L’artista italo-americana ci racconta il nuovo album, in attesa del tour

Ci eravamo lasciati nel novembre 2020 con LP che aveva appena pubblicato il singolo “How low can you go” ma confessava di aver pronta una montagna di canzoni. La cantautrice newyorkese (ma italiana di origini - come rivela il nome vero, Laura Pergolizzi - e ormai californiana di adozione) era super carica. Dopo il successo estivo di “The one that you love”, aveva il nuovo singolo “How low can you go” pronto a uscire e a conquistare il pubblico di tutto il mondo, cosa che puntualmente è avvenuta. Poi aveva una montagna di buone canzoni che non vedeva l'ora di trasformare in un album e un calendario di concerti fittissimo, che l'avrebbe portata in Italia nell'estate del 2021… E qui invece le cose sono andate un po' diversamente, purtroppo per tutti. Il tour italiano è stato messo in attesa e l'album ha fatto un giro decisamente molto più lungo per arrivare sul mercato. Quel giro, però, si è concluso e, un anno dopo, ci ritroviamo con LP per parlare proprio di “Churches”, il disco finalmente uscito, e di progetti per l'anno che verrà. A vigilare sulla conversazione c'è Orson, il suo cagnolino, un Griffone di Bruxelles a cui lei dona un affetto infinito e divertito.
LP, riprendiamo il discorso dove lo avevamo lasciato: “Churches” raccoglie quella famosa valanga di pezzi nuovi che ti “bruciavano” in mano?
«In parte sì, in parte no, perché ovviamente mi sono ritrovata con tanto tempo libero a disposizione e quindi ho continuato a scrivere. Così in “Churches” ci sono tante cose nuove e tante ancora più nuove. E sono molto soddisfatta di questo lavoro in più».
E dove finiscono i pezzi che non ti soddisfano? Dritti nel cestino, oppure rimangono lì in attesa di
qualcosa?
«Qualche volta mi è successo di arrivare in fondo alla scrittura di una canzone e di capire che a quel punto non sarebbe andata da nessuna parte, però le cose di solito non funzionano così. Scrivere una canzone è come scolpire. È un lavoro progressivo, in cui giorno dopo giorno puoi capire se c'è qualcosa che non va, se il pezzo è debole. Ormai io me ne accorgo immediatamente e posso metterci quel qualcosa in più di cui ha bisogno. Non voglio che una canzone “fallisca”».
Se l'album “Churches” potesse presentarsi da sé al pubblico, che cosa pensa direbbe?
«Penso che direbbe di contenere molto di più di quel che sembra! Avrei potuto metterci più canzoni d'amore, ma penso che invece ci sia più “spiritualità” e ho pensato che “Churches”, come titolo dell'album e come canzone, avesse un significato profondo per me. Insomma, parlo anche di quale sia il mio rapporto attuale con Dio e cose del genere. Io sono di famiglia italo-americana e sono cresciuta come cattolica, ma penso che tutto quello che ti viene insegnato faccia anche nascere i pregiudizi. Chi ti “istruisce” pensa che non ci sia mai nulla di sbagliato in quel che dice, di agire nel modo perfetto per ciascuno di noi, e rimane perplesso quando si trova di fronte a chi non è d'accordo o ha qualcosa di dire contro questa o quella cosa… Io capisco che la religione nasca dal migliore dei posti possibili, ma, per quel che mi riguarda, sento di dover provare un modo
“affettuoso” per far sapere alla gente che a me sta a cuore l'amore inteso nel senso più ampio di inclusione. I miei amici, le persone che frequento, non devono essere perfetti: anzi, le imperfezioni mi interessano molto. Le chiese, le religioni, invece, continuano ad andare avanti senza evolversi. Immagino che ci sia gente a cui questa cosa va bene, e allora bene così, perché non voglio attaccare le convinzioni di nessuno, ma voglio e cerco comunque di esprimere ciò che sento nel profondo».
Che cos'è per te una fonte costante di felicità?
«Forse quel tipetto di Orson: lui è una fonte inesauribile di felicità! Almeno fino a quando non mette su il suo musetto triste e allora mi preoccupa. Parlando seriamente, sentirmi a mio agio nella mia pelle e poter attraversare tante situazioni con la certezza che non potrei mai essere più me stessa di quel che sono. Sì, questa è veramente una bella sensazione e mi auguro che tutti possano provarla. Sentirsi pienamente se stessi e poterlo dire al mondo è la vera fonte della felicità: essere come vuoi, dire quel che vuoi e sentirti come vuoi. Poi c'è gente che non te lo vuol lasciare fare: è perché ha paura».
