Maurizio Carucci: «Ho scritto “Respiro” per stare meglio e capire chi sono»

La pausa con gli Ex Otago, un disco fatto in casa tra i suoni del mare e della campagna: ecco tutto quello che ci ha raccontato il cantante genovese

Maurizio Carucci  Credit: © Martina Panarese
1 Aprile 2022 alle 14:37

«Così sono e così è uscito il disco»: Maurizio Carucci, il frontman degli Ex Otago, si prende una pausa dal suo collettivo musicale per pubblicare un progetto da solista, spontaneo e sincero «scritto senza pensare a nulla».

Per ritrovare una sua individualità ma anche per esorcizzare un periodo difficile, stare meglio e superare i propri limiti, il cantautore genovese pubblica “Respiro”: in arrivo su tutte le piattaforme digitali e negli store fisici dal 1 aprile, è un album spontaneo che va contro i dogmi della musica mainstream, come lui stesso racconta, ma che sa toccare le corde più intime degli ascoltatori attraverso sonorità elettroniche e puro cantautorato.

Raggiungiamo virtualmente l’artista nella sua cascina in campagna, luogo dove è stato pensato, scritto e inciso l’intero disco: durante una lunga chiacchierata ci ha raccontato dell’origine di “Respiro” ma anche dei suoi progetti personali, dei viaggi in bicicletta, del suo papà e dell’imminente tour, il primo da solista.

Dopo aver pubblicato una buona quantità di singoli, arriva l’esordio da solista con un disco. Da dove nasce questa esigenza?
«Negli ultimi due anni ho attraversato una crisi identitaria perdendo un po’ il senso dell’orientamento. Ho capito di dovermi mischiare nella musica in maniera inedita per salvare la mia salute e un progetto musicale come quello degli Ex Otago».

Spiegaci meglio.
«È come una relazione amorosa, bisogna avere gli strumenti e le capacità per rinnovarsi. Per porre basi nuove e continuare a stare insieme, è necessario anche allontanarsi: ho avuto bisogno di stare da solo, a volte in gruppo si rischia di perdersi. È stato un percorso viscerale in cui ho toccato il centro della mia anima esistenziale e artistica: il risultato è “Respiro”».

Lo hai definito un disco salvagente, in che senso?
«Ho avuto la fortuna di incontrare la musica che mi ha concretamente aiutato come essere umano. Negli ultimi tempi mi ero dimenticato del perché mi ci fossi avvicinato, mai come in pandemia me ne sono ricordato: in un clima surreale, la musica mi ha salvato e permesso di andare oltre una quotidianità insopportabile. Come se mi fossi ritrovato in mare con onde altissime senza saper nuotare».

“Amo chi pensa e chi fa” e in questo album hai fatto tutto tu: hai scritto i testi, prodotto alcuni brani, ideato le grafiche.
«Non mi è mai capitato di seguire tutte le fasi di un progetto e questo credo abbia molto valore: da artigiano quale mi sento, ho deciso di fare tutto anche per dare una testimonianza a me stesso di quello che riesco a fare. È nato senza preoccuparsi di ciò che aveva intorno, senza un vero obiettivo se non quello di stare meglio»

Lo hai registrato tutto nel tuo eremo in Val Borbera.
«Sì, proprio in questa stanza da dove ti sto parlando. Dentro “Respiro” c’è molto territorio, sono legato ai luoghi. In molte registrazioni si sentono i rumori delle cicale, anche loro contribuiscono a fornire un'immagine della musica e del luogo in cui è nata».

C’è la campagna, ma anche il mare.
«Lo sto frequentando sempre di più. Sono andato diverse volte a Genova a registrare il mare d’inverno».

Riesci a coniugare in modo equilibrato due mondi apparentemente così lontani, ma c’è stato un momento in cui hai pensato di mollare una delle tue passioni?
«No, non mi è capitato. Certo, ci sono momenti in cui frequento più la città e da qui ci arrivo in meno di un'ora. Negli anni ho sentito forte il bisogno di maggiore isolamento, ora ho un altro progetto in mente: rimettere in piedi un vecchio fienile a 1200 mt, tutto con le mie mani».

Al disco hai anticipato l’uscita del podcast “Vado a trovare mio padre”: un viaggio a cuore aperto di 1200 km in bicicletta per ristabilire un contatto con tuo papà, mancato anni fa. Da dove arriva l’idea?
«All’inizio ero più orientato a scrivere un libro, strumento più vicino alla mia scrittura, ma poi me lo hanno proposto e ho detto di sì. Del risultato finale sono davvero felice».

È stato emozionante ascoltarlo, viverlo dev'essere stata un'esperienza catartica.
«Questo viaggio ha voluto rendere pubblico l'affetto e l'amore che provo per mio padre, nonostante le grandi difficoltà incontrate insieme».

Parli spesso di viaggi, a piedi o in bici: cosa ti restituisce a livello di sensazione questa tipologia di esperienza?
«È una pratica azzeratrice, un momento in cui ci si può rinfrescare e acquisire lucidità. Il tempo del viaggio è un luogo lontano dalla quotidianità, che puoi guardare da un'altra prospettiva. Viaggio perché mi fa stare bene, penso tanto e mi mantiene elastico a livello mentale».

Il viaggio che ricordi con più piacere?
«Oltre quello che mi ha portato da mio padre, anche quello che ho fatto dall’Appennino più selvatico fino a Milano, tutto a piedi. A parole è impossibile spiegarlo, ma è stato meraviglioso».

Dalla tranquillità della tua cascina immersa nel verde al frastuono dei concerti: hai annunciato un po’ di date in cui sarai solo sul palco. Che effetto ti fa?
«Vivo dentro a due gruppi, il collettivo della cascina e la band, a volte ho bisogno di allontanarmi per riconoscermi. Ho avuto un rapporto molto ludico e leggero con la musica, e adesso salgo sul palco per raccontare ciò che faccio e ciò che sono. È un momento che doveva arrivare».

Le date del tour

10 giugno - Mantova, Bam! Raduno europeo dei viaggiatori in bicicletta
21 luglio - Prato, Chiostro San Domenico / Festival Musica d'Autore
23 luglio - Genova, Balena Festival
2 agosto - San Romano in Garfagnana, Fortezza delle Verrucole

16 novembre - Milano, Magazzini Generali
17 novembre - Bologna, Locomotiv Club
24 novembre - Torino, Hiroshima Mon Amour
26 novembre - Roma, Largo Venue

Seguici