Red Canzian, Testimone del tempo: «Ritorno alle origini nel mio nuovo disco»

Abbiamo incontrato l'artista per farci raccontare il suo primo album solista dopo i Pooh

Red Canzian  Credit: © ufficio stampa
16 Febbraio 2018 alle 17:50

La voglia di riscoprire le proprie origini, quella musica che da ragazzino ha stimolato il sogno di poter fare il musicista, tracce di rock, blues, ballate acustiche e suoni lontani come quelli del progressive rock: sono questi gli ingredienti del nuovo disco di Red Canzian «Testimone del tempo», che esce oggi venerdì 16 febbraio (BMG/distribuzione Warner Music Italy).

Abbiamo trovato un Red appena tornato da Sanremo ed entusiasta per il nuovo progetto, che ci tiene a specificare è tutto suonato “a mano”, senza l’aiuto dell’elettronica, e conta collaborazioni preziose ai testi, tra Renato Zero, Enrico Ruggeri, Ivano Fossati ed Ermal Meta.

È il tuo terzo album solista e l’hai definito “il più importante”, come mai?
«Perché è il primo da single, il primo dopo l’addio dei Pooh, gli album da solista precedenti erano come delle fughe d’amore dopo le quali si tornava sempre a casa. Invece questo album è partito come gli altri ma ha un suo percorso unico, in cui sono da solo e devo camminare con le mie gambe. Mi sono allenato molto infatti, anche Sanremo in questo senso è stata una bella palestra.»

In «Testimone del tempo» sei ritornato alle passioni musicali degli inizi, com’è stato questo ritorno alle origini?
«È stato piuttosto facile, perché l’uomo nel momento del bisogno va a cercare le certezze. Quindi mi sono chiesto “ma se io volessi fare il cantante da grande, che musica mi piacerebbe suonare?”. E così ho cominciato a cercare, tra tutto il materiale che ho scritto, quegli spunti che arrivavano dal rock ‘n’ roll, dal beat, dal progressive che ho amato da ragazzo.»

Si vede il tuo enorme entusiasmo per questo progetto.
«L’album mi piace perché ci sono degli amici straordinari che mi hanno aiutato per quanto riguarda i testi e poi perché è un disco sincero, onesto, musicalmente l’abbiamo suonato guardandoci negli occhi seduti in cerchio. Abbiamo usato veramente il metodo di un tempo e credo che si senta, anche nella scelta di alcuni strumenti come il sitar o il mellotron.»

Hai portato «Ognuno ha il suo racconto» a Sanremo, come hai affrontato questa esperienza per la prima volta da solo?
«È stata una bellissima esperienza, che ho vissuto con serenità e col sorriso, mi dispiaceva solo che dopo quattro minuti dovevo scendere dal palco perché era finita la canzone… Ho fatto tantissime amicizie con i giovani che non conoscevo, ho ritrovato amici che non vedevo da tanto ed è stato veramente bellissimo.»

In alcuni brani (soprattutto «Cosa abbiamo fatto mai» e gli 8 minuti della suite finale «Cantico») entrano i temi a te molto cari del rispetto per la natura e per il mondo che ci circonda.
«Non potevano mancare! Da anni faccio anche questo, scrivendo libri, facendo campagne, ad esempio tre anni fa il video "Pareti di vetro", insieme a Paul McCartney, contro il maltrattamento degli animali negli allevamenti intensivi. "Cosa abbiamo fatto mai" l’ho proprio studiata insieme a Miki Porru su questi temi, mentre in "Cantico" Renato Zero ha scritto un testo su come l’uomo interpreta male la vita, nei confronti di se stesso ma anche della natura.»

Da maggio partirai con un tour nei teatri italiani, sarà difficile impostare la scaletta visto il tuo grande repertorio. Hai già qualche idea?
«Ho deciso di fare un concerto di circa 40 brani, sempre accompagnati da immagini sullo sfondo, che seguiranno quello che farò sul palco. Voglio raccontare tutta la grande musica del mondo, quindi partirò con il rock ‘n’ roll di Little Richard, poi Elvis Presley, i Beatles, per arrivare ai grandi cantautori italiani da Gino Paoli a Tenco, la canzone di protesta, il flower power in California e naturalmente il progressive rock e i Pooh. Anche se farò solo alcune canzoni, posso dirvi già che, ad esempio, non farò "Pensiero" o "Tanta voglia di lei". Soltanto quelle più adatte alla narrazione.»

A proposito di Pooh, avverti nelle persone che ti incontrano un desiderio e una mancanza della band?
«Sicuramente gli oltre 500.000 che sono venuti a vederci nel 2016 ai concerti si sentono un po’ orfani a causa della nostra decisione. Però vedo che i fan si stanno un po’ abituando, la musica dei Pooh ci sarà sempre chiaramente, ma ora ognuno di noi è un’entità singola e racconterà quello che ha dentro.»

Cosa pensi ti riserverà questo secondo tempo della tua carriera? Ci sono ancora soddisfazioni che vorresti toglierti?
«La vita è bella proprio perché in ogni momento può fornirti una nuova possibilità, perciò mi aspetto di tutto: di scrivere la canzone più bella della mia vita, di fare un duetto chissà con chi e di suonare ovunque, anche se ho già fatto tutte queste cose. E soprattutto voglio godermi la mia bellissima famiglia e vivere con serenità.»


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