“Psychodonna”: il primo album solista di Rachele Bastreghi

«Un album dedicato a tutte le donne della mia vita che mi hanno insegnato il coraggio, la libertà e la passione»

Rachele Bastreghi  Credit: © Elisabetta Claudio
30 Aprile 2021 alle 11:29

Rachele Bastreghi è da sempre "l'anima femminile dei Baustelle", ma oggi è pronta a mettersi in gioco e raccontare la vita dal suo intimo punto di vista. L'ha fatto col suo primo, vero album da solista: "Psychodonna", disponibile dal 30 aprile. «È un disco di una donna, per la donna, sulla donna – ma anche un po' per gli uomini» ci racconta in questa intervista. È arrivato dopo due anni di lavoro e un lungo viaggio, solitario, a tratti faticoso, dentro se stessa che l'ha portata ad aprire gli occhi e la sua anima.

Un album introspettivo e libero che apre la porta a tutte le sfumature intime di Rachele, non più "bambina", ma donna consapevole di sé e delle sue esperienze, pronta a condividerle con chi vorrà ascoltarle. Un sfogo che vuole rendere omaggio a tutto l'universo femminile, con le sue contraddizioni, le sue fatiche e le sue forze. Non a caso, Rachele aggiunge: «Non dobbiamo aver paura delle altre donne. Non amo la competizione e quando vedo la cattiveria fra donne sto male. Vorrei ci fosse più coalizione, più umanità, più comprensione, visto che sappiamo quanto siamo complesse, diamoci una mano tra noi».

"Psychodonna" è il tuo primo, vero album solista: come è nato?
Nasce da un mio bisogno di buttare fuori quello che avevo dentro e di mettermi alla prova da sola. Avevo una vita da raccontare, la mia, e ho dovuto trovare il coraggio, la consapevolezza e l'esperienza per fare il mio disco. Era una cosa che avrei voluto fare molto tempo fa, però non mi sentivo sicura. Al momento giusto ho iniziato a fare questo viaggio introspettivo, è stato un po' come soffermarsi su me stessa e prendermi anche sul serio. A tratti è stato un percorso molto faticoso, perché nel guardarti dentro trovi di tutto, anche tante fragilità, tanti contrasti e bassifondi. Ma ho capito che sono io il filo che lega tutto e mi sono lasciata andare.

Perché questo titolo, "Psychodonna"?
Per tanti motivi, anche banali. "Psyché" vuol dire "anima" in greco, anche farfalla, quindi un senso di libertà. È un disco che è venuto fuori mettendo a nudo me stessa, la mia anima femminile e parla dei suoi mondi, dei suoi contrasti che si incontrano e si attraggono e che io cerco di far convivere dentro di me in equilibrio.

In quanto donna, quanto è difficile, secondo te, mettersi a nudo nella scena musicale di questi tempi?
Molto. Siamo in minoranza, poi io ho sempre lavorato con uomini: in vent'anni sono stata l'unica donna in un gruppo di musicisti, mettici anche i tecnici, gli addetti ai lavori, etc... Quando si parla di musica la donna non viene sempre presa sul serio, perché purtroppo siamo abituati così, colpa di una cultura patriarcale. Per il mio album, mi sono ispirata anche a figure femminili che hanno lottato, che hanno cercato di emanciparsi, che hanno cercato di essere libere, di andare contro alla società che le voleva in silenzio, casalinghe, castrate. Le ho prese come esempio perché sento che ancora oggi c'è da sottolineare certi aspetti. Io racconto la mia testimonianza e la metto in musica.

È un album molto denso e stratificato: quali sono le principali influenze che ti hanno ispirata durante la realizzazione e che sound volevi dare al tuo album?
Mi sono data la regola di non avere regole. Ho messo sul fuoco tutto quello che mi piace, dando un equilibrio a tutto in un secondo momento. Il mio primo approccio musicale, dato dalla mia formazione, è classico, dopo comincio a mischiare e a sperimentare: mi piace l'elettronica, quindi magari aggiungo una drum machine oppure sintetizzatori, poi emerge la mia attitudine punk, non solo nella musica, ma in una visione generale, per cui viene fuori una roba un po' disordinata, ma che è il mio ordine.

Curiosità: perché hai scelto l'attore Harry Stanton come "protagonista" di una tua canzone?
Quando stavo scrivendo la canzone ("Come Harry Stanton") ho visto il suo ultimo film ("Lucky", 2017) e parlava di isolamento, di un viaggio spirituale alla ricerca di se stessi e queste lunghe camminate nel deserto. Mi sono rivista in lui. L'arte in generale aiuta a trovare la parola giusta, a darti delle immagini di bellezza, che poi ti riempiono, anche inconsciamente, ti entrano dentro e iniziano a far parte di te. Per cui Harry Stanton era il personaggio che nella mia canzone rinasce, si perde per poi ripartire in qualche modo, una sorta di mio alter ego.

Nell'album ci sono tre donne-artiste (Meg, Silvia Calderoni e Chiara Mastroianni): come è nata questa collaborazione e perché questa scelta di includerle?
Era una conseguenza della musica e delle relazioni che ho costruito in questi anni. Sono tutte persone con cui ho un rapporto e che stimo, professionalmente e umanamente, in cui mi riconosco e che potevano rappresentare altri colori di me stessa. Chiara Mastroianni rispecchia la mia parte sofisticata, la chanteuse degli Anni 70, con Meg abbiamo in comune tutto un vissuto in una band, poi siamo anche amiche e quando ho scritto questo pezzo ("Due ragazze a Roma") ho pensato a lei. Sono tutte sfumature della Psychodonna.

La cover di Anna Oxa com'è nata?
"Fatelo come me" era un brano che avevo dimenticato, ma un anno fa in una trasmissione televisiva l'ho risentito per caso e me ne sono innamorata. Io ho questa anima un po' straziata, sgangherata e mi sono proprio rivista. Ho visto una psychodonna, una donna forte di diciotto anni e ho visto un tempo in cui si osava di più. Per mettere questa cover nel disco ho deciso di scartare altre cose che avevo scritto, perché questa canzone aggiunge un qualcosa in più al disco e alla mia visione.

Il tuo primo progetto solista risale al 2015 con l'ep "Marie": come sei cambiata, in quanto artista ma anche come donna, da quell'esperienza a oggi?
Ho più consapevolezza, mi è sparita la vergogna, ho lavorato su me stessa, sono andata anche un po' in terapia, perché sapevo quello che volevo fare e mi dispiaceva non farlo. "Marie" era un primo passo, coraggioso, ma nasce da una canzone che mi hanno chiesto di fare per una fiction. Mi sono divertita a farlo, ma c'era sempre una "maschera", creandomi un alter ego, dando al disco un tema Anni 70, trattando testi d'amore e ispirandomi a personalità di quell'epoca come Jane Birkin o Ed Sedgwick. "Psychodonna", invece, è nato per me stessa e da una voglia di profondità, introspezione e verità. Ho cercato di superare i miei blocchi, ho acquisito gli strumenti, e anche il coraggio, per fare il mio disco. È stata anche una gran fatica, perché c'è stata tutta una serie di pensieri che ti fanno sempre dubitare, ma io non volevo più avere dubbi, almeno nella fase creativa.

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