Ornella Vanoni: «Ci ho messo molti anni per diventare giovane»

Il 29 gennaio torna con “Unica”, 26a raccolta di inediti di una carriera straordinaria che conta oltre 100 album tra antologie, dischi live e cover

Ornella Vanoni  Credit: © Marta Bevacqua
28 Gennaio 2021 alle 09:17

Un nuovo album all’età in cui molte sue colleghe vivono di ricordi. A 60 anni esatti dal suo primo, omonimo disco, Ornella Vanoni torna con “Unica”, 26a raccolta di inediti di una carriera straordinaria che conta oltre 100 album tra antologie, dischi live e cover. Undici canzoni scritte da alcune delle penne migliori della musica italiana, a cominciare dal “poeta filosofo” Fabio Ilacqua, due volte vincitore del Festival di Sanremo con Francesco Gabbani, prima tra le Nuove proposte e poi tra i Big. E ancora Giuliano Sangiorgi, Renato Zero e Carmen Consoli, che torna a duettare con la Vanoni nel brano “Carezza d’autunno”. Un altro duetto, “Tu Me”, decisamente insolito, vede Ornella accanto alla sua imitatrice Virginia Raffaele. Un album prodotto da Mauro Pagani ricco di brani d'atmosfera, bossa nova e jazz, con al centro sempre la voce inconfondibile della Vanoni.


È il suo primo album di inediti a otto anni da “Meticci (io mi fermo qui)”, che già nel titolo si presentava come il suo disco finale. Che cosa le ha fatto cambiare idea?
«La casa discografica Bmg voleva fortemente fare un disco con me. Io ho detto loro che avevo bisogno di un autore che m’ispirasse e mi hanno subito chiesto: “Conosce Fabio Ilacqua?”».

Uno che ha scritto per Mengoni, Gabbani, Mina e Celentano...
«Infatti. E allora prendo la macchina e vado da lui a Varese. L’arte dell'incontro è questa: cercare le persone che ti sembrano giuste. Con Ilacqua ci siamo riconosciuti. Siamo diventati amici, abbiamo gli stessi gusti, le stesse letture. Poi è un tipo fuori dal comune: non ha il telefonino, quando non scrive dipinge e quando non dipinge zappa l'orto. Insieme abbiamo cominciato a mettere giù delle idee. “Isole viaggianti”, una delle cinque canzoni che ha scritto, è un pezzo straordinario. Poi mi chiedono: “Vorresti Gabbani?”».

Come dire di no?
«Certo! Mi avevano detto che era timidissimo, invece siamo andati a pranzo insieme, ha riso tanto ed è nato “Un sorriso dentro al pianto”. Poi desideravo un brano di Sangiorgi e lui aveva “Arcobaleno”. Avrebbe voluto farlo lui, ma in quel momento c'era un suo musicista che stava molto male, era triste e non se la sentiva di inciderlo. Allora l’ho fatto io. Renato Zero, invece, autore di “Ornella si nasce”, non aveva mai fatto un pezzo per un’altra persona (in realtà Zero ha scritto canzoni per altri, dalla Bertè, a Bindi, a Mina, alla Vanoni stessa, ndr). Volevo che duettasse con me, ma mi ha detto che la canzone era troppo sofisticata per lui. Che dovevo fare? È pure un mio amico!».

Lei è coautrice di alcune canzoni.
«Ho tante idee, ma da sola non sarei capace. Io da sola non so fare niente. Anche da piccola ero così, facevo una fatica boia a studiare da sola».

In un mondo instabile come quello della musica qual è il segreto per durare così a lungo?
«Io ho uno slogan: ci sono voluti molti anni per essere giovane. Sto anche pensando di tornare a teatro».


Da dove nasce il suo amore per la musica brasiliana? In questo album c’è un samba, “Tu Me”, e in “La mia parte” c’è addirittura una strofa in portoghese.
«Loro hanno sempre belle musiche, sono un popolo musicale. E poi la musica brasiliana e il jazz si fondono benissimo. Avevo inciso diverse versioni italiane di canzoni brasiliane, da “Tristezza” a “L’appuntamento” , che aveva un testo di Bruno Lauzi. Poi nella mia vita è arrivato Sergio Bardotti: lui era il traduttore di Vinícius de Moraes. Siamo andati insieme in Brasile per incontrarlo».

E così è nato “La voglia l’allegria l’incoscienza la pazzia”, incluso fra i 100 album più belli della musica italiana?
«Sì. Io mi ritirai in una casina al mare, d’inverno, e ascoltai tutto Vinícius, tutto Toquinho e tutto Jobim. Scelsi i pezzi e Vinícius e Toquinho arrivarono in Italia con il loro batterista e il loro bassista: stavamo sempre insieme. Si cucinava insieme, c'era chi piangeva, chi s’innamorava. A un certo punto c’era una canzone che diceva: “Tutto il martirio di una passione immensa” (“Rosa spogliata” ndr), e che per Bardotti era una scemata: “Ma che vuol dire, cosa c’entra il martirio nell’amore?”. Poi s’innamorò di una cantante brasiliana, non corrisposto, e lo vedevamo appoggiato ai muri che piangeva: “Lo capisci adesso il martirio, Sergio?”».

Tognazzi, Proietti, Pino Caruso, Walter Chiari: ha lavorato con tutti i più grandi uomini dello spettacolo. Chi era il migliore?
«Non esiste il migliore in assoluto, ma Tognazzi era straordinario. E poi Proietti, così variegato... Walter Chiari, invece, non si è comportato bene».

Che è successo?
«Fui io a volerlo con me in tv quando era appena uscito di prigione. Mi doveva molto. Ma lui era uno che mano a mano prendeva piede e s’impadroniva di tutti, anche di me. Diceva a sua moglie che la notte bussavo alla sua porta. Neanche la moglie gli ha creduto! Alla Bussola (locale della Versilia di culto negli Anni 60, ndr), si comportò davvero male: doveva fare il suo numero comico e poi annunciarmi. Invece se ne andò senza dire nulla e io entrai in scena che tutti ridevano. Mi arrabbiai moltissimo e abbandonai il palco furibonda. Si comportò male e io non lo accettai. Non l’ho mai permesso a nessuno, nonostante la mia timidezza».

Faccio fatica a immaginarla timida.
«Ero timida e insicura. Oggi sono ancora insicura, ma non più timida. Ho sofferto tantissimo, per questo. Avevo paura la prima volta che ho cantato, avevo paura in teatro. Anche Gassman era timido, ma il suo fisico non glielo consentiva. Per me era la stessa cosa: dicevano che ero distaccata, snob...».

Per essere una persona timida ha fatto tanta tv...
«Sì, ma con Antonello Falqui. Era diverso. Lo studio era solo per quella trasmissione, non è che poi lo smontavano. C’era una grande cura sul personaggio. Tutto era dedicato a quel momento. Ora ti mettono tutti la stessa luce e hanno tutti la stessa faccia».

Che musica ascolta oggi?
«Adoravo Amy Winehouse, amo LP, ascolto sempre Sting».

Alla fine chiedo alla signora Vanoni: c’è una sua canzone che preferisce su tutte? E lei attacca a cantare “Io so che t’amerò”. Non mi resta che godermi questa esibizione tutta per me.

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