L'ultimo verso di "Goodbye" dice: “Goodbye, let's say hello to tomorrow”. Di solito dicendo goodbye si chiude qualcosa, qui si trasforma in un benvenuto a ciò che porterà il domani
«Secondo me è naturale sperare che le cose evolvano sempre in meglio, ma bisogna anche cogliere l'importanza di raggiungere un punto in cui si è già soddisfatti. È per questo che certe volte mi piace sedermi da una parte, per conto mio, e dire “Sono riuscita a fare quel che volevo fare”. Però, a qualunque livello io sia arrivata, sono andata così avanti rispetto a quel che immaginavo che non posso che voler crescere e migliorare ancora. Questa è la nuova sfida… Anche perché ogni volta che qualcuno mi chiede che cosa mi piacerebbe fare oltre alla musica, io rimango puntualmente a bocca aperta, senza saper dire nulla, perché ho passato così tanto tempo a fare musica e a cercare di arrivare da qualche parte con la musica, che ora che ci sono arrivata inizio a chiedermi “Che cos'altro mi piace?”, e poi penso: donne? Vino?».
Del resto, è difficile pensare che una persona con il tuo entusiasmo, la tua energia, possa giocare sempre allo stesso gioco…
«Il fatto è che adesso non riesco a fermarmi a riflettere su altro. Sono così concentrata su quel che faccio… Magari un giorno cambierò. Per me tutto è spontaneo, a fare piani sono un disastro! E allora posso dire solo “Vedremo”».
Non sarà una grande pianificatrice, ma il suo 2022 sembra già tutto “prenotato” dai concerti
«Sì, probabilmente dopo questo 2021 non tornerò mai più a casa. E non vedo l'ora di tornare on the road con la mia squadra, perché mi piace lavorare con loro».
Visti i tempi in cui viviamo, un tour infinito sarebbe il messaggio più bello da dare
«Sì, è una situazione pazzesca. Spero che ne verremo fuori con una maggior empatia e comprensione reciproca. Dopo tutto non siamo mai stati così interconnessi nella storia dell'umanità».
Orson viene in tour?
«Io e la mia ex condividiamo la sua cura e lei farà un po' di tour con me. Solo nella parte americana, però, perché Orson non ama volare»
Che cos'è che l'annoia di più quando è in tour?
«La cosa che mi pesa di più è che non ci sia Orson. È come se avessi uno scompartimento mentale in cui penso sempre a lui e quando non c'è sento la sua mancanza. Per il resto, ormai sono allenata a non sognare di poter fare chissà che cosa mentre vado in giro per i concerti. E comunque non è che hai molto tempo libero. È tutto organizzato: dormi, mangi, fai yoga, sali sul palcoscenico, canti, secndi dal palcoscenico… Magari trovo il tempo per scrivere qualcosa, ma in generale la mia testa è tutta concentrata sul concerto della sera».
“Churches” è stato preceduto da una serie di singoli: “The one that you love”, “How low can you go”, “One last time”, “Angels". Hai già pensato al nuovo singolo?
«Intanto sto pensando alla versione deluxe di “Churches” e lì ci saranno delle canzoni in più che sto valutando. Voglio bombardarvi di musica per tutto il resto della mia vita! E poi, sì, uscirà un nuovo singolo, con il suo video: dovrebbe essere “Conversation”».
Come lo hai scelto?
«Vorrei poter dire che scelgo io, ma in realtà non dipende tutto da me. È il frutto di una sorta di riflessione collettiva fatta con i rappresentanti della mia etichetta nei vari Paesi per cercare di capire che cosa potrebbe piacere alla gente nei vari posti. Che singolo avresti scelto?».
Io avrei scelto “Goodbye”, ovviamente, ma forse non faccio testo
«Ecco, “Goodbye” l'abbiamo scelto come singolo per alcuni Paesi, ma non per l'Italia. Però da quel che dice sul suo non fare testo, dovrebbe capire anche meglio perché partecipo alla scelta solo fino a un certo punto: non si dice che troppi cuochi guastano la cucina? Ecco, io cerco di non lasciarmi coinvolgere troppo. E poi a me piacciono tutte le canzoni che metto in un album, quindi alla fine ogni scelta non può che andarmi bene».
L'Italia per te è un palcoscenico d'oro. Al di là delle origini italiane, secondo te perché sei così popolare nel nostro Paese?
«Non ne ho idea! Magari è solo la mia “italianità”! Ma no, penso che pesi molto la personalità, penso che in Italia sentano molto il fatto che sono davvero come sembro e che davvero voglio bene al pubblico. Io apprezzo tantissimo il mio pubblico e tutti gli italiani che conosco, a partire da me stessa, amano sentirsi apprezzati. Di sicuro c'è che la gente sente che sono vera e d'altra parte non riuscirei a essere diversa da come sono. Vorrà dire che sono limitata? No, vuol dire che sono fortunata».
Il tour italiano di LP prevede sei date per il 2022, cinque recuperano i concerti persi lo scorso anno a Torino (17 luglio 2022), Firenze (18 luglio), Marostica (19 luglio), Chieti (21 luglio) e Roma (22 luglio); una data, invece, si è aggiunta e fa da gustoso “antipasto” ai concerti estivi: il primo appuntamento italiano di LP adesso è fissato per l'11 marzo a Milano.