Matteo Bocelli: «Ascoltatemi senza pensare al mio cognome»

Il secondogenito del grande Andrea debutta con un album da solista (e parte per un tour mondiale)

22 Settembre 2023 alle 08:03

Matteo Bocelli si gode la tranquillità della campagna pisana dove il suo celebre papà Andrea produce ottimo vino. Lo attendono sfide importanti: la pubblicazione del suo album d’esordio, “Matteo”, in uscita il 22 settembre per la mitica etichetta Capitol Records di Los Angeles (quella di Paul McCartney e Katy Perry, tanto per capirci) e il primo tour mondiale in partenza il 30 settembre, le cui prime 30 date toccheranno 12 paesi, con tappa in Italia, a Milano e Roma il 24 e 25 ottobre. Intanto sono già usciti tre assaggi del disco: “For you”, “Chasing stars” e “Fasi”, la prima canzone in italiano del progetto.

Una partenza alla grande: “Chasing stars” è stata scritta da Ed Sheeran.
«Sono sempre stato un grandissimo fan di Sheeran. Lo vidi la prima volta a Toronto che apriva un concerto di Taylor Swift e l’ho poi incontrato velocemente a Milano, nel suo primo concerto italiano. E naturalmente, quando è venuto a casa nostra per fare un duetto con mio padre (“Perfect symphony”) è nato un rapporto. “Chasing stars” mi ha subito colpito perché sembra che sia stata scritta ad hoc per me. Lui ha questa capacità di scrivere delle melodie apparentemente semplici, ma che arrivano dritte al cuore. Mi sento super privilegiato ad avere nel mio primo album un pezzo scritto da Ed Sheeran e dal fratello Matthew».

L’album arriva cinque anni dopo l’uscita del primo singolo “Fall on me” con papà, e due anni dopo l’esordio solista con il singolo “Solo”.
«In effetti sarebbe dovuto uscire molto prima, però tra pandemia e altro non era il momento giusto, quindi mi sono preso più tempo e ne sono felice, perché ho avuto modo di capire meglio dove volessi andare con le mie canzoni, anche a livello di suono, e alla fine ho ottenuto un album che mi soddisfa molto e di cui vado fiero. È il prodotto di tre anni di co-scrittura. In questo tempo ho creato un centinaio di canzoni, e dopo una bella scrematura siamo arrivati ad avere 12 brani».

Oltre a Sheeran chi ha collaborato ai testi?
«Tra i brani internazionali Amy Wadge, coautrice con Sheeran di “Thinking out loud”, forse la ballad più ascoltata in streaming al mondo. Con lei si è creata una chimica forte, è una bellissima persona e io credo che per scrivere insieme si debba formare qualcosa anche da un punto di vista personale. Ci si deve sentire totalmente a proprio agio, liberi di esprimersi. Quando si scrive si parla di noi stessi, delle nostre esperienze e non possiamo sentirci limitati. Ci vuole qualcuno di cui potersi fidare oltre che una persona di talento, e con lei ho trovato entrambe le cose».

E per i testi in italiano?
«“Fasi”, il nuovo singolo, l’ho scritto con Francesco Catitti, in arte Katoo, e Davide Petrella, e tutti i brani italiani sono prodotti da Michele Canova. “Fasi” è un brano a cui tengo moltissimo. Spero che il pubblico lo apprezzi. A parte “Dimmi” (scritto con Mahmood, ndr), è il primo brano che ho fatto per l’Italia. È anche il primo in cui sono riuscito a mettermi completamente a nudo: ti racconta qualcosa di Matteo, tanto che all’inizio l’album volevo chiamarlo proprio “Fasi”».

Anche se è un disco d’esordio lei viene già presentato come un artista internazionale.
«Il mio obiettivo è quello di portare un po’ di italianità nel mondo. L’Italia c’è sempre nei miei dischi. Penso che sarebbe sbagliato rinnegare le proprie origini e scimmiottare i grandi artisti internazionali. Cerco di bilanciare le due lingue: l’inglese è perfetto per le canzoni proprio per la sua musicalità, allo stesso tempo l’italiano ha dieci sfumature in più, non esistono testi più belli. Puoi esprimere lo stesso concetto in dieci modi diversi».

È evidente che se si è figli di una star mondiale entrare in sala d’incisione è più facile. Poi, però, ci sono le aspettative che il cognome comporta: è permesso sbagliare o sperimentare se ti chiami Bocelli?
«Ha centrato il punto. Sicuramente il trampolino di lancio è più alto. Ho avuto fin da subito la possibilità di lavorare con un grande team di management, con una casa discografica importante. Poi però diventa tutto più complicato, perché se porti quel cognome la gente si aspetta che tu sia a quel livello lì, che tu sia già al top, e invece ogni artista deve crescere, maturare, sbagliare, fare il proprio percorso e sperimentare. Io cerco di viverlo nella maniera più spensierata possibile».

Papà qualche consiglio l’ha dato?
«Ha avuto molto rispetto, sebbene fosse tanto curioso. Non è il suo genere musicale, tutto il lato pop per lui è più difficile da capire. Ricordo che venne a chiedere a me se valesse la pena fare un duetto con Ed Sheeran e io: “Ci pensi pure?”. A meno che qualcuno, alle mie spalle, gli abbia anticipato parti del disco (che è probabile) lo scoprirà dal 22 settembre in poi».

Per Sanremo gira il suo nome.
«Il mio nome si fa da tre anni e lo capisco, in Italia Sanremo è il massimo. Prima di affrontare quel palco, però, bisogna avere il pezzo giusto ed essere pronti: da lì sono passate grandissime voci e devi essere all’altezza. Io quel palcoscenico lo rispetto».

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