratto che non molto comune della nostra terra. È fatto non a caso da siciliani, visto che è stato scritto con la collaborazione di Colapesce e Dimartino. Quando le hanno spiegato l'idea, Carmen è impazzita di gioia e io pure. Se penso che la ascoltavo a 10 anni in cameretta, puoi immaginare cosa significhi per me sentirla accostata alla mia voce. Sono contenta di aver cantato con lei un brano in cui si respira la Sicilia fuori dagli stereotipi».
Nel disco si fanno molti nomi di persone.
«È una mia abitudine che in questo album è ancora più accentuata. Alcuni nomi sono veri, altri me li invento. Sono ossessionata dai nomi delle persone e dalle città, anche loro molto presenti nei brani che scrivo. Non c'è una descrizione efficace se non si contestualizza, è una questione di identità».
È appena uscito il nuovo singolo “Bravi tutti voi”, ce ne puoi parlare?
«Racconta in modo esteso cos'è la fiera delle vanità. Quando mi guardo intorno vedo una società nella quale tutti si impongono o ci provano, per diventare i numeri uno tra milioni di numeri uno. Sulla carta, sono tutti miniere di diamanti. Ma nel quotidiano? Ecco, oggi il tempo è l'unico garante della verità».
Il 23 novembre ti esibirai per la prima volta al Forum d'Assago. Ci puoi anticipare qualcosa?
«È un progetto gigante e anche se in tanti di questi tempi ci passano, non immaginavo mai di poterlo fare nella vita e sono contenta di poterlo fare ora dopo un po' di anni di carriera, sono molto emozionata. Non so ancora bene come affrontarlo: ho le mie idee, ho un'estetica che vorrei portare, ma è grazie al team di lavoro che riusciremo a rendere questa grande tappa possibile. Ora mi muovo in modo solenne, sarà un momento di intima grandiosità».
Stai lavorando a un altro libro, il tuo terzo romanzo, è vero?
«Sì, sto imbastendo una nuova storia. Non è facile perché bisogna sviluppare la trama, farla maturare, usare parole che sono diverse da quelle delle canzoni. Io sono una che a scuola i temi lunghi non li ho mai fatti, nella musica lavoro più che altro nella sintesi. Insomma, scrivere un romanzo è lo stesso sport, ma con regole diverse. La vedo come una maratona lunghissima. Oppure è come dipingere: i romanzi sono lunghi diari creativi dove disegni quello che vuoi ma ogni cosa dice molto di te».
Chiudiamo così: in una foto pubblicata su Instagram parli della tua casa come un luogo che ti fa sentire sicura. Ti senti poco sicura fuori casa?
«È curiosa questa domanda perché il mio lavoro è per sua natura nomade. Tutti i nomadi però hanno bisogno di avere un porto sicuro nel quale tornare e quel porto è la mia casa. È il luogo dove mi fermo, ritrovo le mie cose, c'è un mondo che non è quello freddo di un albergo. Vicina alle mie chitarre non mi sento mai frustrata. È un luogo in cui mi riconosco, per questo quando torno tra quelle mura mi sento più sicura».